PROFESSIONISTI | 15/02/2018 | 07:12 «La bicicletta è la mia vita». Con queste parole ben scandite ha esordito Mario Chiesa, bresciano, classe 1966, da più di 40 anni sopra una sella. Inizia infatti a gareggiare all’età di otto anni e dopo la categorie giovanili, passa al professionismo nel 1988 alla Carrera, team in cui rimane fino al 1997. Scende dalla bici e inizia a lavorare come direttore sportivo al Team Asics. Collabora poi per tre stagioni con Giancarlo Ferretti alla Fassa Bortolo, poi 2 con Fabio Bordonali e per altre quattro con Roberto Amadio alla Liquigas. Nel 2010 approda alla Katusha per poi passare nel 2014 alla Iam Cycling. Nel 2017 è stato impegnato alla Bahrein Merida. Dal 2007 è segretario dell’Associazione Italiana Direttori Sportivi Professionisti (ADISPRO).
All’interno di un team solitamente i direttori sportivi si dividono gli incarichi. Qual è il ruolo a cui sei maggiormente legato? «A me piace la logistica. In tutte le squadre dove sono stato, specialmente dalla Katusha in poi, ho sempre avuto questa mansione. Dagli spostamenti degli atleti ai contatti con gli organizzatori, passando più semplicemente per le prenotazioni alberghiere. E’ il lavoro che preferisco. Dall’esterno si vede solamente la punta dell’iceberg del lavoro che sta dietro un pro-team: avere una ferrea organizzazione su questo è di fondamentale importanza per la stagione».
Solitamente le prime gare della stagione sono fuori Europa. Australia, Sud America: come si organizzano queste trasferte? «E’ più semplice di quanto sembri. Gli unici ostacoli potrebbero essere i visti anche se generalmente l’organizzazione della gara ci viene incontro in questo senso, mettendo a disposizione anche dei voli aerei. Ad esempio, il mio lavoro in questo caso è quello di raggruppare il gruppo, cercando di far coincidere i posti assegnati al team con i voli che abbiamo a disposizione».
Quali sono invece gli aspetti più impegnativi di questo lavoro? «Di sicuro organizzare i ritiri, i training camp. Non essendoci nessuna gara e quindi, nessun supporto organizzativo, il lavoro diventa decisamente più gravoso. Organizzare i trasferimenti, contattare le strutture alberghiere, trasportare il materiale: solo alcuni punti ma che fanno capire il lavoro che ci sta dietro. Generalmente si pensa che a Ottobre finisce la stagione, che si va in vacanza e ci si lascia alla spalle la stagione passata. In verità non è così, per chi come me cura la logistica sa che l’impegno maggiore è proprio negli ultimi mesi dell’anno. Si preparano i training camp, si prendono contatti con gli organizzatori, si studiano le nuove corse; e ancora le ammiraglie, i corridori nuovi, le biciclette. Mesi intensi di lavoro per preparare la stagione successiva».
Una considerazione sulla situazione attuale dei Direttori Sportivi Italiani. «La situazione italiana è delicata, quelli con maggiore esperienza se ne vanno all’estero. Penso a Algeri, Bramati, Cenghialta , Martinelli, Scirea e Volpi per citarne alcuni. Ora dobbiamo però concentrarci sul futuro. L’Italia ha fatto e sta facendo ancora scuola, ha una grande tradizioni di direttori sportivi. In questo momento c’è bisogno di un ricambio generazionale: i giovani si facciano avanti per portare una ventata di aria fresca in questo sport meraviglioso».
Nel 2008 fece salire me e altri amici sul pullman della Liquigas a Como all\'arrivo del Giro di Lombardia per dare un occhiata curiosa e chiaccerare con noi \"Sig.ri nessuno\".
Super Mario
16 febbraio 2018 10:58Golden Boy
Mario è un gentiluomo.....una persona umile e sempre disponibile!
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