
Nei giorni scorsi, Radio Corsa alla Vuelta di Spagna è stata hackerata e nelle ammiraglie per 10 minuti è stata trasmessa una canzone che ripeteva la frase: ”Viva la Palestina, Palestina libera". Direttori sportivi, meccanici e massaggiatori, sono al seguito della corsa, costretti a vedere quello che nessuno si sarebbe mai aspettato, ovvero assalti di manifestanti, che per difendere i diritti della Palestina, invadono le strade della Vuelta, chiedendo il ritiro della squadra Israel-Premier Tech.
In gruppo c’è silenzio e sono pochi i corridori che decidono di parlare: i ciclisti si limitano a dire qualche battuta su quello che sta accadendo, del tipo “Non posso parlare”, “Non voglio parlare”, “Abbiamo la nostra opinione, ma la squadra ci ha detto di non parlare”.
I corridori della Israel-Premier Tech parlano meno degli altri e forse alcuni di loro vorrebbero essere già a casa in questo momento, così come aveva detto Marco Frigo dopo l’invasione della strada da parte dei manifestanti mentre la sua squadra stava correndo la cronometro di Figueres.
Uno dei pochissimi a commentare è Joxean Matxin, il manager degli Emirati Arabi Uniti. «È ovvio che la situazione è terribile, e le proteste sono comprensibili – ha detto Matxin - Ma non credo che buttare a terra un corridore migliori o peggiori la situazione di chi soffre».
Sono in pochi a parlare dei problemi che gli attivisti causano in gara e non vogliono farlo per non aumentare gli episodi di invasione della gara. Ci sono appassionati che non condividono il silenzio dei corridori e il non prendere posizione non piace ad una parte del pubblico. Ci sono stati tifosi che hanno fatto notare che i corridori quando vogliono si lamentano e sono anche capaci di non correre, come quando una rotonda è mal segnalata o ci sono pericoli in corsa.
Tra i pochi a parlare, c’è Jonas Vingegaard, che comunque cerca di non intervenire troppo, ma che non può sottrarsi a certe domande quando viene intervistano. Al canale televisivo danese TV2, il leader di Visma-Lease a Bike si è mostrato solidale con chi ha espresso la propria opinione. «Le persone lo fanno per un motivo. È terribile quello che sta succedendo. Penso che chi protesta forse vuole solo esprimersi, e forse i media daranno loro voce. Forse è per questo che lo fanno - ha detto dopo che un manifestante aveva causato la caduta di Javier Romo - Certo, è un peccato che questo stia accadendo alla corsa. Penso che molti di noi ciclisti la pensino così, ma ripeto, credo che i manifestanti abbiano solo un disperato bisogno di essere ascoltati».
Le squadre tra di loro hanno un tacito accordo e la politica e la guerra non devono entrare nello sport. Per questo quasi nessuno vuole commentare i fatti che ogni giorno vedono manifestanti invadere la Vuelta. Domenica, la corsa a tappe spagnola dovrebbe finire a Madrid, ma nessuno ad oggi è in grado di dire se questo veramente accadrà o se, come già ipotizzato, la corsa si concluderà il sabato.