2 agosto 1998, Marco Pantani re di Parigi

| 01/08/2008 | 09:49
Il 2 agosto 1998, 33 anni dopo Gimondi, Pantani vinceva il Tour de France. Oggi, dieci anni dopo, ci si può ritrovare più giovani, o più vecchi, o incredibilmente non trovarsi più, sulle pagine di allora. -PARIGI - Il miracolo è lì, la prima domenica di agosto. Pantani vestito da atleta, Gimondi in abito borghese, sul gradino più alto del podio del Tour. Insieme. Il miracolo è lì, 33 anni dopo, come una pietra miliare che fa da bivio, Pantani non era ancora nato nel 1965, pensateci. Ma ora hanno la stessa età che ha la felicità. Nell'apoteosi del più sontuoso boulevard della storia, senza l'obbligo romantico del giro di onore al Parco dei Principi, come fu allora per Gimondi, i fiori hanno lo stesso profumo di sempre. E' un profumo di ginestre, certo, di gladioli. Il miracolo si schiude lì, il pizzetto e la maglia dipinti di giallo, quando un cielo di Francia da piovoso sa diventare trepidamente solare e poi d'un tratto, come fosse un arcobaleno, si vernicia di tricolore: bianco rosso verde, come la maglia di Tafi. Sui Campi Elisi, sotto l'Arco di Trionfo, dove si aspettava a luglio una Nazionale di calcio, è arrivato in testa per distacco l'Internazionale del ciclismo. Primo, Pantani, il resto è disperso per i tornanti del colle, il resto è un elenco telefonico, il resto, non solo quello del ciclismo, è il Resto del Mondo: ed il sogno ha il sospeso spessore di quando ci si ridesta nella realtà. Sogno o son desto? Primo, Pantani. Primo, al Giro ed al Tour in uno stesso anno. Arriva secondo, per modo di dire, fra gli italiani. Mai secondo, però, se il primo si chiamava Coppi, ed era 'hors categorie', Pantani...Era il 1952, quanti anni avevo io, quanti voi, non lo so... Ma come Fausto Coppi corre ancora nei cinegiornali di allora, la vita un rosario da sgranare, il suo colle il Puy de Dome - la Montagna del Signore -, così un giorno Marco Pantani galopperà nel cyberciclismo che non vedremo. E se non ci saranno bici, ci sarà ancora musica, almeno nel 2023, poniamo o no? E ieri il tempo si alzava in piedi di fronte alle note di una canzone maestosa. L'inno di Mameli non è un contratto miliardario, sul viso e nello sguardo di quello che chiamarono un giorno 'Elefantino' ed un altro giorno 'Pirata', ma è la chiave di lettura meravigliosa di quegli occhi che diventano lucidi, gioiosi, bambini. Italiani. (Ma sono lucidi i suoi occhi, o anche i nostri?). Primo, primissimo, Pantani, pure così minuto, a Parigi, lui tra Ullrich ed Julich... E da oggi, Marco, ha le ali spiegate, battezzate di un condor, che un giorno era solo un passerotto fragile. Ed il suo volo a planare, però, è un volo a salire. La sua bicicletta, in un angolo come la nostra, sta imparando a scalare il cielo. Gian Paolo PORRECA (Il Mattino, 3 agosto 1998)
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