Da Il Resto del Carlino. Basso e il viaggio nel tempo

| 29/05/2010 | 10:36
Non una semplice tappa, per quanto stratosferica, degna di un Giro così: prima di tutto, è un viaggio nel tempo. Dall’Aprica all’Aprica ci sono di mezzo quattro anni: quelli che Ivan Basso impiega a tornare in rosa. In fondo, la giornata del Mortirolo nel disegno ricalca la sua recente epopea: la scalata verso la gloria, la discesa verso l’inferno, la lenta, decisa risalita. Non avrà ancora vinto questo Giro, ma ha già conquistato un premio forse più prezioso: la luminosa credibilità di questa sua seconda carriera.
Alla purificazione di se stesso, Basso giunge con la stessa filosofia che da metà Giro in qua gli ha permesso di rimontare l’autogol dell’Aquila: rosolare gli avversari con la squadra, poi sbriciolarli in prima persona. Lo schema non cambia certo nel giorno che più degli altri Ivan sceglie per la svolta definitiva: è il modo in cui la gente sogna sempre di vedere pedalare i propri eroi, è il metodo che certifica una volta per tutte chi è il più forte di tutti in Giro.
Tappa da incorniciare, come tante altre, più di altre: c’è una bella differenza fra decidere la maglia rosa sul Vesuvio a colpi di abbuono, come è accaduto un anno fa, o su montagne che al solo nominarle evocano il mito. E’ qui che Basso è bravo a indossare il vestito che tutti gli cuciono addosso prima della festa: andare a bersaglio nel giorno in cui si è attesi è una qualità dei migliori. E’ qui che Basso diventa gigantesco rispetto al compagno Nibali, splendido nell’accompagnarlo in quella che per lui è anche una fuga dal passato, e all’ottimo Scarponi, che per esser rimasto sul treno giusto riceve in premio il successo di giornata che cercava.
Terribile nel salire il Mortirolo, sguardo fiero e ghigno spietato mentre alle sue spalle da Evans in giù saltano tutti per aria, imbranato in discesa, dove per evitare rischi preferisce farsi mangiare più di un minuto dalla furia rosa Arroyo, Basso vola in cima al Giro negli ultimi chilometri, scavando inesorabilmente il distacco. E’ il completamento di una strategia perfetta, che abbina forza e intelligenza, sono anche scene che restituiscono un po’ d’orgoglio all’Italia: davanti tre dei nostri che filano d’amore e d’accordo verso il traguardo, dietro cinque stranieri che si fanno un po’ i dispetti e perdono più tempo di quello che gli sta rovesciando addosso Basso.
‘E’ stato decisivo che io e Nibali restassimo uniti, sapevo che i distacchi si sarebbero fatti nel tratto finale. Giornata fantastica, ma è già ora di pensare a domani: ci aspetta una tappa durissima e qui ogni giorno può cambiar tutto. Bello ritrovare la maglia rosa, ma quella che conta la consegnano domenica a Verona e c’è ancora molto da fare: rispetto Arroyo ed Evans, sul Gavia sarà importante avere buone gambe’, racconta Basso, che ritrova un rosa antico, lui ciclista che più di ogni altro assomiglia a quelli di una volta, tutti bici e famiglia e zero conformismi. Il campione che piace. Il campione che, dopo quattro anni, sta di nuovo dove alla gente piace.

da Il Resto del Carlino del 29 maggio
a firma di Angelo Costa
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