CICLISMO NUOVO E CICLISTI BARBUTI

TUTTOBICI | 25/01/2021 | 08:00
di Gian Paolo Ormezzano

Attenzione,  questa è a suo modo quasi una confessione, e non dica l’eventuale lettore di non essere stato tempestivamente avvertito. Mi chiedo ogni tanto quale è l’ultima novità - meglio se positiva, si capisce - dello sport che amo di più e al quale più debbo, cioè il ciclismo (il ca­so del Torino Calcio è a sé, direi che non riguarda neppure il mondo del pallone e persino dello sport tut­to e e le sue co­stantemente ricorrenti mi­serie), e mi fornisco risposte assortite. Ora riguardano l’evoluzione tecnica delle biciclette, specie per via di leghe nuove im­piegate nella co­stru­zione del mezzo, ora ri­guardano la chimica persistente troppo spesso detta an­che do­ping, ora riguardano le nuo­ve nazionalità che si pre­­sentano (o ripresentano, si pensi all’Australia) sulla scena, ora riguardano i nuo­vi teatri di gara.


Nel 2020 poi c’è stata la colossale tremenda novità del virus, della pandemia, direi superata o comunque affrontata dal ciclismo meglio che da quasi tutti gli altri sport, sia pure con accorgimenti e sa­crifici pesanti: a suo modo ho dato al problema un con­­tributo personale assai pesante, visto che il covid mi ha aggredito, invaso e mi­nacciato per qua­si un me­se di ricoveri (cinque cen­tri diversi), con ri­schio forte di vita e soluzione po­sitiva davvero all’ultima goccia di cortisone.


Comunque non è della mia odissea che voglio e posso parlare, è invece di un particolare strettamente visivo che mi ha colpito. Ancora qualche riga e ci siamo. Ho detto di nuove nazionalità in arrivo, comprensive si capisce di nuove etnie (e vi­ce­versa). Mi sono ricordato che, quando scrivere di ci­clismo era il mio pane quotidiano, mi ancoravo spesso ad altri sport a me cari, su tut­ti nuoto e atletica, e chiedevo appunto per iscritto cosa sarebbe accaduto quando sulle biciclette fossero sa­liti certi mostri di potenza e agilità insieme, originati ma­gari in altre di­scipline. In parte ci siamo, e i prossimi arrivi intensificheranno un trend che vede i ciclisti sempre meno scorfani, pulci dei Pirenei, gattacci delle volate o nanetti delle salite.

Ma intanto è arrivato sulle scene un ciclista nuovo, im­pensabile sino a poco tem­po fa. E attenzione: non par­­lo del ciclista tatuato, troppo facile. Parlo del ci­clista barbuto. Ricordo quando il pe­lo, anche il pe­li­no più infimo sulla pelle del ciclista, era un attentato alla sua salute, al suo benessere. Pelino che co­munque  significava polvere trattenuta, problema di ri­marginazione delle ferite, di sparizione dei graffi, dei rossori anche minimi, pelino che veniva portato via dal ra­soio del massaggiatore. Pe­lino brutto e cattivo che stazionava anche sui volti. E un pedalatore svizzero persino forte, Freuler, con i suoi baf­foni faceva colpo ed an­che un po’ scandalo.

Adesso ci sono ciclisti decisamente barbuti, e non mi riferisco soltanto al pizzetto di un Ala­philippe. Ciclisti di  ogni nazionalità, in ossequio a quella che ormai è una mo­da spesso perentoria fra i ma­schietti. Non si tratta obiettivamente di una grande novità, da qualsiasi punto di vista la si consideri, però, ecco, il ciclista in una congrega di atleti può essere con­fuso con un praticante al­tri sport (persino con un Tamberi dell’atletica, se si ra­de soltanto la me­tà sinistra o la metà destra del viso).

Non si tratta di novità destinata ad avere ripercussioni  sulla valenza tecnica e atletica di uno sport, ma siccome or­mai il campione è un ma­nichino pubblicitario, va da sé che anche la barba “gioca” la sua parte sulle fattezze di un uomo-sand­wich, sul personaggio nel suo insieme. Per sollevarci dal troppo fu­tile proponiamo adesso, e seriamente, il lancio di un concorso internazionale per trovare il so­prannome univoco, universale, di facile dizione in ogni lingua del mondo, al ciclista che, an­nun­ciato co­me il grande campione pros­simo venturo e fermato da una frattura al bacino, do­vrebbe improntare di sé le prossime stagioni agonistiche. Diciamo dell’impronunciabile belga Remco Eve­­ne­poel, c’è qualcuno che ha l’idea buona?

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