WACKERMANN, L'ORA DEL RISCATTO

PROFESSIONISTI | 23/02/2017 | 07:47
Il suo quinto anno tra i professionisti vuole essere un punto e a capo. Luca Wackermann, passato nella massima categoria con le stigmate del predestinato e grandi aspettative per gli ottimi risultati ottenuti nelle categorie giovanili, finora non è riuscito a dimostrare quanto va­le. Il ventiquattrenne milanese trapiantato per amore in Toscana, vive a Mon­summano Terme, in carriera ha indossato le maglie di Lampre Merida, South­east e Al Nasr Pro Cycling Team Dubai senza sbocciare al livello che si ipotizzava. Tra pressioni e infortuni, di ritorno da un anno negli Emirati Arabi che gli ha ridato il fondamentale feeling con la vittoria (nel 2016 è andato a segno 9 volte: sue due tappe e la classifica finale del Tour d’Oranie, due tappe e la classiffica finale del Tour de Blida, una tappa e la classifica finale del Tour d’Annaba e una tappa al Tour de Azer­baijan, ndr), torna in Italia con la Bar­diani CSF e più di un sogno da realizzare.

Cosa hai imparato nel 2016 lontano da casa?
«L’inglese, che prima parlavo a livello scolastico (sorride, ndr). A Dubai ho vissuto un’esperienza diversa e importante. Sono maturato molto, un po’ perché appunto ho dovuto viaggiare tanto e un po’ perché l’arrivo di un fi­gliolo ti cambia. Mi ritengo ancora un ragazzo, ma ho più responsabilità di un anno fa. La vita da papà va molto bene, da quando è nata Aurora sono più se­re­no e ho una motivazione ulteriore per andare forte: devo far bene il mio lavoro per darle un futuro migliore».

Dopo giugno non hai praticamente più corso.
«Confermo. Con la squadra per cui ho gareggiato la stagione scorsa ho avuto bisogno di un po’ di tempo per am­bientarmi poi è andato tutto bene, so­no tornato a vincere, il che mi ha dato un gran morale, ho stretto una for­te amicizia con i compagni e girato il mondo, ma dopo giugno non mi han­no fatto più correre. Il team ha ridotto la sua attività, in sostanza negli ultimi mesi ha corso solo l’Abu Dhabi Tour e un’altra gara negli Emirati ma ha preferito schierare i corridori locali, così io ho dovuto terminare prematuramente la mia stagione. Mi è dispiaciuto, ma al tempo stesso è stata una fortuna visto che ho potuto assistere mia moglie Ila­ria durante il parto, non potevo perdermi un evento così importante, e fino ad ora sono sempre stato vicino alle mie donne. Veder crescere la mia bimba giorno dopo giorno è uno spettacolo».

Adesso però è tempo di ripartire...
«Giusto, sono molto contento dell’accoglienza che ho avuto dalla famiglia Re­verberi e di come ci siamo allenati a Calpe prima del debutto stagionale. Alla Bardiani CSF mi hanno fatto capire che credono molto in me, mi hanno scelto per sopperire alla partenza di Colbrelli che tanto ha vinto con questa maglia: raccogliere l’eredità di Sonny è una bella responsabilità, ma mi sono preparato al meglio per ripagare la fi­ducia che mi è stata data. Non sono contento di come sono andati i primi anni della mia carriera, purtroppo ho avuto tanti infortuni e l’esser passato molto giovane forse mi ha penalizzato, il peso delle aspettative in qualche mo­do mi ha schiacciato e non mi ha fatto rendere come speravo. Tornassi indietro, comunque, rifarei le stesse cose, non mi pento delle scelte fatte, nemmeno di aver affrontato il grande salto a soli 19 anni».

Sei rimasto l’unico della famiglia a correre...
«Sì, i miei fratelli hanno smesso tutti. Marco, forse il più talentuoso di casa, e Sara, frequentano l’università, allo stesso modo Elisa è concentrata sulla scuola, ma il ciclismo è rimasto la grande passione di tutti. Il capostipite è sta­to papà Robert che ha corso fino alla categoria dilettanti. Io ho seguito le sue orme e così hanno fatto tutti i miei fratelli, ad eccezione di Anna, l’ultima ar­rivata. A 7 anni, io che sono il maggiore, ho iniziato a fare qualche gimkana in mtb, dopo aver conosciuto al mare in Toscana una famiglia di Parma che aveva due figli che ci davano dentro con il fuoristrada, e man mano mi si so­no messi tutti a ruota. I no­stri genitori, papà impiegato e mamma Gio­van­na insegnante d’italiano, hanno trovato vicino a casa una squadra, la SC Birin­ghello, a cui ci hanno iscritti per gareggiare e così è iniziata la nostra avventura a pedali. Da bambino per qualche an­no ho praticato contemporaneamente calcio, nuoto, basket e ciclismo, finché ho scelto le due ruote perché mi piacevano di più e, a dirla tutta, in sella vincevo di più che con la palla e in pi­scina. Da allora il ciclismo è il mio mon­do, parte integrante della mia vita, lavoro, passione e l’attività fisica mi­gliore che si possa svolgere. Fa bene al fisico e permette di stare all’aria aperta».

