AIMEC. Tavola rotonda:«Il parere del medico deve contare di più»

PROFESSIONISTI | 19/11/2016 | 11:56
La seconda giornata del 25° Convegno dell'Associazione Italiana Medici del Ciclismo (A.I.Me.C.) all’Hotel Cavallino di Faenza (Ra) ha regalato numerosi spunti interessanti sul ruolo dei dottori nel nostro movimento e non solo.

Dopo gli interventi dei dott. Angelini "La nutraceutica nel ciclista d'Elite", Capovilla "Epilessia e sport" e Pardini "Ipnosi applicata al ciclismo" si è tenuta la tavola rotonda dal titolo "La figura e la responsabilità del medico viste dalle altre componenti del mondo del ciclismo" a cui hanno partecipato il ciclista Filippo Pozzato, il team manager Roberto Amadio, il direttore sportivo Mario Chiesa, l'ematologo esterno della WADA Giuseppe D'Onofrio, i giornalisti Marco Bonarrigo (Corriere della Sera) e Luca Gialanella (Gazzetta dello Sport), il preparatore Leonardo Piepoli e l'avvocato Alessandro Lovato incalzati dalle domande del nostro direttore Pier Augusto Stagi e stimolati dagli spunti del presidente A.I.Me.C. Roberto Corsetti.


Ha aperto il dibattito D'Onofrio: «Prima di tutto volevo precisare che non è vero che i ciclisti ci fanno lavorare di meno, al contrario ci fanno lavorare di più perchè è più difficile scovare irregolarità. Detto questo nei casi anomali di passaporto biologico consiglio un ruolo più attivo del medico sportivo».


«Il ciclismo è da sempre all'avanguardia, lo è stato nella lotta al doping e lo sarà dal punto di vista organizzativo. La nuova riforma però per certi aspetti non è accettabile, come avere un preparatore per team ogni 10 atleti mentre quelli esterni alle squadre non hanno alcun limite e ne seguono 20 o 30. Si rischia di tornare a problematiche del passato. Secondo me un preparatore pagato da una squadra dovrebbe seguire solo gli atleti di quel team e i corridori non dovrebbero potersi rivolgere a elementi esterni» sottolinea Chiesa.

«Personalmente se domani trovo 10 milioni per organizzare una nuova squadra le prime figure su cui investirei sarebbero il medico, il capo ds e il preparatore. Nei miei 10 anni di ciclismo ho imparato che la scelta dei corridori e campioni è fondamentale e deve passare dall'avvallo del dottore per non incappare in spiacevoli situazioni. Dal 2017 nei team World Tour il medico avrà un ruolo ancora più chiave e dovrà essere promosso da una commissione UCI che in base a titoli di studio ed esperienza per essere ritenuto all'altezza» aggiunge Amadio.

«Partecipo da 10 anni a questo convegno e va sottolineato che questa categoria è l'unica sempre disposta ad aggiornarsi. Nel nostro ciclismo penso però che l'ultima parola non sia quella del medico. Quest'anno alla partenza del Giro d'Italia almeno 15 corridori fin dal via non erano in grado fisicamente di portare a termine le corse quindi questo sistema di selezione non funziona. Il vostro no deve valere» dice Bonarrigo rivolgendosi ai medici in sala.

«Secondo me bisogna fare un distinguo tra quello che accadeva 15-20 anni fa e quanto sta accadendo oggi che non c'è più ipocrisia. Nella massima categoria del ciclismo la professionalità è elevata, dobbiamo essere orgogliosi di quanto sta facendo il nostro movimento a livello internazionale. In campo italiano, nella seconda fascia, tra i problemi economici e quant'altro c'è ancora tanto da lavorare ma la strada è segnata» sostiene Gialanella.

