
Settant’anni fa – era il 1955 - il suo primo Giro d’Italia. Come una favola. Un allenamento in Brianza con Fiorenzo Magni, Magni che si lamenta per un dolore alla gamba, lui che ne osserva la pedalata, la pedalata che non è rotonda ma “a stantuffo”, lui che invita Magni a recarsi nella sua bottega a Cambiago in via Garibaldi al numero 10 davanti a un’osteria, Magni che davanti alla bottega quasi s’indigna, “un bugigattolo” la definisce, poi però cede, lui che sistema la pedivella mentre Magni “seduto davanti al camino aspetta la diagnosi”, il dolore che d’incanto svanisce, l’ordine (Magni stabiliva, ordinava, comandava) a presentarsi immediatamente al Vigorelli dal mago meccanico Faliero Masi, Masi che gli scarica 44 ruote, “toh, arrangiati”, lui che dalle 10 di mattina alle 7 di pomeriggio le monta e le centra, lui autorizzato a salire sull’ammiraglia della Nivea come aiutante di Masi, “il suo secondo, ma rimasto per poco”, “vitto e alloggio”.
Ernesto Colnago – l’ingegnere Ernesto Colnago, il novantatreenne Ernesto Colnago laureato ad honorem in Ingegneria meccanica al Politecnico di Milano – che racconta la sua storia, che è anche la nostra, perché una storia italiana, una storia ciclistica, una storia che appartiene a tutti. Lo fa attraverso sfumature, ricami, divagazioni, variazioni sul tema, come un pianista jazz davanti a uno standard. La bicicletta consegnata a Gianni Motta, “usata ma giusta” e “14mila lire me le deve ancora dare, ma ormai fa niente”. La bicicletta preparata per Eddy Merckx, quella per il record dell’ora, “bucata nel manubrio, nella corona, nella catena”, “pesava 5 chili e 750 grammi”, “quelli della Regina – quelli della catena – mi dissero se spacchi la catena ti denunciamo”, e la catena non si spaccò. La bicicletta con Enzo Ferrari, “mi ammonì, a 54 anni – tuonò – io mi rivolsi al Monte dei pegni per pagare i debiti della Ferrari”. Le biciclette con le forcelle anteriori diritte “partenza-arrivo”, “mi rideranno dietro tutti, dissi, no, disse, ti copieranno tutti”. Le biciclette per la Parigi-Roubaix, Giorgio Squinzi che mi telefonò, “e se si spaccano?, mi domandò, non si spaccheranno, garantii, poi mi misi a pregare”. Le biciclette ma anche i corridori, “devo dialogare con i corridori”, “chiedevo, ascoltavo, assorbivo tutto”, “ero una spugna”.
Colnago mitico nei gesti quando, sfregando pollice e indice, accompagna “guarda che qui bisogna spendere”. Colnago stentoreo nelle parole quando si confessa “nato per fare qualità, non quantità”. Colnago quasi comico quando ricorda il russo Viktor Kapitonov, olimpionico a Roma, gli implorò di dare biciclette ai corridori dell’est, Colnago azzardò “dieci-dodici?”, Kapitonov sospirò “una quarantina” ed elencò “Urss, Ddr, Polonia…”. Colnago jazzistico quando, come saltellando sulla tastiera di un pianoforte, suona “per qui, per là, per tutto”. Colnago commosso e commovente quando, infine, ricorda la sua Vincenzina, “insieme per 70 anni”.
Colnago ideatore nel marketing, inventore dello smart working, pioniere da startupper, protagonista di Giravolta.
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