| 08/02/2010 | 10:00 Se n'é andato un amico, uno di quei volti che cercavamo nella carovana per essere un po’ più tranquilli. Perché lui, il Ballero, ci avrebbe spiegato ciò che pareva indecifrabile, andando come sempre al di là di quello che gli episodi potevano suggerire. Da ieri mattina Franco Ballerini non c’è più, lui che ha rischiato per anni di fracassarsi la testa pedalando senza casco sulle pietre aguzze della sua Roubaix se n’è andato a bordo di una vettura da rally, sbattendo contro un muro. Un attimo, una vita.
FRATELLO «Per il Ballero farò sino in fondo il mio dovere»: era quello l’editto dei “suoi” corridori azzurri, che una volta all’anno vestivano la maglia della Nazionale per dimostrare al mondo che noi italiani siamo ancora i più leali, i più affiatati, pur vivendo in un Paese dilaniato e incancrenito da mille problemi sociali. L’Italia di Ballerini era una testuggine quasi invincibile, perché il ct dal volto umano aveva assimilato meglio di chiunque altro il “verbo” unico e immortale del grande saggio dello sport di casa nostra, Alfredo Martini, un vero padre putativo. E i corridori convocati erano pronti a sacrificarsi per il Ballero prima ancora che per una medaglia d’oro. Perché lui non poteva essere tradito. Anche i non selezionati finivano poi per cercarlo, per capire il motivo di quelle inattese e brucianti esclusioni, ben sapendo che Franco non conosceva la parola disonestà.
CORRIDORE In bicicletta dovette fare i conti con un avversario implacabile, l’allergia da polline, che gli impedì di svettare quando la natura impazza nel fare l’amore, proprio durante il Giro d’Italia. E allora il Ballero si sbizzarrì in altre stagioni. Nel 1990 diventò il “Principe d’Autunno”, perché nel breve termine di un paio di settimane vinse anzi dominò il Giro del Piemonte, la Parigi-Bruxelles e il Gran Premio delle Americhe in Canada, allora compreso nel circuito di Coppa del Mondo e dunque frequentato dall’élite del ciclismo internazionale. Ma in cuor suo aveva in mente di imitare Francesco Moser, il nostro ultimo Monsieur Roubaix, perché il pavé e il fango e la polvere facevano parte del suo modo di concepire il ciclismo.
PAVE’ «Se vuoi vincere questa corsa - disse al singhiozzante Dario Pieri nel dopocorsa del 2003, con il toscano beffato da Peter Van Petegem dopo una fuga solitaria - devi imparare a perderla». Ecco, era questa la grandezza di Franco Ballerini, la sua incredibile capacità di crescere nelle delusioni, nel dolore, nei momenti difficili. Perché lui sul pavé era stato sbeffeggiato in modo ignobile da Gilbert Duclos Lassalle, francese in una classica francesissima, nel finale della Roubaix del 1993, quando Franco che stava dominando s’impietosì dell’appello dell’allora trentanovenne transalpino, che così si rivolse al Ballero a 12 chilometri dal velodromo: «Francò, tienimi con te, sono all’ultima Roubaix, non staccarmi nel finale, mi basta arrivare al tuo fianco in pista, sei tu il più forte, non chiedo altro che un onorevole secondo posto». Franco gli rispose di restare a ruota, fiero di quell’ammissione di resa. Ma in pista il fedifrago Duclos Lassalle si liberò lo pugnalò alle spalle, vincendo di pochi centimetri dopo aver ritardato lo sprint sino alla fine, affinché quello sprovveduto italiano non si rendesse conto di quanto fosse atroce la congiura. Franco imparò quella lezione e nel ‘95 e ‘98 visse in modo perentorio, arrivando tutto solo. E nel 2001, quando si classificò al 32° posto nell’ultima sua fatica agonistica, i francesi gli tributarono un applauso infinito, con il nostro che scoprì un sottomaglia con la scritta “Merci Roubaix”.
CT Da quello stesso 2001 Franco salì sull’ammiraglia azzurra, spinto e ispirato da Martini. E rivelò tutte le qualità umane che come corridore aveva lasciato intuire. Fu l’uomo a fare la differenza, anche stavolta imparando a vincere dopo aver capito che cosa volesse significare perdere (al Mondiale di Lisbona 2001 qualcuno lo tradì, perché non aveva ancora compreso con che razza di straordinario uomo avesse a che fare...). Quattro maglie iridate con Cipollini 2002 (quell’Italia venne additata da tutto il mondo come la squadra più coesa nella storia del ciclismo), Bettini 2006, Bettini 2007 e Ballan 2008. Un oro olimpico con Bettini 2004 e ci sarebbe anche l’argento di Rebellin 2008, senza il mistero del doping. Sempre con classe, Franco Ballerini, nei tanti trionfi come nelle poche sconfitte.
SEGRETO Come quella del Mondiale 2005 a Madrid, quando Franco incassò i “je accuse” di tanta stampa (”Ballerini giù dall’ammiraglia!”, tuonarono molti giornali) con invidiabile filosofia: «Io so perché abbiamo perso - ci disse tristtissimo - e potrei sbandierarlo ai media ma così facendo esporrei un mio corridore a una brutta figura. Preferisco assumermi la responsabilità della sconfitta e se vogliono sostituirmi accetterò la decisione federale». Non scrivemmo nulla, se non che a nostro avviso quell’uomo meritava la piena conferma. Il presidente Renato Di Rocco si confermò uomo di spessore e tenne al suo posto il suo paladino, che lo ricompensò a suon di trionfi.
