L'ORA DEL PASTO. LA BELLE EPOQUE DI ALESSANDRIA

LIBRI | 06/01/2021 | 08:05
di Marco Pastonesi

Quale fu la prima città italiana che ospitò un velocipede? Alessandria, nel 1867.


Di dov’era Carlo Michel, il proprietario di quella prima “macchina”, “uno strano ordigno, fatto con molto legno e poco ferro”? Di San Salvatore Monferrato, in provincia di Alessandria.


Dove nacque Costante Girardengo, il primo Campionissimo del ciclismo italiano? A Novi Ligure, in provincia di Alessandria.

E Fausto Coppi, il secondo Campionissimo, l’atleta italiano del Novecento? A Castellania, in provincia di Alessandria.

All’alba della bicicletta, Alessandria era la capitale italiana del ciclismo. Qui una delle prime competizioni, l’8 giugno 1869, nella Piazza d’Armi vecchia, in parte corrispondente all’attuale piazza Matteotti. Qui uno dei primi club (il sesto in Italia), la Società Velocipedisti Alessandrina, fondata nel 1876. Di Alessandria erano la fabbrica di biciclette e la squadra ciclistica Maino, ad Alessandria si stabilì l’Unione Velocipedistica Italiana (antenata della Federciclo), Alessandria fu scelta come sede dell’Unione Ciclistica Internazionale, ad Alessandria fu rilanciata la Coppa del Re.

Roberto Livraghi ha scritto “Pista! Alessandria capitale ciclistica della Belle Epoque 1867-1915” (Touring Club Italiano, 200 pagine, 24,90 euro con facilitazioni per i soci Tci e per l’acquisto online): la storia – documentata, illustrata, raccontata – di quei primi cinquant’anni a pedali, fra meraviglie e polemiche, conquiste e crisi, pionieri ed eroi. E Alessandria era al centro di quel mondo velocifero e veloce, favoloso e nazionalpopolare, già diviso fra competizioni e turismo, e magicamente rotondo.

Sono gli anni delle prime riunioni, festival, spettacoli. Il ciclismo è sport e teatro, arte e circo. Il 31 maggio 1896 – l’anno del debutto della “Gazzetta dello Sport” e delle Olimpiadi moderne – ad Alessandria si disputò la prima delle tre giornate di Grandi Corse Internazionali per amateurs e professionisti. La dotazione dei premi salì fino alla stratosferica somma di dodicimila lire, quasi scandalosa se non immorale; l’incasso della serata inaugurale fu promesso in beneficenza “per inviare i poveri rachitici agli Ospizi Marini”; e per la prima volta una manifestazione godeva di un impianto di illuminazione elettrica.

Sono gli anni del primo dualismo, quello che opponeva l’alessandrino (di Tortona) Giovanni Cuniolo all’astigiano Giovanni Gerbi: “Manina” contro “il Diavolo Rosso”. “Manina” Cuniolo, fresco primo primatista dell’ora, conquistò la Coppa del Re nonostante due forature e una caduta provocata da un tifoso troppo entusiasta, e al traguardo venne requisito da Armando Cougnet, il primo patron del Giro d’Italia, per un’intervista a casa in esclusiva per “La Gazzetta dello Sport”. “Il Diavolo Rosso” Gerbi, che non aveva potuto partecipare perché considerato professionista, prima si aggiudicò il Campionato italiano su pista per mezzofondo con allenatori (cioè dietro moto) a Torino, poi si regalò il bis nella Coppa di Alessandria, infliggendo a Cuniolo addirittura sette mortificanti minuti di distacco.

Sono gli anni del primo giornalismo sportivo, e alessandrino di Masio era Eliso Rivera, direttore del periodico “Il Ciclista” e primo condirettore della “Gazzetta dello Sport”. Si firmava Edr, acronimo di Eliseo delle Roncaglie, e Roncaglie era la frazione di Masio dov’era nato. Sospettato di politica antigovernativa, Rivera tornò a lavorare come avvocato, fra Italia e Argentina, tra socialismo e anarchia, tra società di mutuo soccorso e case del popolo, e ancora tra giornali come “La Vittoria” e “La Gazzetta degli Italiani” (tutti e due in Argentina).

Oggi Alessandria è tornata, per dirla con Livraghi, in pista e chiede pista. Il Museo ACdB (Alessandria Città delle Biciclette), di cui Livraghi è direttore, promuove le due ruote per la loro purezza e agilità nel traffico, per la loro lentezza e dolcezza nel turismo, per la loro vocazione e ispirazione letterarie, per il loro valore e spettacolo culturali.

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