UN PENSIERO (E NON SOLO) PER JAN

STORIA | 12/08/2018 | 07:42
di Pier Augusto Stagi

Chi è causa del suo mal pianga se stesso. Che poi sarebbe come dire: fatti tuoi! Crepa! Se non ti vuoi bene, che cosa vuoi da noi? Se cerchi disperatamente il tuo “cupio dissolvi”, c’è poco da dire e da fare. E ogni ragionamento finisce qui, prima ancora d’iniziare.


È una linea di pensiero, che si fa opinione. Jan Ullrich è allo sbando, è un uomo alla deriva, un naufrago, un relitto lontano da tutto e da tutti, anche da se stesso. Il tedesco è stato arrestato a Francoforte, dopo aver passato la notte in un hotel di lusso con una prostituta che poi, secondo le ricostruzioni, aveva colpito e tentato di strangolare. Ma le disgrazie non vengono mai sole, e il fuoriclasse tedesco, una delle più belle realtà del ciclismo degli Anni Novanta - quei dannatissimi Anni Novanta - capace di vincere un Tour (1997), una Vuelta (1999), un oro olimpico a Sidney (2000) e due mondiali a cronometro e finito invischiato anche nell’affaire Operacion Puerto e per questo squalificato retroattivamente per due anni, era già finto nei guai la scorsa settimana, a Maiorca.


Jan non frequenta più da tempo il mondo del ciclismo, ma naviga a vista nelle cronache giudiziarie. Nel 2014 ha causato un incidente stradale a Mattwil, nel Canton Turgovia, in Svizzera: tasso alcolemico troppo alto e patente ritirata. Nel 2002 ha investito diverse persone in bicicletta con la sua Porsche. Venerdì l’ex ragazzo di Rostock è stato ricoverato in un ospedale psichiatrico dopo la sua breve detenzione per presunta aggressione a una prostituta all'Hotel Villa Kennedy di Francoforte, oggi ha lasciato l'ospedale per iniziare una terapia di disintossicazione in un centro specializzato. La sua dipendenza da alcool e droghe lo ha portato alla separazione dalla moglie Sara alla fine del 2017: da allora si è trasferita con i loro tre figli nella regione di Allgäu, nel sud della Germania. Jan ha anche una figlia di 15 anni avuta da una precedente relazione con Gaby Weiss. Per la sua situazione sempre al limite, non può frequentare più i suoi figli. Non li può vedere.

È chiaro che a questo punto Jan deve fare qualcosa: deve darsi una mano, ma noi dovremmo essere pronti a prendergliela. Deve provare a mettersi in discussione, per salvarsi. Deve davvero ingaggiare la sfida più grande della sua vita, contro se stesso, altro che Pantani sul Galibier: c’è ben altro da inseguire, qui c’è di mezzo la vita. Una vita appesa ad un filo, che si sta spezzando. E questo è il punto. Ci possiamo permettere un’altra morte? Vogliamo davvero che finisca così? A noi va bene che ciò accada? Vogliamo altri Pantani, altri Jimenez, altri Frank Vandenbroucke? Davvero chi è causa del proprio mal pianga se stesso? Davvero non si può fare nulla per questo uomo incapace di liberarsi dai propri spettri? È chiaro, lo sforzo più grande deve essere fatto e compiuto da lui. È Jan che deve dare un segnale e dire con forza che vuole rinascere. Che vuole ritornare, rimettersi in gioco, ma chiedo alla grande famiglia del ciclismo, fatta di istituzioni (Uci, Federazione Tedesca, UEC, associazione corridori), ma anche di tanti appassionati, di provare a pensare a qualcosa che possa essere d’aiuto a questo grande atleta che non si è mai voluto profondamente bene, che ha sempre corso sulla lama di un rasoio e in equilibrio precario.

Un uomo, un atleta che ho amato per la sua fragilità e per la sua grandezza di campione. Classe cristallina, che avrebbe dovuto vincere anche il Tour 1996 (fu cinque volte secondo), ma per ordini di scuderia (ci sono sempre stati, anche alla T-Mobile) fu costretto a non strafare nella crono finale per agevolare il successo del suo capitano Bjarne Riis.

