Avvenire. Belletti: il mio Giro l'ho già vinto

| 22/05/2010 | 09:22
Nel nome del padre, di una madre e di quanti ce l’hanno ancora nel cuore. Vince Manuel Belletti, 24 anni, romagnolo di Sant’Angelo, cinque chilometri da Cesenatico, il porto ideato dal genio di Leonardo e vissuto troppo poco da un ragazzo che ha saputo conquistare il mondo del ciclismo in sella alla sua bicicletta: Marco Pantani.
«Io ho cominciato a correre per Marco ­ racconta Manuel con la voce strozzata dalla commozione -. Ho iniziato piccino, con una bicicletta Vicini come Marco, nella Fausto Coppi di Cesenatico come Marco. Per me lui è stato tutto: forza e talento. Coraggio e fantasia. Nessuno ha saputo dare emozioni come lui».
Nel nome di Marco, campione dai mille contrasti, dalle troppe contraddizioni. «Per me è stato un campione e basta. Il doping? So poco, però mi hanno detto che non fu mai trovato positivo: solo un valore fuori norma, a Madonna di Campiglio», ripete con un filo di voce, lui che si lamenta per un male ai legamenti di entrambe le ginocchia.
«È dall’Olanda che soffro come un cane ­ spiega Manuel, che fino ad oggi è caduto quattro volte -, ma io sognavo da questo inverno di correre il Giro e poi di vincere questa tappa. Quando sono partito da Porto Recanati, non avrei mai pensato di poter arrivare qui per primo: però sapevo in cuor mio che avrei fatto di tutto pur di arrivarci».
È tosto Manuel, con quel suo volto da bravo ragazzo, gli occhi che non finiscono di versar lacrime e un fisico minuto tutto fasce muscolari. «Non so se riuscirò ad arrivare a Verona. Il difficile inizia adesso, ma io farò di tutto per onorare questa corsa».
Vince per Bruno e Roberto Riverberi, i «capi», come li chiama lui, della giovane Colnago-Csf. Vince per Domenico Pozzovivo, che con i suoi 27 anni è il vecchio della squadra: ieri, dopo 30 chilometri, si  è arreso ai postumi delle cadute ed è stato costretto al ritiro. Vince per Sara, la sua fidanzata. «È una vittoria che dedico a tutti, perché tutti se la meritano. Vinco per la gente di Romagna, che mi ha incoraggiato come non avrei mai immaginato. Vinco per Ernesto Colnago, che in un ciclismo esterofilo h voluto una squadra tutta made in italy, interamente composta di giovani. L’età media del nostro team è di 23 anni: noi siamo il futuro».
E il futuro del Giro è una montagna. Oggi il Monte Grappa, prima di Asolo.
Poi lo Zoncolan, domani. Da martedì, con la cronoscalata di Plan de Corones, il gran finale, tutto all’insù. «Non so se io ci sarò ancora, perché non sono Pantani. Io sono felice di aver onorato il mio Giro e di aver onorato la memoria di Marco. Io il mio Giro l’ho già vinto: non posso pretendere di più».

da Avvenire del 22 maggio
a firma di Pier Augusto Stagi
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