Pippo Pozzato, a nome dei corridori, racconta: «I medici stanno facendo davvero tanto, grazie a Roberto e ai suoi colleghi per il loro contributo. Come avete ben detto tanto è stato fatto, ma possiamo ancora migliorare. Proposte? La presenza del medico dovrebbe essere sempre obbligatoria per le squadre professionistiche. A livello giovanile la mentalità è malata, la FCI dovrebbe entrare nelle scuole ed educare i tecnici. Non esiste che ragazzini affrontino allenamenti durissimi, siano più magri di Nibali e magari, come ho visto in un video pochi giorni fa, facciano dietro macchina a novembre alle 20.00 passate con il buio. Un'altra richiesta è per i giornalisti: lavoriamo tutti insieme, facciamo capire a tutti i nostri sforzi e quanto di buono ha il nostro ciclismo. Se la situazione italiana è disastrosa non è colpa solo dell'economia, a volte ci facciamo male da soli».

«Le squadre ciclistiche sono strutturate diversamente da quelle di altri sport, basti pensare che gli atleti di uno stesso gruppo si allenano sparsi in tutto il mondo. Le responsabilità del medico sono abnormi, può rispondere della salute dell'atleta ma deve seguirlo in prima persona e non può garantire per collaboratori esterni. Un campione è un capitale per la squadra che va tutelato. Gli esempi esposti da Marco e Filippo sono emblematici, dobbiamo dare un riferimento ai ragazzi, una guida e un rigore» è il contributo di Lovato.

Infine l'intervento di Piepoli, la cui presenza è stata fortemente discussa per il suo passato da ciclista con una conclamata positività, che ha conquistato la platea: «Amo il ciclismo per questo ho deciso di restare nell'ambiente, volevo mettere a frutto la mia esperienza mettendola al servizio dei giovani e lo sto facendo. La figura del medico nel corso della mia carriera è cambiato molto: è passata da assente, a presente e attivo in un processo negativo, a guida del corridore per impedire di commettere errori. Lo sport non è solo numeri e soldi, perciò secondo me è vero che il medico deve avere un ruolo chiaro ma deve anche essere sensibile e appassionato. Secondo me inoltre bisognerebbe instaurare un filo diretto tra medici, allenatori e CADF per fare sistema e responsabilizzare ancora di più chi affianca l'atleta. Favorirebbe il lavoro di medico e responsabilizzerebbe tutti, evitando il ricorso di allenatori occulti».

Hanno concluso il meeting nazionale le relazioni dei dottor Raugei "Nuove acquisizioni nella patogenesi e nel trattamento dell'endofibrosi dell'arteria iliaca nel ciclista", Mori "News nel trattamento delle lesioni traumatiche cutanee del ciclista", Piazza "Patologie urogenitali nel ciclista".

da Faenza, Giulia De Maio

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COMMENTI
19 novembre 2016 19:59 VociDalGruppo
Fa specie il commento del DS Chiesa. Ci si stupisce che gli atleti si appoggino ad allenatori esterni. E' sempre stato così, forse perchè il rapporto allenatore atleta si crea negli anni ed è difficile cambiare soprattutto se ci si trova bene. Oppure forse perchè le squadre non hanno allenatori in grado di saper allenare ? Se ci deve essere 1 ds per ogni 8 corridori probabilmente ci dovrebbero essere almeno 3-4 allenatori per ogni squadra. E chi li paga ? A che tipo di problemi ci si riferisce ? Mi pare che i problemi in passato li ha avuti una squadra dove lui ha lavorato ed alcuni dei suoi atleti andavano da Ferrari. Ma lo stesso problema non è per i medici ? Perché ci sono medici che "curano" (nel senso buono della parola) atleti di diverse squadre. Non dovrebbe valere anche per loro questa regola ? Se ci deve essere un'etica professionale per gli allenatori ci deve essere anche per tutte le altre figure che compongono la squadra, dall'allenatore al medico al massaggiatore. Comunque vorrei far presente che anche nel calcio ci sono allenatori "personali" ma non mi sembra che ci siano i problemi a cui Chiesa fa riferimento.

Scrivimi. - VociDalGruppo
20 novembre 2016 17:33 Mario Chiesa
Fanno più specie i commenti come i tuoi quando non sai cosa ho cercato di Fare o fatto.
Mi piacerebbe scambiare 2 parole con te
Personale é non dietro un nome .... VociDalGruppo
Aspetto 2 righe
mario.chiesa66@gmail.com
A presto

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