PREMI | 08/10/2017 | 07:48 Echeggia a due passi, l'urlo di Vincenzo Nibali, premiato proprio in questo contesto dodici mesi fa. Non sono passate che poche decine di minuti, ma che il ciel del Lombardia è davvero bello, quando è bello lo dicono anche le montagne affacciate sul Lario, al premio Vincenzo Torriani numero 20. Le stelle che si riflettono sul lago di Como luccicano di storia e su tutte proprio quella dello storico patron, nel cui nome sono tutti riuniti accanto ai figli Gianni, Marco e Milly.
Pier Bergonzi, aprendo la serata, chiama accanto a sé Giuseppe Figini, insignito del premio dell'associazione Emilio e Aldo De Martino. Anni gomito a gomito con Torriani fanno del Figio, "custode della memoria del ciclismo" per dirla con Bergonzi. "Amore per la vita e per lo sport" sono il catenaccio di un riconoscimento alla persona e al professionista, firma di Tuttobiciweb e protagonista della macchina organizzativa di Rcs per anni. Lo applaudono Renato Di Rocco, Mauro Vegni, Carmine Castellano, Marino Vigna e il ciclismo tutto.
Anche quell'Elia Viviani che osserva, sullo schermo poco oltre, le immagini della sua medaglia d'oro di Rio. "Rivivere quegli ultimi giri e quei giorni, i più belli della mia vita, è sempre una grande emozione", spiega il veronese. Ripercorrendo la sua stagione e definendo "la miglior Nazionale, quella di Bergen, in cui io abbia mai corso. Abbiamo corso come dovevamo", spiega il futuro Quick Step. Che anticipa che "sì, al prossimo Giro ci sarò. Ho vissuto tre anni bellissimi a Sky, ma questa nuova avventura mi gasa tantissimo. NIbali oggi? Un emozione per tutti, anche perché il peso del pronostico c'era. Ma incredibile è stato anche Moscon".
Francesco Guidolin racconta che "quando Gianni Torriani mi ha chiamato, per informarmi del premio, ero in bici. Il ciclismo lo faccio vivere", come recita lo slogan del premio, "pur cercando di stare sempre nell'ombra. È qualcosa che ho sempre cercato di fare", annota l'ex allenatore di Parma, Udinese e Bologna, "ma quando parlo di ciclismo sono a mio agio. Nel calcio, invece, ho scelto io di rimanere fermo. Ho fatto tante battaglie, tante panchine. Ora cerco qualcosa che mi stuzzichi, come una Nazionale. Mi sento giovane e in forze. La Nazionale azzurra? Credo che qualcosa, dopo il ko con la Spagna, si sia inceppato. Ma per i playoff saremo prontissimi".
Pronto, nel ricordare il club dei ciclisti che non hanno mai vinto una corsa, è Marco Pastonesi. Che la corsa alla ricerca degli ultimi la pedala ancora. "Francesco Belotti, Mattia Turrina, ma anche altri. Li vedo ancora, li vado a trovare. Il ciclismo più degli altri sport ha il fatto che si svolge per strada. Ogni metro è un'opportunità, un rischio, un pericolo, una gioia. Quel che fa la differenza è questo. La gente tocca Nibali alla partenza, all'arrivo. Il popolo del ciclismo lo vive sempre e i corridori si prestano e questo è un bene inestimabile. Per noi, poi, è Disneyland...".
A premiarlo è l'amico di una vita, Claudio Gregori: "Marco è stato un compagno del mio percorso umano", coinquilino di quella "macchina dei poeti", come la definisce Bergonzi, "da cui sono usciti pezzi importantissimi della storia del Giro, grazie alla bravura e sensibilità di questi colleghi". "Guidolin segue un sentiero già tracciato, bellissimo. Il primo allenatore innamorato di ciclismo, del resto, fu un certo Pozzo...", chiude Gregori. Pagine di fascino, di aneddoti, di suggestioni. Come quelle del libro "L'ultimo patron", che Gianni Torriani presenta nel libro che racconta il papà. Non solo del Giro d'Italia moderno.
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