
C come Conte. Nel senso di Giuseppe, capo del governo dell’Italia. Da non confondere con Antonio, ex capo allenatore dell’Italia: stesso cognome, stesse origini pugliesi, stessa pettinatura, con la differenza che i capelli del presidente del Consiglio sono suoi (di Giuseppe, non di Antonio). E’ il primo premier a presentarsi al Giro da molti anni in qua, quasi vent’anni dopo Prodi, che però era di un’altra parrocchia politica: anche la par condicio ha i suoi tempi. A differenza di altri colleghi europei, Conte (Giuseppe, non Antonio) non si limita ad un atto formale: a Frascati, alla partenza della tappa, si dà un gran daffare, mettendo a tacere chi sostiene che, fra Salvini e Di Maio, lui non riesca a muovere un dito. E’ lui ad accompagnare Mauro Vegni, il direttore del Giro, reggendogli l’ombrello: bel gesto, anche se di solito quando c’è di mezzo un ombrello non sempre è un gesto bello. E’ lui ad accogliere sul palco del foglio firma Nibali e ad intervistarlo come un presentatore di lungo corso: preoccupazione in Rai da parte di chi, quando prende in mano il microfono, non riesce a esser così sciolto. E’ sempre lui, a dispetto della pioggia battente, a presentarsi sulla linea di partenza e a dare il via alla tappa, sorridente e contento: non solo per aver frequentato un ambiente che gli piace, ma per essersi potuto allontanare per un po’ da quello in cui si diverte meno.
I come inviati. Nel senso di voci Rai sulla strada. Nessun dubbio: Stefano Rizzato ed Ettore Giovannelli sono la miglior coppia proposta dalla tv da molti anni in qua. Si integrano benissimo: Rizzato, per esigenze di servizio, è più statico, Giovannelli è ovunque. Il primo è implacabile e puntuale nel far parlare vincitori e titolari di maglie appena mettono piede giù dalla bici: è vero che gli cadono direttamente in bocca, ma è vero anche che gli capita di tutto, dagli sloveni ai tedeschi fino ai giapponesi e agli eritrei, e non batte ciglio. L’altro sbuca dai pullman, entra nelle ammiraglie, si infila persino nel gruppo in movimento: un corridore se l’è ritrovato persino dentro il portaborracce. Non lo fermano nemmeno le pessime condizioni meteo che dalla partenza accompagnano questo Giro: cresciuto a pane e Formula uno, sta benissimo col vento, che gli ricorda la velocità, e pure con la pioggia, che gli ricorda il mitico Senna. E’ velocissimo negli spostamenti, tanto che fra ciclisti e tecnici comincia ad affiorare un dubbio: o di Giovannelli ce ne sono in Giro più di uno, oppure è degno del suo nome, Ettore. Mitologico.
P come pioggia. Nel senso di precipitazione atmosferica. Non infrequente in questa prima settimana: si fa prima a dire quando non è caduta che il contrario. In assenza della pioggia, ad accompagnare la corsa ci ha pensato il vento forte: oltre a Froome e Thomas, a Quintana e Valverde, a questo Giro manca anche il sole. E’ un’edizione fradicia, in modalità Noè: non il personaggio biblico, ma l’ex ciclista che si vestì di rosa sotto il diluvio.
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