Di Rocco risponde ai quattro presidenti «illuminati»

| 03/09/2008 | 13:30
Carissimi Presidenti, sono rimasto veramente impressionato dalla Vostra lettera del 17 agosto 2008.(1) Forse dovrei sentirmi lusingato del potere che mi attribuite. Ma, vista la forte dose di disinformazione, sono propenso a credere in uno scambio di destinatario. Infatti, non sono io che ho concepito, gestito e cercato d’imporre la formula ProTour che i gruppi sportivi, gli atleti e gli organizzatori hanno respinto ritenendola contraria ai loro interessi e a quelli del ciclismo mondiale. Non è colpa mia se gli sponsor, compresi i nuovi da voi citati, ritengono fondamentale per il loro investimento la partecipazione al Tour de France, Giro d’Italia, Giro di Spagna, Parigi-Nizza, Milano-Sanremo, Giro di Lombardia. Ho forse cercato io di vendere ai team un “pacchetto” di corse di cui non sono proprietario applicandoci sopra l’etichetta “ProTour”? Non dovete convincere me. Dovete convincere i nuovi sponsor, quelli calamitati dalla “mondializzazione”, che il futuro è altrove, che possono fare a meno di quelle corse e degli atleti appartenenti alle Federazioni da voi ritenute volte al passato. La stessa Uci ha preso atto del presente e finalmente si è aperta al dialogo per cercare nuove formule meno velleitarie e irrealistiche. Perciò, cari Presidenti, fossi stato io l’artefice del misfatto, davanti al fallimento dell’operazione avrei tratto subito le conseguenze senza attendere il Vostro consiglio, per rispetto di me stesso e dei pochi che avessero avuto la cattiva idea di nominarmi. Ma io non parlo né opero a titolo personale e devo solo rispondere ai tanti che mi hanno eletto. Da loro ho ricevuto il mandato di esprimere democraticamente il punto di vista del ciclismo italiano sull’attuale crisi del ciclismo professionistico mondiale. Vi piaccia o no, lo faccio e lo farò ancora, perché è un sacrosanto diritto. (2) Quali privilegi staremmo difendendo a scapito dei paesi che rappresentate? Forse quello di ospitare corse di tutte le categorie, alle quali partecipano atleti provenienti da tutti i continenti? Oppure quello di avere squadre di tutte le categorie, in cui militano e fanno esperienza tanti vostri giovani? Quello di mettere a disposizione strutture di accoglienza che atleti di tutto il mondo, non solo appartenenti al ciclismo, utilizzano per stage e allenamenti? (3) Noi abbiamo il più grande rispetto per le corse che si svolgono nelle altre nazioni e siamo felici di concorrere alla loro valorizzazione con le nostre rappresentative. Ma per favore, non fateci colpa dei grandi eventi sportivi organizzati nel nostro territorio. Sono i migliori ambasciatori per lo sviluppo del ciclismo. Sponsor di caratura mondiale lo hanno capito e per questo, nonostante tutti i problemi, ritengono vantaggioso investire sul ciclismo anche grazie e soprattutto alla presenza delle corse “storiche”, che evidentemente non giudicano obsolete, ma trainanti. Vi ricordo, inoltre, giusto per la precisione, che di tutti gli introiti della gestione del ciclismo di alto livello – e stiamo parlando di milioni di euro – non viene distribuita neppure una piccola parte alle federazioni nazionali europee. Anzi, devono sopportare con le loro risorse tutti i costi di gestione dei propri movimenti, che sono poi il serbatoio del ciclismo professionistico internazionale. Infine, sul doping poche parole. Il fenomeno è globale e ciascuno ha le sue pene. I fatti dimostrano che in Italia lo stiamo affrontando seriamente e senza guardare in faccia a nessuno. Mi auguro per il bene del ciclismo che altrove si faccia altrettanto, con lo stesso impegno, lo stesso impiego di mezzi e di risorse e con lo stesso rigore. (4) Ma c’è una cosa peggiore del doping: l’uso politico del doping stesso, nel tentativo di intimidire gli interlocutori poco graditi. In Italia lo abbiamo già sperimentato e lo abbiamo impedito. Fatelo anche Voi. Renato Di Rocco NOTE A MARGINE 1) Datata 17 agosto, da me ricevuta il 21 agosto. Malizia per malizia, potrei pensare che l’anticipo di data al giorno precedente la conferenza stampa del Presidente dell’UCI a Pechino non sia del tutto causale. Tanto più che Pat McQuaid in quella ha conferenza ha completamente annullato quanto da Lui scritto a tutte le Federazioni il 16 luglio 2008. Ciò avrebbe tolto qualche argomento alla Vostra lettera, che ritengo sia stata scritta a Losanna, mentre la mia, Vi confermo ed assicuro, è stata scritta a Parigi. La differenza è che nelle mie lettere riporto quanto appurato di persona, mentre con ogni probabilità Voi scrivete in base alle informazioni parziali abitualmente rese dall’UCI. Mi meraviglio, inoltre, ma non più di tanto, che quattro Confederazioni scrivano a 6 Federazioni nazionali di un altro continente senza informare o rendere partecipe il loro collega presidente della Confederazione Europea. Impartire poi lezioni di opportunità e di rispetto è una bella pretesa! 