UN GIRO AL TOUR. DOTTO GIRAMONDO

PROFESSIONISTI | 23/07/2017 | 07:12
Accendi la radio, ed è la sua voce a raccontarti quello che succede in corsa, a farti immaginare i colori, i rumori, i distacchi, la fatica, i dispetti. Emanuele Dotto ride, «speriamo di non aver raccontato la noia, dal punto di vista tecnico questo Tour è stato un po’ la solita fuffa, meno male che c’era Aru, che ha fatto quello che ha potuto, insalutato ospite a casa sua. Io ’sti kazaki non li ho mica capiti. Pensa se ci fosse stato uno come Francesco Moser, li avrebbe presi a calci nel sedere». Cominciamo senza tanti giri di parole, e in fondo è un paradosso per chi sulle parole ha costruito un mestiere. «Volevo fare il giornalista sportivo, anzi il radiocronista. E l’ho fatto. Questo è già un grande successo». Senza contare i traguardi: 11 Olimpiadi, 8 estive e 3 invernali, 8 Mondiali di calcio, 8 Europei, 18 volte il Giro d’Italia. «E questo è il decimo Tour. Il primo nel 2005, da solo, senza tecnico nè autista. Facevo tutto da solo, Nice Matin fece un servizio su di me: 7mila chilometri fondendo una Toyota Avensis, l’avventura più drammaticamente autentica della mia vita, però ce la feci». Pian piano la Rai si accorse dell’importanza di seguire il Tour anche per radio, «da allora ci siamo alternati io e Giovanni Scaramuzzino, fra collegamenti, servizi e dirette il lavoro è tanto ma quando posso mi ritaglio il tempo per le mie passioni».

Per esempio. «A Dusseldorf sono andato a vedere mostre e musei. Poi il memoriale di De Gaulle a Colombey-les-Deux-Eglises. Mi sono fermato a Plombières dove Cavour incontrò Napoleone III. Sono andato a vedere le Gorges de l’Ardèche, spettacolari. E l’altro giorno a Salon sono andato a visitare la tomba di Nostradamus. Il Tour è bellissimo. Meno quando va nelle grandi città, quelle ti respingono. Marsiglia era bloccata, difficile muoversi, spostarsi, difficile tutto. E’ che questa corsa è enorme, i francesi sono davvero malati di grandeur. La loro forza è l’organizzazione, e il calendario. Ma sono stati anche dei grandi banditi: quando c’era Indurain facevano il Tour su misura per lui, quando è arrivato Armstrong idem. Quest’anno l’avevano disegnato per Bardet, poche salite e molte discese. C’è molta gente sulle strade, sempre, ma il ciclismo c’entra poco: se passasse una parata di trattori sarebbe lo stesso. E’ che il mondo è filoparigino, e per il resto della Francia il Tour è l’unica occasione per sentirsi protagonisti. Insomma, è affascinante, bello, divertente. Molto faticoso anche: basti pensare quest’ultimo trasferimento da Marsiglia a Parigi, 700 chilometri e via».

Emanuele è nato a Genova 65 anni fa da famiglia piemontese, «sono cresciuto in provincia di Alessandria, a Lerma, il paese di Moana Pozzi, lei era più giovane ma da bambini abbiamo giocato assieme», e il ciclismo è arrivato prestissimo. «Mio padre era un grande appassionato, era nato dalle parti di Coppi però paradossalmente tifava per Bartali, erano altri tempi, la faccenda della Dama Bianca non era facile da capire. Mi ha educato portandomi ad aspettare i corridori sulla strada, alla Milano-Sanremo, al Giro dell’Appennino, conservo ancora un berrettino della squadra di Anquetil. Ma prima del ’99 non mi sono occupato di ciclismo per mestiere».

Dotto si laurea in storia medievale, poi decide di inseguire il suo progetto di diventare un giornalista. Anzi, un radiocronista. «Sono professionista dal ’77. Prima al Corriere Mercantile, poi al Giornale di Montanelli e dal primo gennaio dell’80 in Rai». C’è il tempo di girare tutto il mondo, «il posto più bello che ho visto è la Tasmania: il mare della Sardegna, montagne che sembrano piccole Dolomiti e prati come in Irlanda, peccato che sia così lontano». In Tasmania c’erano i Mondiali di canottaggio, «altro sport fantastico, come il ciclismo: fatica, umanità, lì non si bara. Ho conosciuto Steve Redgrave, uno dei più grandi sportivi del mondo di tutti i tempi». C’è il modo di esplorare tutti gli sport, o quasi. «Ho cominciato con la pallanuoto, seguendo l’epopea della Pro Recco di Eraldo Pizzo. Uno sport simile al rugby, dal punto di vista dell’etica il calcio esce con le ossa rotte dal confronto. A me piacciono questi sport potrei dire britannici: porto due sacchi, uno per prenderle e uno per darle. Ma non si simula, non ci sono gli sgambetti: se voglio darti un pugno te lo do in faccia».

Il calcio è comunque una grande parte del mestiere. «E’ un bel gioco, ma il lato umano ormai... E’ uno sport che esprime Cassano e Balotelli, ho detto tutto. A me piace la partita, poi la finirei lì. Come gioco il mio preferito è il tennis. Federer. La prima volta lo vidi giocare nel ’99, a Neuchatel: Svizzera-Italia di Coppa Davis. Arriva Paolo Bertolucci e mi fa: vieni a vedere questo ragazzo che si sta allenando, un fenomeno, questo diventa il numero uno del mondo. Io lo presi un po’ in giro poi però andai: Federer aveva diciassette anni, rimasi senza fiato».

