
Il primo italiano a vincere in Ruanda. Era il 2019. “Tour of Rwanda. La prima tappa, da Kigali a Kigali, la capitale, 111 km. Si partiva presto, si finiva presto, gli alberghi vicini ed eleganti, il percorso stupendo, le strade larghe e asfaltate in ottimo stato a parte qualche brevissimo collegamento ancora sterrato, il clima perfetto, né caldo né freddo, il giusto. La corsa tirata, anche quella il giusto. Tre-quattro volte il circuito finale con uno strappo ripido. Selezione, i compagni di squadra mi aiutarono, rimasi davanti. Dopo uno strappo, 300 metri di pianura prima dell’arrivo, partii ai 200. Non pensavo di aver vinto ma di essere arrivato secondo, credevo che davanti a noi ci fosse ancora un corridore. Poi vidi un mio dirigente alzare il pollice e capii. Tappe e maglia. Maglia gialla, perdipiù”.
In quel Tour of Rwanda, Alessandro Fedeli correva da fuoriclasse: “Conquistai anche un secondo, un terzo e un ottavo posto, e sempre a Kigali, come se fra me e la capitale del Ruanda ci fosse un segno del destino, un legame con la sorte. Secondo nella penultima tappa che arrivava a Kigali, terzo nell’ultima, che si disputava a Kigali sul circuito dei Mondiali del 2025”. Veronese di Negrar, maglia azzurra della francese Delko Marseille Provence, proprio in quella corsa a tappe Fedeli avrebbe compiuto 23 anni: “Ero incuriosito, viaggiavo volentieri, accettai al volo la proposta di esordire nella stagione laggiù, mi adeguai alle regole, 10 giorni a riso in bianco, tonno in scatola e banane, e soltanto bibite con il tappo. Trovai nazionali africane, squadre francesi, la Astana. Un livello di corsa europea. Fu lì che si scoprì il talento di Girmay. Poi la gente, tantissima, molta di più che nelle tappe del Giro e anche del Tour, un entusiasmo genuino. Si dice che l’Africa lasci il mal d’Africa, una sorta di amore misto a nostalgia. E allora anch’io me ne innamorai. E pensare che non ci sono più tornato. Ma ci tornerò, promesso, anche se da cicloturista”.
Perché Fedeli, che adesso ha 29 anni, è già un ex: “Nessuna polemica, ma un po’ di rammarico. Il mio ciclismo è stato velocissimo: dalla vittoria al Gran premio della Liberazione alla vittoria nel Tour of Rwanda all’altra in Croazia nella Cro Race e all’altra ancora in Francia nel Tour du Limousin, tutto è volato via”. Ma nel ciclismo Fedeli è rimasto: “Con la FPLab, il primo studio a Verona, il secondo a San Marino, con Dimitri e Alexander Konyshev, abbiamo cominciato con il ‘bikefitting’, il posizionamento sulla bici, ci siamo allargati ai massaggi, alla preparazione atletica, alla distribuzione degli integratori…. Stiamo investendo su noi stessi. E gli appassionati ci seguono, si affezionano”. E questi Mondiali in Ruanda? “Alla tv”.
Se sei giá nostro utente esegui il login altrimenti registrati.