Da «La Repubblica». Pineau batte anche la depressione
| 14/05/2010 | 15:11 A lui, al Campionissimo per eccellenza, il successo della fuga sarebbe piaciuto. Fausto Coppi, che il Giro omaggia arrivando nelle sue terre 50 anni dopo la tragica scomparsa, era l'asso delle fughe per definizione. E c'è un gusto particolare quando vanno in porto, quando le lepri ingannano i cacciatori. Forse per questo il classico bicchiere mezzo vuoto: gli sprinter beffati sul traguardo di Novi, pensato per loro, può sembrare mezzo pieno. Tanto più che il terzetto che si è presentato sotto lo striscione a due passi dal museo del ciclismo era composto da atleti di assoluta seconda schiera: il giapponese Arashiro e due francesi, Fouchard e Pineau. Ha vinto quest'ultimo, forse quello con la maggiore paura di perdere il contratto in scadenza. Minaccia incombente per gli uomini Quick Step, strapazzati dal manager Lefevere nei giorni scorsi. Pineau, 30enne di Mont Saint Aignan, prof dal 2002 (8 vittorie) ha il classico naso lungo come una salita e una storia di leader (capitano della Francia a Verona nel 2004) frustato dagli anni del doping selvaggio. Parla dell'uscita dal tunnel nero della depressione incombente («Non siamo robot»), della vittoria più bella della carriera dopo 5 anni di digiuno, dello striscione inneggiante a Coppi a Castellania: «Un segno che ce l'avrei fatta». Ci vogliono le gambe per gettarsi all'attacco a soli 18 chilometri dal via e tenere per 144. Ma anche testa. Come è possibile che tre atleti, sia pur di buona caratura, resistano al ritorno di un plotone lanciato a 60 all'ora? La risposta è nella furba strategia di queste fughe: guadagnare tanto nei primi chilometri, quando il gruppo si disinteressa (il vantaggio massimo dei 4, poi diventati 3 quando il tedesco Voss ha mollato, 5'40"), spendere con parsimonia il vantaggio risparmiando energie per dare tutto nel finale. Compitino eseguito alla perfezione. La beffa è stata soprattutto per la Lampre di Petacchi, che ha tirato a lungo, sfiancandosi senza esito: «Abbiamo fatto il possibile - dice lo spezzino - ma non c'è stata molta collaborazione da parte delle altre squadre». «Abbiamo collaborato - ribatte Valerio Piva, ds dell'HTC di Greipel, uno dei favoriti alla vigilia, - non abbiamo demeritato noi, sono andati forte gli uomini in fuga». Il solito ping-pong di polemiche. Il finale è stato comunque entusiasmante, giocato sul filo di soli 4" di vantaggio. Per Nibali, protetto gelosamente dalla squadra, secondo giorno in rosa: «La terrò più a lungo possibile. Fino alla fine? Non lo so ma non mi illudo, vivo alla giornata».
da La Repubblica del 14 maggio a firma di Eugenio Capodacqua
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