
C’è confusione attorno alla Vuelta di Spagna: i manifestanti pro Palestina stanno mettendo in crisi gli organizzatori della corsa. Ieri sera a creare scompiglio è stato un articolo apparso sul quotidiano francese L’Equipe, dove si ipotizzava una possibile chiusura anticipata della corsa, evitando di arrivare domenica a Madrid.
L’articolo, come vedremo più avanti, è stato poi modificato e Madrid, al momento, rimane la città che ospiterà domenica l’ultima tappa della corsa. Tutto questo accade perché tra le squadre partecipanti c’è la Israel-Premier Tech, che è il bersaglio principale dei manifestanti, anche se la squadra - che nel frattempo ha rimosso il nome dalle maglie, come già aveva fatto da tempo sui mezzi - ha sempre tenuto a sottolineare che nel team ci sono corridori che vengono da Stati Uniti, Canada, Gran Bretagna, Repubblica Ceca e Italia.
Aso, proprietaria della società che organizza La Vuelta, e l’Unione Ciclistica Internazionale (UCI) non hanno mai appoggiato o giustificato i comportamenti dei manifestanti, precisando che saranno sempre dalla parte dei corridori, la cui sicurezza deve sempre venire al primo posto e che in alcun modo possono chiedere alla Israel-Premier Tech di abbandonare la corsa.
Dopo gli incidenti della cronometro a squadre di Figueres e la neutralizzazione della tappa di Bilbao, dove i manifestanti pro Palestina hanno invaso la strada mettendo in pericolo i corridori, il ministro degli esteri spagnolo Albares si era detto favorevole all’espulsione della Israel-Premier Tech dalla corsa, ma ancora una volta sia gli organizzatori della corsa che l’Uci hanno ribadito che nessuno può mandare via una squadra da una corsa, se questa non ha subito una condanna.
Tornando a quanto scritto da L’Equipe, alle ore 20:13 si leggeva: “Di nuovo disturbata da manifestanti pro-palestinesi, con riferimento particolare per la caduta di Javier Romo, la corsa spagnola potrebbe non arrivare fino a Madrid e concludersi già sabato sera, per evitare disordini ancora più gravi”.
Romo è finito a terra a causa di un manifestante che, sventolando la bandiera, è caduto ed è finito sul percorso di gara mentre passava il gruppo di corridori e lo spagnolo ha avuto la peggio.
Più avanti nell’articolo si legge: “Gli organizzatori vorrebbero che i compagni di squadra di Matthew Riccitello abbandonino la corsa spontaneamente. Non è la prima volta che il conflitto israelo-palestinese condiziona la prova iberica (tappa di Bilbao neutralizzata a tre chilometri dall’arrivo e dichiarata senza vincitore; la formazione Israel Premier Tech ostacolata nella sua azione durante la cronometro a squadre). Da una settimana, le partenze e gli arrivi sono teatro di manifestazioni che vogliono denunciare la guerra condotta da Israele in Palestina e chiedere il ritiro della squadra finanziata da Sylvan Adams. Cosa che quest’ultima rifiuta, mentre i suoi dirigenti hanno eliminato il nome che faceva riferimento al paese ebraico”.
Alle 21:43 l’articolo è stato poi corretto, togliendo la parte in cui si parlava di un finale anticipato al sabato della corsa, specificando che gli organizzatori confermano l’arrivo a Madrid e per tanto si legge: “Con l'ultima tappa, domenica prossima, che ha relativamente poca rilevanza sportiva, le squadre si chiedono se la corsa arriverà fino a Madrid dove i manifestanti filo-palestinesi potrebbero presentarsi in gran numero. La direzione della corsa ha assicurato che la Vuelta si concluderà davvero nella capitale spagnola”.
Chiaramente la Vuelta è stata scelta dai manifestanti per la diffusione in diretta mondiale delle immagini ma anche perché si svolge su strade aperte e impossibili da presidiare interamente: lo prova il fatto che non si registrano clamorosi atti di protesta in occasione di grandi eventi calcistici o tennistici o di altri sport “da stadio”, non è difficile capire che un impianto chiuso è più facilmente controllabile da parte delle forze dell’ordine. Così come è evidente che in Spagna la questione palestinese è particolarmente sentita tanto è vero che il governo ha riconosciuto lo stato di Palestina già nel 2024.
Da più parti si è invocato, come detto, un intervento dell’UCI ai danni del team israeliano come avvenne nel caso della Gazprom Rusvelo: chi lo chiede, però, dimentica un particolare decisivo. A decidere l’esclusione di squadre e atleti russi e bielorussi da ogni competizione dopo l’invasione dell’Ucraina (i singoli atleti hanno poi nel tempo ripreso a gareggiare come “atleti individuali neutrali”) è stato il Cio, ovvero il massimo governo dello sport mondiale.
Qualora l’Uci prendesse una decisione contro la Israel si porrebbe inevitabilmente fuori dal Cio. È chiaro quindi - senza entrare assolutamente nel merito della vicenda - che la domanda va indirizzata non alla federazione guidata da Lappartient ma ai piani più alti del governo sportivo mondiale e dovrebbe riguardare tutti gli sport e non solo il ciclismo.
Ma le possibilità che arrivi una simile decisione sono pressoché nulle: per il conflitto russo-ucraino l’esclusione arrivò immediatamente, in questo caso ci avviciniamo ai due anni di conflitto e di mezzo c’è stata anche un’edizione dei Giochi Olimpici alla quale hanno preso parte sia Israele che Palestina.
Quanto alla Vuelta, c’è ancora un’intera settimana di corsa sulle strade spagnole e quello che auspicano organizzatori, corridori e pubblico è che la corsa possa continuare senza ulteriori incidenti. Ma la situazione, come dicevamo, resta estremamente confusa e preoccupante.
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