Si parte sempre da lontano. A piedi, in bici, in bus. Dalla culla, dall’infanzia, da casa. In questo libro parto dal fondo, dalla terzultima pagina. C’è una Polaroid, a sinistra “il Berni”, a destra Gino Bartali. Al Salone del ciclo, Milano, novembre 1993. Si stringono le mani. “Il Berni” guarda Gino Bartali, Gino Bartali guarda l’obiettivo, ma ha gli occhi chiusi. Se fosse stato un telefonino, sarebbero stati fatti altri scatti, compreso quello in cui Gino Bartali aveva gli occhi aperti. Ma con la Polaroid, lo scatto era uno soltanto, questo, con gli occhi chiusi, amen. La Polaroid è valorizzata e autenticata dal riconoscibilissimo autografo del campione.
Enzo Bernasconi, “il Berni”, aveva già cominciato la sua avventurosa vita a pedali. Era il 1989 quando, a 32 anni, con il viaggio aziendale, scoprì non tanto la Puglia, quanto la bicicletta. Da allora non si è più fermato: Jugoslavia, Irlanda, Finlandia, Tunisia, Austria, Corsica… nuove classiche come la Cesate-Parigi e la Cesate-Essaouira, la Vigevano-Mont Ventoux e la Milano-Terranova da Sibari, scampagnate come in Nuova Zelanda e in Patagonia, gite sulla Romantische Strasse o sull’anello veneto, feste di compleanno come la 50H per 50 anni… Giordania? Sì, nel 2008. Tanzania e Kilimangiaro? Certo, nel 2023. E l’Islanda? Figurarsi, già nel 2006.
Solo o in compagnia, in ciclostaffetta o con un gruppo di artisti, “il Berni” va. Senza fretta, senza tabelle, senza ansie da prestazioni. Autonomo, autarchico, autosufficiente. Bici e macchina, fotografica, s’intende, e un taccuino su cui annotare date, incontri, chilometri, pensieri, poesie, canzoni. Da tutto questo cicloviavai, cicloandirivieni, ciclosottosopra, ciclostile, cicloattivismo, ciclostinazione, è nato un librone, orizzontale nel senso che è più largo che alto, pesante da sostenere ma leggero da leggere, 256 pagine e 350 fotografie, più mappe e didascalie, un caleidoscopio in cui frullano la bici di Che Guevara (ad Alta Gracia in Argentina) e il più grande deserto di sale al mondo (quello di Salar de Uyuni in Bolivia), la Avenida José Mourinho (in Portogallo) e la statua sul Col du Tourmalet (aria sottile del Tour de France), il “Marco Polo” di Jovanotti e la Fondazione Michele Scarponi, la Pamir Highway (nel Tagikistan) e un b’n’b a Montefiascone (la Tuscia viterbese), un muro su cui è stata scritta in vernice bianca l’autocertificazione “siamo disoccupati ma sportivi” e le bellissime illustrazioni di Alberto Ipsilanti.
Il bello è che il librone - biciscritto, bicifotografato e biciprodotto - non è neanche in vendita. Per saperne di più comunque ci sono pagine Facebook e Instagram e filmati YouTube.
“Il Berni” non se la tira, non se la mena. Lui pedala. E a chi gli chiede (e sono tanti con la stessa domanda) “ma come fai a pedalare per tutti quei chilometri e tutti quei giorni?”, lui risponde subito “un chilometro alla volta, giorno dopo giorno”.
Sarà vero che la felicità, anche la bicifelicità, sta sempre nel prossimo viaggio?
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