2) La dialettica democratica è il sale del progresso in ogni organismo. Lo Statuto UCI non solo consente, ma sollecita l’interscambio tra le Federazioni. associate. Perché la libera espressione di idee fa tanta paura? Forse, avendo scritto la Vostra lettera in pieno clima olimpico, questa censura è una sorta di “sindrome cinese”? Eppure l’UCI ha sede in Svizzera, dove il concetto di democrazia, è ampiamente acquisito, anche se poi questo ente non sempre lo applica. Chiedere per credere ai Vostri colleghi su come si è svolto il Direttivo UCI ad Amsterdam. Volete sapere il mio vero obiettivo? Semplice: il rispetto delle Federazioni affiliate all’UCI, nello spirito della partecipazione costruttiva che dovrebbe animare il nostro organismo. Se andate a rileggervi tutti i comunicati UCI, soprattutto per quanto riguarda il ProTour, non si fa mai riferimento fra i soggetti protagonisti del movimento alle Federazioni nazionali, cioè ai soci istituzionali dell’UCI. Ma l’elenco delle situazioni in cui le Federazioni non vengono mai coinvolte né consultate è lungo: passaporto biologico, definizione coppe del mondo, programmi attività su pista, iniziative per lo sviluppo del ciclismo nel mondo, ed altro. Le Federazioni contano solo quando ci sono da versare quote di affiliazioni, di tesseramento, diritti vari, contribuzioni per organizzare campionati del mondo, tasse per i controlli medici. Sono quindi io che chiedo a Voi, eletti dalle Federazioni nazionali, come mai questo possa avvenire. Difendere il ruolo di ciascuna Federazione dovrebbe far parte del Vostro compito e invece lo contestate! 3) Anche i profani sanno che in Europa esiste qualche squadra con sponsor multinazionale, magari anche con licenza ProTour (Agr2, Caisse d’Epargne, Cofidis, Euskatel, Francaise des Jeux, Lampre, Liquigas, Quick Step, Rabobank, Scott,Silente Lotto, tanto per citare), oppure nell’ottica dell’UCI ProTour sono già state assegnate a nazioni di altri continenti? In Italia non abbiamo voluto affiliare almeno 16 squadre Professional/Continental per rispetto e credibilità della nostra tradizione. Squadre che hanno contribuito alla globalizzazione affiliandosi in nazioni straniere anche fuori dall’Europa.Oltre 100 corridori italiani corrono in squadre straniere. Ospitiamo circa 140 atleti(uomini e donne) inseriti nei nostri gruppi sportivi (elite non a contratto) appartenenti a ben 32 nazioni.Oltre a nove squadre nazionali anche di paesi da globalizzare (Australia,Gran Bretagna e Russia). Spiegate a loro che il Vostro accattivante invito alla Fci di lasciare l’UCI è volto a favorire la crescita del ciclismo nel mondo! 4) Fatemi capire. Grazie al fantastico criterio di tesseramento e affiliazione ideato dall’UCI i meriti degli atleti italiani vanno in conto ad altre nazioni e gli eventuali demeriti a carico della Fci? Casi di doping:Piepoli-Montecarlo (e comunque non risultano procedimenti aperti nei suoi confronti), Riccò-Spagna, Sella-Irlanda. Dei nomi indicati solo la Bastianelli si può addebitare all’Italia,.anche se la sostanza incriminata non è assimilabile ai casi precedenti. Certo, quando si cerca si trova. Ma Vi lancio una sfida: in nome della trasparenza e della certezza del diritto (giustizia uguale per tutti) siete disposti a chiedere all’UCI un rapporto dettagliato su numero, quantità e qualità di controlli effettuati durante l’anno nei confronti degli atleti di tutte le nazioni e di tutte le specialità ciclistiche? Perchè se dovessero risultare concentrazioni mirate in alcune direzioni e “zone franche” qualche dubbio sarebbe più che legittimo. Ritenete questa proposta equa o sconveniente?
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