Ricordi, fotografie, momenti indimenticabili. Poi, proprio in quell’anno, arriva il ciclismo. «Adesso però non è più quello dei miei tempi. Da ragazzo ero per Zilioli. Poi diventai saronniano, ma di fronte a Moser mi levo il cappello. Erano il bianco e il nero, poi però andavano a cena assieme. Il mio ciclismo era Roche, capace di far segare la bici a Visentini. Sembrano passati cent’anni, ma sono soltanto trenta. Quello che non mi piace oggi sono i watt, gli auricolari in corsa, le tabelle, ma anche la globalizzazione feroce. Sarò vecchio, ma per me la stagione comincia con la Sanremo. Al massimo col Laigueglia. Purtroppo ho paura che il prossimo passo dello sport mondiale saranno i mondiali di hockey su ghiaccio in Kenya o la pelota basca in Groenlandia».

Il bello e il brutto di questo ciclismo? «Il mio Tour più bello è stato quello di Nibali, non so come dire, eravamo al centro del progetto. Diciamolo: Froome è anche fortunato, perché se piove non sa andare in bicicletta... Lui è un grande professionista, non si discute, ma a me non piace. Mi piace il ciclismo, non il frullatore Girmi. E’ uno che non scalda i cuori, almeno non il mio. Della Sky il migliore è Landa Meana, era il più forte in questo Tour, ma l’hanno tenuto al guinzaglio. E’ una squadra addirittura esagerata. L’opposto dell’Astana: Aru non sapeva neanche con chi fare due chiacchiere in pianura». Uno che ti piace ci sarà. «Sagan, assolutamente. E’ uno che lotta contro tutto e contro tutti, e quando arriva secondo non trova scuse. Qui al Tour gli hanno fatto una carognata, forse speravano che Demare arrivasse a Parigi in maglia verde. D’altra parte, dipingono Bardet come se fosse Hinault. Senza capire che sono su due galassie diverse». Ascoltate uno che il mondo lo ha girato, studiato, gustato. Basta accendere la radio, et voilà.

Alessandra Giardini
Copyright © TBW
COMMENTI
Hai dimenticato i tuoi dati, clicca qui.
Se non sei registrato clicca qui.
TBRADIO

00:00
00:00
Elia Viviani ha salutato il ciclismo alla Sei Giorni di Gand, davanti a un Kuipke gremito di gente: al suo ingresso in pista, il veneto ha ricevuto una standing ovation da tutto il pubblico e questo per lui è stato...


Si avvicina l'appuntamento con La Notte degli Oscar, che segna la conclusione ideale della stagione 2025 e traghetta verso una nuova avventura. Di scena ci saranno, come sempre, i migliori atleti dell'anno in ogni categoria: ve ne presentiamo uno al...


La Unibet Rose Rockets non vuole lasciare nulla al caso e per far sì che la prossima stagione sia ancora più ricca di vittorie e inviti a corse di primissimo piano ha deciso di affidarsi per il 2026 a...


C’è tanta storia nella Bologna-Raticosa una delle corse più anziane del calendario italiano dei dilettanti. Nasce nel 1931 e muore nel 2013. A promuoverla fu il Velo Sport Reno 1908 presieduto da Zoni che in un secondo tempo passò nelle...


È un appuntamento che racconta il ciclismo veronese da ben trentuno anni: quella che vedete è la copertina dell’almanacco 2025 del ciclismo veronese edizione numero 31. Racconta l'autore Luciano Purgato: «Quest’anno abbiamo voluto premiare la tenacia di Debora Silvestri (Laboral Kutxa...


Manca un mese al Natale e forse non sarebbe male prendere in considerazione qualche idea per un regalo o semplicemente per emanare un poi di sportivo natalizio nelle prossime giornate. Da Nabico, ottimi interpreti del 100% Made in Italy, arrivano nastri...


“I coperchini. Anche qui il nome è locale. Sono i tappi a corona delle bibite, detti anche tappini o tollini a Milano, grette a Genova, fino a un misterioso sinàlcol a Parma, ma chissà in quanti altri modi li avranno...


Dopo la drammatica caduta al Giro di Polonia dalla quale per fortuna si è ristabilito dopo le non poche apprensioni tornando a salire nuovamente in bicicletta, non poteva che essere assegnato a Filippo Baroncini il 21° Premio Coraggio e Avanti,...


L’aggiornamento dei direttori di corsa dell’Emilia-Romagna, tenutosi a Bologna presso la sede della “BCC Emilbanca”, è certamente uno di quegli appuntamenti che lasciano soddisfatti per organizzazione, concretezza, serietà dei temi e qualità dei relatori, senza segni di polemica tranne...


Tanto sole ma anche tanto freddo hanno accompagnato la 4a edizione di Turin International Cyclocross. Al Velodromo Francone di San Francesco al Campo si è corsa la 2a  prova del Selle Smp Master Cross a cui hanno partecipato quasi 450...


TBRADIO

-

00:00
00:00





DIGITAL EDITION
Prima Pagina Edizioni s.r.l. - Via Inama 7 - 20133 Milano - P.I. 11980460155




Editoriale Rapporti & Relazioni Gatti & Misfatti I Dubbi Scripta Manent Fisco così per Sport L'Ora del Pasto Le Storie del Figio ZEROSBATTI Capitani Coraggiosi La Vuelta 2024