Prima gara della vita?
«Da G3, con una biciclettina completamente grigia, a Inverigo. Vinsi arrivando tutto solo. Da piccolo, come tutti i ragazzini che praticano ciclismo, so­gnavo un giorno di arrivare al professionismo. Ora penso a costruirmi una bella carriera, fatta di successi sportivi e privati. Dal punto di vista tecnico, mi ritengo un atleta completo: riesco a tener bene in salita e a cronometro mi difendo. In una volata con un gruppo ristretto posso dire la mia. Da giovanissimo ho vinto davvero tanto, il titolo di Campione Europeo da ju­nior a Hooglede Gits nel 2009 mi ha portato alla ribalta, ma sono cresciuto in ma­niera serena e ho avuto la fortuna di avere al mio fianco persone abili nel trattare i giovani. Ho portato a casa il diploma di geometra, dai primi stipendi ho messo da parte quello che riuscivo per costruire casa con Ilaria e crearci una famiglia. Apprezzo le piccole co­se della vita. Mi piace cucinare, soprattutto piatti salati e dolci. Vado forte con il tiramisù e le crostate, queste ultime per noi ciclisti attenti al mangiare sano vanno benissimo. Mi diletto con il bricolage, mi piacciono i lavoretti di casa, come imbiancare e sistemare le cose rotte».

Come stato l'impatto in casa Bardiani Csf?
«La squadra mi ha fatto subito un’ottima impressione, è molto organizzata, a livello di una formazione World Tour, e allo stesso tempo l’ambiente è familiare, ci conosciamo un po’ tutti, ho perfino ritrovato al mio fianco compagni con cui avevo già cor­so da dilettante e junior. Non potevo chiedere di meglio per questa mia “r­i­par­tenza”. Spero di poter correre la Mi­lano-Sanremo, la corsa dei miei so­gni insieme alle Classiche delle Ar­denne, e la Tirreno Adriatico, ma so­prattutto di debuttare al Giro d’Italia. Al quinto anno da professionista vorrei mettermi alla prova in una grande corsa a tappe. Spero sia l’anno buono, sarebbe fantastico essere tra i girini protagonisti dell’edizione del centenario».

Che cosa chiedi a te stesso quest’anno?
«Delle belle prestazioni perché so che mi permetterebbero di conseguire ri­sultati importanti. Ad ogni gara partirò con il coltello tra i denti, non ho messo il famoso cerchiolino rosso su nessuna corsa in particolare. Alla fine del 2017 sarò contento se avrò partecipato al Giro e ottenuto qualche vittoria. Qualcosa di buono arriverà, lo sento».

Giulia De Maio, da tuttoBICI di febbraio
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COMMENTI
Umile e non ha mai mollato..
23 febbraio 2017 20:06 tuttibravii
Altri avrebbero dovuto aver un minimo di pazienza in più con questo ragazzo.. lui non ha mollato.. per fortuna altri credono in lui.. un bel corridore.. fora Luca..

Mi sorge un dubbio.
24 febbraio 2017 08:30 piuomeno
Sarà forse un articolo su commissione? Dico questo perché già altre volte leggo di questo atleta dal passato "giovanile" importante poi non confermato dopo il passaggio al professionismo (poco importano i successi nel deserto africano).
Attendo un suo acuto in terra di ciclismo, allora la menzione ha un senso.
Maurizio.

Caro Maurizio..
24 febbraio 2017 09:34 Fra68
Tanto di cappello alla redazione del sito che non commenta un lettore di questo genere.. come hai detto te ha avuto un passato importante e c e chi spera di vederlo riscattarsi perché se lo merita è un ragazzo giovane che ha avuto alcune difficoltà fisiche.. ha vinto 3 volte se non sbaglio il premio di questa rivista.. sarà più che lecito da parte del direttore scegliere di chi parlare? Poi se non simpatizzi x il ragazzo o la squadra è un altro discorso.. altrimenti se dovessi citare solo corridori importanti italiani parleremo solo di 4/5 nomi

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