
VICCHIO DI MUGELLO.- Pur nell’immenso dolore di queste ore che trascorre assieme ai familiari e parenti, Marco, il padre di Tommaso Cavorso, accetta di parlare di suo figlio, del tragico incidente, anche perché intende precisare tre cose in merito a quanto riportato dalla stampa. Lo fa con proprietà di linguaggio, con tranquillità ma anche con estrema fermezza.
“ Ho visto le foto, nome e cognome di mio figlio, ma non altrettanto di colui che alla guida del furgone (un trentaquattrenne di Pelago n.d.r.) ha provocato l’incidente con un sorpasso incredibile, non mi pare corretto e giusto. C’è anche la linea di mezzeria continua in quel tratto di strada, tra l’altro non molto ampia. Dove voleva andare? Tommaso è stato investito sul margine estremo viaggiava quasi sul brecciolino ”. Un attimo di silenzio, un sospiro e poi Marco prosegue.
“ Voglio aggiungere che il conducente e non tutti lo hanno scritto, è stato indagato per omicidio colposo in base all’art. 589 del Codice Penale. Non c’è un segno di frenata, in quel tratto maledetto di strada, era impossibile effettuare il sorpasso ed invece lo ha fatto. Una manovra sciagurata, mentre Tommaso proveniva in senso inverso, ed ancora più grave in quanto mi risulta che il conducente era lucido di mente ”. Un’altra brevissima pausa, poi Marco affronta un altro aspetto al quale tiene particolarmente, l’indisciplina che regna sulle strade, la mancanza di educazione civica e stradale, di cultura, del rispetto delle regole. “ Ho letto cose belle e vere su Tommaso come atleta, ma voglio dire con forza che Lui era un buono, rispettoso di tutti, generoso ed educato con tutti, disciplinato, sempre pronto a salutare tutti. Non avrebbe mai potuto fare del male a chicchessia, prevaricare ed andare fuori dalle buone e sane regole. Tutto l’opposto di tante persone che si incontrano lungo le strade che vogliono dimostrare di essere più forti ed abili di tutti, che ti mandano a quel paese se viaggi tranquillo, che compiono manovre azzardate, incomprensibili come quella che è costata la vita a Tommaso. Mi preoccupa come genitore la mancanza di cultura e di educazione “. E guarda caso il ciclismo ha i suoi luoghi di allenamento proprio lungo le strade trafficate.
“ Ben vengano ci mancherebbe ciclodromi e piste, ma occorre una cultura diversa, insegnare fino da piccoli le regole del buon comportamento, all’estero e lo dico con rammarico da italiano sono ben diversi i comportamenti. Se c’e il rosso a un semaforo, se ci sono regole da rispettare lo si fa “. Tommaso aveva scelto per la propria attività due società storiche del ciclismo toscano, come giovanissimo dai 7 ai 12 anni, l’ultracentenario Club Ciclo Appenninico 1907 di Borgo San Lorenzo, per poi passare esordiente nell’Aquila di Ponte a Ema fondata 83 anni or sono.
“ Due società - dice Marco – con dirigenti seri, preparati, che fanno di tutto per mettere a proprio agio i ragazzi. Società ideali, dove Tommaso si era trovato bene con quel carattere mite, di grande bontà, ricevendo la stima e l’ammirazione di tutti al di la dei risultati. Ora non c’è più ed è dura, tremendamente dura per tutti noi “.
ANTONIO MANNORI
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