L'ORA DEL PASTO. I MILLE COLORI, LE MILLE FIGURE, LE MILLE FIABE DEL GIRO D'ITALIA

LIBRI | 30/09/2024 | 08:12
di Marco Pastonesi

Chi c’è su quelle moto che aprono e invadono la strada? A che cosa servono quelle transenne montate ai bordi della strada? Che cos’è quella carovana di strani veicoli e squillanti clacson?


Che cosa fanno quei duecento corridori colorati? Di chi sono le macchine che li seguono e perché sul tetto hanno delle biciclette? Ma c’è anche un’ambulanza? E un elicottero?


Che cosa mangiano i corridori? Dove dormono? Come si vestono? Chi sono i capitani? E gregari? Quali sono i loro compiti? A chi si dà la maglia rosa? E quella ciclamino?

Il Giro d’Italia è storia a pedali e geografia a pedalate, è scienza raggiante e religione rotonda, è educazione fisica e anche civica, è letteratura itinerante e spettacolo stradale, è un istante allungato all’infinito e reso indimenticabile. Ma per un bambino, il Giro d’Italia può essere un gran bel mistero.

In attesa del nuovo Giro, ecco “Il Giro d’Italia illustrato”. Lo hanno scritto Albano Marcarini e Gino Cervi, lo hanno disegnato i 2Bros Creative, lo ha pubblicato Quinto Quarto (132 pagine, 25 euro), spiegandolo ai bambini: “trasforma il nostro Paese in un grande velodromo”. “Una specie di abbecedario – premettono Marcarini e Cervi - pensato per chi conosce già la Corsa rosa ma soprattutto per chi vuole scoprirla per la prima volta”. E allora ecco i direttori e il villaggio, ecco la bicicletta della prima edizione, anno 1909, e quella di oggi, anno 2024, ecco la figurina del fisioterapista e quella del meccanico, ecco il velocista e lo scalatore, ecco Bartali contro Coppi e Moser contro Saronni, c’è pure Alfonsina Strada, l’unica donna ad aver mai corso il Giro degli uomini, c’è addirittura Luigi Malabrocca, la maglia nera, che invece di gareggiare per il primo posto, s’ingegnava per conquistare l’ultimo.

Il Giro d’Italia è anche una fiaba. Quella Cuneo-Pinerolo del 1949, quando Fausto Coppi volò via (non era l’Airone?). Quei “vitelloni” del gruppo che nella Napoli-L’Aquila del 1954 lasciarono andare in fuga (fu battezzata fuga-bidone) Nino Assirelli e lo svizzero Carlo Clerici, e il vantaggio cresciuto a dismisura sarebbe diventato incolmabile. Quell’Emilio Casalini, professione gregario, che nella tappa del Monte Grappa del 1968 sfruttò la sua giornata di libertà (sarebbe stato soprannominato “il fante del Grappa”) e, senza volerlo, imprigionò il suo capitano Eddy Merckx. Una fiaba, tante fiabe, tutte autentiche.

 

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