VUOTO Per tutto ciò, abbiamo perso un amico, un fratello che sorrideva perché conosceva dolore e sofferenza, anche negli affetti veri. Alla moglie Sabrina e ai figli Gianmarco e Matteo che hanno autorizzato l’espianto degli organi giungano le nostre condoglianze. Addio, uomo straordinario. Che tu possa trovare anche lassù il tuo amato pavé.
da «Tuttosport» dell'8 febbraio a firma Paolo Viberti
DA BOTTERO A CASTAGNETTI, CHE PERDITE!
Il miracolo dello sport italiano, eternamente competitivo a dispetto di una situazione economica e sociale tutt’altro che rosea, è da attribuire soprattutto a loro, ai nostri tecnici. In questo ha ragione Petrucci: noi abbiamo gli allenatori più bravi del mondo. Non per niente ne esportiamo tanti e in questo il basket che tanto pena come risultati di squadra è un esempio lampante soprattutto con Ettore Messina e Sergio Scariolo. Negli ultimi anni, però, alcuni dei nostri maestri allenatori sono stati stroncati dal destino: il due gennaio del 2006 se n’è andato Severino Bottero, uno dei migliori istruttori dello sci alpino, disciplina slalom gigante. E gigante lui stesso, uomo di invidiabile spessore. Morì a 47 anni in un incidente stradale fra Sallanches e Cluses, poco prima dell’alba. Per ironia della sorte, nella stessa identica data del 2 gennaio - che si portò via anche Fausto Coppi... - ma dell’anno scorso è morto a 52 anni Carlo Carnevali, maestro della spada azzurra che aveva forgiato tra gli altri un campione assoluto come Matteo Tagliariol. Il 12 ottobre scorso, poi, toccò al nostro genio del nuoto, il veronese Alberto Castagnetti, deceduto a 66 anni per le conseguenze di una delicata operazione cardiaca dopo aver creato un’intera squadra a livelli mondiali. Adesso è toccato a Franco Ballerini, un altro straordinario esempio di appassionato dello sport e di fine psicologo nei rapporti con i suoi atleti. Resta lo sgomento nel vedere il destino impietoso accanirsi proprio contro coloro che hanno aperto una strada, indicato la via, autentici punti di riferimento per chi voglia fare bene. Siamo sicuri che anche il Ballero, come gli altri, abbia lasciato la chiave dello scrigno. Come sanno fare solo i grandi uomini, che non conoscono l’invidia. P.VIB.
FORZA, BETTINI. TOCCA A TE! LUI TI GUIDERA'
«Tutti noi abbiamo perso un grande amico, anzi un fratello. Sono senza parole, penso con immensa tristezza al dolore e al senso di vuoto che proveranno tutte le persone che come me gli hanno voluto tanto bene. Non riesco a capacitarmi, non posso neppure criticarlo per i rischi che correva nel prendere parte ai rally, perchè le corse in auto erano la sua passione. Come la mia, d’altronde. E poi, il Ballero ha rischiato la vita mille volte pedalando in corsa. Correva la Roubaix senza casco, si buttava in discesa sulle strade delle Dolomiti e non ha mai avuto problemi. Il destino lo ha preso ora in un momento di divertimento. È stato lui ad avvicinarmi al mondo dei rally. Se c’era una cosa a cui Franco teneva era la sicurezza. Mai un azzardo. E’ atroce che se ne sia andato così»: Paolo Bettini è stato uno dei primi ad accorrere all’ospedale di Pistoia, dove ieri mattina il povero Franco Ballerini è stato trasportato d’urgenza dopo l’incidente nel corso del rally. Il Grillo e il Ballero erano legatissimi: nelle Nazionali di Franco il due volte campione del mondo ha sempre ricoperto un ruolo di assoluto primattore. Questione di stima reciproca, di affinità tattiche, di identico modo di preparare l’appuntamento e di correrlo. E’ cinico e stupido parlare oggi di quello che accadrà sull’ammiraglia azzurra a partire dal Mondiale di Melbourne, nel prossimo settembre. Ma personalmente chiediamo al presidente federale Renato Di Rocco che Paolino Bettini venga promosso sull’ammiraglia. Perché rappresenta l’ideale traint d’union da Martini a Franco per arrivare sino a lui, al Grillo che conosce come si corra da gregario (lo ha fatto per anni, inesauribile il suo disperato tentativo di riportare Bartoli sul gruppetto Ullrich ai Giochi di Sydney 2000) ma anche da capitano. E poi proprio Bettini come Ballerini sa reagire alla tragedia del dolore, come seppe fare in un memorabile Giro di Lombardia del 2006, vinto con le lacrime agli occhi pochi giorni dopo aver perso il fratello maggiore Sauro, anch’egli perito in un incidente stradale. Vài, ct Grillo: il Ballero ti darà i giusti consigli da lassù. P.VIB.
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