STORIE DELLA ROUBAIX. L'EMIGRANTE PINO CERAMI E QUELLA VITTORIA DEL 1960

NEWS | 17/04/2022 | 10:47
di Francesca Monzone

Nell’albo d’oro della Parigi-Roubaix ogni vincitore è importante, perché chi vince questa corsa in qualche modo diventa eterno e il suo nome viene scritto in un libro di pagine infinite, in cui ogni corridore racconta la sua storia, fatta di sudore, fatica e gloria. Fino ad oggi sono 118 i nomi riportati in questo elenco, partendo dal primo, Josef Fiscer nel 1896, fino a Sonny Colbrelli, straordinario campione nel 2021. L’Italia ha conquistato l’Inferno del Nord in 14 edizioni, partendo da Maurice Garin nel 1897, che vinse anche l’anno successivo. Nel 1937 Jules Rossi  salì sul gradino più alto del podio e poi fu la volta di Serse Coppi nel 1949 e suo Fratello Fausto nel 1950, mentre nel 1951 il successo andò ad Antonio Bevilacqua. Felice Gimondi trionfò nel 1966 e poi ci fu la tripletta di Francesco Moser tra il 1978 e il 1980. Negli anni Novanta i successi furono tre, con  Franco Ballerini nel 1995 e 1988 e Andrea Tafi 1999  e poi arriviamo all’ultima vittoria, quella di Sonny Colbrelli nell’edizione autunnale della corsa nel 2021.


Ma scorrendo l’elenco dei vincitori, si arriva al 1960, con quel nome italiano e la bandiera del Belgio che nascondono una storia fatta di povertà e riscatto, quella di Pino Cerami, il siciliano che correndo in bici divenne belga. Nato a Misterbianco in Sicilia, si trasferì con la sua famiglia in Belgio e lì conobbe la bici, che poi divenne il mezzo per spazzare via la fame della sua famiglia. Le vittorie di Cerami sono arrivate tardi nella sua vita e non solo perché il suo corpo, aveva bisogno di maturare, ma perché c’era la povertà e gli mancavano i mezzi per correre come gli altri.


La famiglia che Cerami doveva mantenere era composta da cinque persone: lui, sua madre, due fratelli e una sorella. Suo padre non c'era più, morì nel 1943, all'età di 45 anni. Poco meno di vent'anni prima, la famiglia era fuggita dalla povertà in Sicilia e si era trasferita in Belgio, nella regione di Charleroi. Lì Giuseppe detto Pino, fu costretto ad andare a lavorare nella Vallonia delle miniere dove furono tanti gli italiani ad arrivare in cerca di fortuna.

Morto all’età di 92 anni al termine di una lunga malattia, esiste ancora un’intervista dell’italiano diventato belga e trasmessa in televisione, in occasione di una Parigi-Roubaix, qualche anno prima della sua morte.

«Sono andato a lavorare nell'acciaieria, proprio come aveva fatto mio padre – ha raccontato racconta Cerami – Continuai a lavorare  da manovale anche dopo aver firmato il mio primo contratto da professionista nel 1947, altrimenti non avremmo passato l'inverno. Lavorai da novembre a febbraio. A volte potevo partecipare alla Sei Giorni di Bruxelles e poi non dovevo andare all'acciaieria. Per la Sei Giorni avevo ricevuto 20.000 franchi belgi, in fabbrica guadagnavo 5.100 franchi al mese».

Nel 1956 fu naturalizzato belga e quel tricolore che lo aveva portato da piccolo in Belgio, venne accuratamente piegato e riposto in un cassetto.  Pino Cerami non solo cambiò nazionalità, ma indirettamente anche mentalità e il modo di correre. «Nel 1957 ho vinto il Giro del Belgio, che mi ha dato la possibilità di entrare  nella selezione belga per il Tour de France e questo fu molto redditizio per me. Ricordo che nel '57 tornammo a casa  con 90.000 franchi belgi ciascuno. Questo mi garantì la sicurezza finanziaria per correre di più alla ricerca di altre vittorie».

Le vittorie arrivarono e l’italiano del Belgio, in pochi anni divenne uno dei corridori più apprezzati in quel Paese dove entrò da migrante. Anche nell'anno dell'addio, il 1963, Cerami riuscì a conquistare una vittoria, si trattava della nona tappa del cinquantesimo Tour de France. All’età di 41 anni, l’uomo arrivato dalla Sicilia era arrivato primo nella frazione da Bordeaux a Pau e ancora oggi è il vincitore più anziano di una tappa alla Grande Boucle.

«Il segreto delle mie vittorie? Non abbiamo mai avuto abbondanza in casa. Questo è il lato buono della povertà». Pino Cerami disse più volte che il suo diventare belga lo portò ad una autentica trasformazione, più mentale che fisica e fu così che in corsa imparò a correre come un vero belga.

Cerami nella sua lunga carriera ha conquistato 57 vittorie, ma la più prestigiosa rimane quella della Parigi-Roubaix del 1960, un anno straordinario per lui. In quella stagione conquistò anche la Freccia Vallone e arrivò terzo al Mondiale, alle spalle di Van Looy e Darrigade.

L’italiano partito dalla provincia di Catania, all’età di 92 anni si addormentò in quella ragione che lo accolse fin da subito, la Vallonia. Era la mattina del  20 settembre del 2014, quando anche in Italia arrivò la notizia della morte di Pino Cerami, l’italiano che aveva sofferto la fame e che amava il ciclismo e che, con la bandiera del Belgio, era diventato uno dei corridori più forti del suo tempo.

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COMMENTI
Persona umile, campione vero
17 aprile 2022 17:30 seankelly
Lo conobbi una sera di dicembre del 2006, in occasione di una cerimonia di premiazione dei personaggi illustri della città di Misterbianco. Lui fu invitato e, nonostante fosse già molto avanti negli anni (84), venne in Sicilia con la moglie a ritirare un premio. Ancora lucido e in italiano/siciliano raccontò varie storie di un ciclismo che fu (da fine anni Quaranta ai primi Sessanta), in cui lui, umile operaio della bicicletta, con i valori e la forza più sani della Sicilia e del Belgio, seppe ritagliarsi uno spazio nel finale di carriera conquistando vittorie prestigiose (Parigi-Roubaix, Freccia Vallone, Parigi-Bruxelles, tappa al Tour de France).

grazie
17 aprile 2022 21:19 maxlrose
sono Catanese e ammetto di non sapere la storia di questo mio concittadino (forse dopo Nibali il miglior ciclista siciliano di sempre? ) grazie per la avermi fatto scoprire la storia di questo eccezionale atleta.

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