Da «Avvenire». Ivan Basso è tornato. In rosa

| 29/05/2010 | 09:27
Ora, adesso, possiamo dirlo: Ivan Basso è tornato. È tornato in maglia rosa, dopo quattro lunghi anni. L’avevamo lasciato in maglia rosa proprio qui, all’Aprica. Lui sorridente e felice, con la maglia rosa indosso a mostrare sul traguardo la foto del piccolo Santiago, nato da pochi giorni.
Dopo pochi giorni, però, l’inizio del tormento, con la deflagrazione di uno degli scandali doping più violenti di tutti i tempi. L’«operacion puerto», quella del famigerato ginecologo delle Canarie Eufemiano Fuentes, specializzato in emotrasfusione. Ivan ci finisce dentro. Ammette la frequentazione con il medico e paga per i propri errori.
È tornato Ivan. È tornato al proprio posto, dopo essere tornato a correre due anni fa, con modestia e rigore. Con impegno e passione. Qualche giorno fa, a Plan de Corones, il numero uno del ciclismo mondiale, il presidente dell’Uci Pat Mc Quaid, l’ha gratificato usando parole più che lusinghiere.
«Il bel Giro di Basso ed Evans sono un bellissimo spot per il nostro sport - ha commentato Mc Quaid -. I loro sono i volti di due atleti di primissimo piano che rappresentano il ciclismo puliti. E parlo con cognizione di causa».
Ivan aveva vinto il giorno prima sullo Zoncolan, ma da McQuaid è arrivata forse la vittoria più bella: quella dei valori che sono costantemente sotto gli occhi della commissione medica dell’Uci. Ieri non ha vinto, ma ha fatto qualcosa di più e di più grande. Ha corso da grande campione, con la lucidità di chi è davvero grande. Bravissimo lui, bravissimo Nibali, bravissima tutta la Liquigas che ha cominciato a lavorare quando al traguardo mancavano cento chilometri. «Ognuno aveva il proprio ruolo, il proprio compito - ha spiegato Ivan -. Ognuno ha fatto il proprio lavoro con grande impegno e grande profitto. Questa maglia rosa non è solo per me, anche se c¹è ancora molto da fare».
C’è tanto da fare, ma molto è stato fatto. Sul Mortirolo Ivan scandisce il ritmo. Dà l’impressione di non dare tutto, ma è sufficiente per tenersi al proprio fianco il compagno di squadra Nibali (voto 9) e Michele Scarponi (voto 8). Alle loro spalle il gruppo si sbriciola. Loro al comando, Evans, Vinokourov, Sastre e la maglia rosa Arroyo in evidente difficoltà. Il gioco sembra fatto, ma non è così. In cima al Mortirolo passa primo Basso, con Nibali e Scarponi alle spalle. Vinokourov è a 55”. Evans a 1’43”. La maglia rosa Arroyo a 1’55”. Lungo la discesa del Mortirolo i tre di testa scendono però quasi al rallentatore. «Forse voi vi siete preoccupati, non noi - spiegherà poi il varesino con la sua bella maglia rosa -. Io sapevo che era fondamentale risparmiare energie per arrivare all’Aprica che fare la discesa a rotta di collo. Quei trenta chilometri finali erano cruciali».
In discesa Arroyo recupera quasi tutto il distacco, arrivando a solo 38” dai tre di testa. Ma è nel tratto conclusivo che Ivan, Vincenzo e Michele vincono la loro personale sfida diretta con Vinokourov, Sastre, Evans, Gadret e la maglia rosa Arroyo. Gli italiani per una volta alleati
guadagnano a vista d’occhio, dietro i resti del mondo arrancano. Arroyo perde la calma, Basso è l’immagine della sicurezza e della bellezza.
La tappa la vincerà Michele Scarponi, alleato leale e interessato che con questa azione risale in quarta posizione e ambisce concretamente al podio di Verona. Ivan arriva secondo e incamera anche i 12” di abbuono che si vanno ad aggiungere ai 3’05” inflitti ad Arroyo e compagnia. Nibali terzo di tappa è anche terzo nella generale a 2’30” dal suo capitano.
È festa in casa Liquigas. È festa al Giro d’Italia. «Sono felice perché sento il calore dell’Italia, degli sportivi d’Italia. Però, calma, abbiamo fatto molto, ma non ancora tutto - dice Ivan -. C’è ancora il Gavia e una tappa terribile con quasi 5 mila metri di dislivello. Non è una frase fatta, ma il Giro si conclude a Verona».
Ivan è tornato dopo quattro anni al suo posto, lassù in cima ad una classifica mondiale. Ivan pedala leggero, con quel suo ghigno che nasconde la fatica ma che non è ancora un sorriso. Sa che la strada è ancora lunga: è un Giro in salita, anche se a preoccuparlo c’è una discesa. Fortunatamente però sa che dopo la discesa c’è una salita. Oggi si arriva su al Tonale. Lì, dopo l’Aprica, il suo sorriso può essere più ampio e vero. I suoi ultimi quattro anni sono stati un lento risalire. Un costante inseguire. Un po’ come in questo Giro, dopo la scellerata tappa di L’Aquila. È lì in maglia rosa, ma non è ancora arrivato. Sa che c’è ancora da fare un pezzettino. Sa soprattutto che dopo la discesa del Gavia c’è l’arrivo sul Tonale. A Ivan non hanno mai regalato nulla. Per lui la vita è tutta una salita. Da domare. Ancora una volta. Anche oggi.

da Avvenire del 29 maggio
a firma di Pier Augusto Stagi
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