Io l’ho amato, dopo averlo maledetto in diretta quanto e come Felice Gimondi che quel giorno era in diretta tivù con il grande Adriano De Zan. Tour 2003, tappa di Luz Ardiden: il manubrio di Lance Armstrong s’incaglia nel cappellino di un piccolo tifoso a bordo strada, e finisce per le terre. La prova di sportività di Jan è da ricordare e rimandare ai posteri. Ullrich invece di approfittare della caduta del texano, per due volte due non affonda il colpo, e aspetta il ritorno del rivale. Alla fine Ullrich sarà staccato dal texano, e arriverà terzo a 52” dall’americano.

Ullrich è un ossimoro: è tutto e niente; è il male è il bene; è l’inganno del doping ed è il gesto di fair-play per eccellenza. È anche un uomo che si porta dietro e dentro un’infanzia infelice, difficile e maledettamente complicata. Ho ritrovato nel mio archivio un’intervista che Jan mi rilasciò nel lontano 1996. Ecco cosa diceva della sua infanzia: «Non sono stato un bambino voluto. Non suona molto romantico, ma è la verità… Mio padre preferiva un'allegra serata di bevute con i suoi compagni di lavoro piuttosto che stare a casa. Mia madre non smise però di aspettarlo».

E ancora: «In effetti mamma sapeva da molto tempo che papà non era nelle condizioni di risolvere i suoi problemi legati all'alcool e all'aggressività. Da quel momento mio padre non ebbe più alcun ruolo per me».

Jan non è un santo, ha le sue colpe. Ha soprattutto una storia e un DNA che parlano per lui. Per molti è Satana, per me non è un santo, ma è pur sempre quello che ha aspettato Lance Armstrong a Luz Ardiden: fece una cazzata sesquipedale, ma di sublime bellezza. Come si fa a non volergli un po’ di bene?

 

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COMMENTI
Tristezza
12 agosto 2018 10:50 bicilove
Mi piacerebbe proprio vedere quanti amici si ritrova accanto in questo momento che e' un perdente

Forza Jan
12 agosto 2018 12:33 OlegBlokin
Articolo perfetto e condivisibile al 110%. Forza Jan, vinci questa nuova battaglia, la più difficile...

Mah
12 agosto 2018 15:01 Ruggero
Caro direttore, 'dannatissimi anni 90" solo per gli altri, noi......abbiamo avuto l'enorme disgrazia del Pantani uomo, disgrazia che purtroppo tocca molte famiglie meno facoltose e meno famose, per il resto i nostri solo atleti estremamente puliti, o sbaglio........saluti

Tour 96 e tour 97
12 agosto 2018 16:57 pickett
Non avrebbe dovuto vincere né l'uno né l'altro.Nel 96 si presentò alla crono finale con 4 minuti di svantaggio (quattro!) su Riis,e per recuperarli avrebbe dovuto farsi prestare la "bicicletta" da Garellik Cancellara.Nel 97 Virenque gli vendette il Tour per un piatto di lenticchie(una vittoria di tappa) a Courchevel.Senza quel patto scellerato,che il francese rimpiangerà fino all'ultimo dei suoi giorni,Ullrich sarebbe arrivato a Colmar con un quarto d'ora di ritardo.Lo sanno tutti,suvvia,Stagi...Roussel lo ha scritto nero su bianco in un libro.

Solo Armstrong lo vuole aiutare
12 agosto 2018 17:54 Monti1970
Per ora l’unico che nel mondo del ciclismo ha dato la disponibilità ad auiutarlo, mi risulta Armstrong.
Si proprio colui che da tutti voi è considerato satana

Come cantava Gabriella
12 agosto 2018 19:05 tonifrigo
<Ognuno ha la sua storia, tante cose nella memoria. Tanto de tutto, tanto de gnente, e le parole de tanta ggente", cantava Gabriella Ferri, anche lei sublime e buttatasi via. Ullrich andrebbe aiutato dallo sport tedesco. Se non altro perchè gli ha dato grande lustro. Quando ti infili in una vita così, tutto pesa e il traguardo si appanna. Ullrich ha diritto di essere salvato e basta. Lui ha già dato, adesso qualcuno si metta una mano sulla coscienza. Bravo direttore.

un pensiero per ullrich
13 agosto 2018 10:21 frank1959
io ho avuto la fortuna di avere parlato con lui parecchi anni fa era una persona squisita...mi spiace che la vita lo abbia portato a questi livelli...spero abbia la forza di...uscirne...da campione come lo e' stato in un passato nn molto lontano forza jan…..

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