Il Carlino. Il campione del mondo vs il campione ritrovato

| 26/05/2010 | 08:58
Meglio Evans di Basso: dalla più spettacolare terrazza sotto il cielo, il Giro spedisce un verdetto previsto. Nell’arrampicata sullo sterrato, soli col cronometro e con se stessi, Ivan si vede rosicchiare dall’australiano mezzo minuto scarso: alla sottile abilità dei tecnici stabilire se sia molto o poco. Più facile stabilire un paio di cose, utili per i prossimi giorni.
La prima: Evans non si sta certo sgonfiando come molti sapientoni hanno sentenziato in fretta dopo lo Zoncolan. La seconda: la corsa alla maglia rosa di qui alla fine sarà un gran bel duello. Fra questi due.
È un’altra giornata ad altissima concentrazione di popolo: per vedere lo spettacolo del ciclismo sfidano l’alta quota in tantissimi. Usano ogni mezzo, non solo la funivia: chi non ce la fa pedalando, fatica a piedi.
Esibiscono ogni tipo di faccia: i più sono italiani, ma non sono pochi quelli che agitano altre bandiere, più di tutte quella dell’Australia. Sono anonimi ma anche noti: tra la folla si confondono sciatori (i due Moelgg e le sorelle Fanchini), piloti di Formula 1 (Alonso) e di moto, calciatori (la Nazionale slovena, Bierhoff) e anche allenatori (Malesani, Guidolin che naturalmente fa la scalata in bici). Lo scenario ideale per accogliere anche chi governa questo sport tutt’altro che in crisi di passione: al traguardo sale anche il presidente dell’Uci McQuaid, felice perché «Evans e Basso sono due campioni al cento per cento puliti e stanno trasmettendo una grande immagine di questo sport».
Meglio Evans di Basso, stavolta, ma non abbastanza per conquistare anche la tappa: la prende un altro vecchio drago come Stefano Garzelli, che a 36 anni scala la pista di terra col turbo ai piedi, giocando il bonus del giorno di riposo «che a me ha sempre fatto bene». Deve accontentarsi del secondo posto il canguro iridato («Volevo recuperar terreno, sentivo di aver le gambe e ci ho dato dentro»), si accontenta anche il buon Ivan, sapendo che uno sforzo così breve e intenso dopo la sosta avrebbe fatto a pugni col suo motore. «Mi aspettavo di pagar dazio con Evans, ma ho anche guadagnato sugli altri: rispetto tutti gli avversari, il Giro è ancora aperto».
Aperto o no che sia davvero, con una maglia rosa che il precario Arroyo tiene stretta con i denti, il Giro continua a temere Sastre, che dei grandi nomi sembra il più spento: non fosse per il blitz dell’Aquila e i tredici minuti che gli sono stati regalati, lo spagnolo fin qui sarebbe stato regolare soltanto nell’incassare sberloni. Diranno il Mortirolo venerdì e sabato il Gavia, sul quale il meteo annuncia aria di tregenda, se la gloria che si porta addosso è vera o no. Come lo dirà per Basso e Evans, scegliendo fra il campione ritrovato e il campione del mondo: in ogni caso, il miglior vincitore che un Giro così possa avere.

da Il Resto del Carlino del 26 maggio
a firma di Angelo Costa
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