La bicicletta è un mezzo di spostamento e allenamento di rara versatilità. La si può utilizzare nei contesti più differenti e può essere sfruttata per gli scopi più disparati da un numero pressoché sterminato di persone. Fra i tanti esempi che possono confermarlo rientrano anche quelli di Mattia Casse e Guglielmo Bosca, azzurri della Nazionale Italiana di Sci Alpino che, in vista della stagione invernale, non si esimono dall’inforcare i propri mezzi targati CBT Italia per mettere assieme durante l’offseason un corposo quantitativo di lavori e chilometri. Il loro impiego delle due ruote tuttavia, in questo caso, va oltre le mere finalità lavorative dato che entrambi, come ci hanno raccontato, non si perdono le grandi corse e, più in generale, hanno coltivato negli anni una forte passione per il mondo del ciclismo. Ecco, dunque, cosa ci hanno detto a riguardo.
Che rapporto avete con la bici e come la usate.
Mattia Casse: «Sicuramente negli ultimi anni il mio rapporto con la bici è cresciuto. Tutto è iniziato da piccolo con mio padre che, oltre a quella per lo sci, mi ha trasmesso anche la passione per le due ruote. Oggi la bici è parte integrante dei miei allenamenti, prediligo uscite brevi, da 50 o 70 km, ma intense, abbastanza veloci e sostenute. È un’attività che mi serve anche per alleggerire le articolazioni che vengono messe sotto pressione sia durante l'anno che quando lavoriamo coi pesi. La bici dunque, oltre che per allenarmi, la uso in parte anche a scopo terapeutico sebbene vi siano sempre dei contro perché alcuni muscoli non vengono usati nel modo corretto».
Guglielmo Bosca: «La bici per me è più uno strumento di lavoro, un mezzo con cui devo far fatica quindi avere un esemplare come quello fornito da CBT Italia che è stupendo e molto efficiente mi aiuta ad essere molto più sereno e rende tutto più piacevole».
Fate anche dei lavori specifici durante le vostre uscite?
C: «Sì ma ho sempre pensato di lavorare quasi meglio sui rulli perché essendo pesante e non uscendo così spesso mi risulta difficile mantenere con costanza certi valori. Lavorando coi watt, possiamo fare degli all out di 20 o 30 secondi seguiti da recupero oppure, sui rulli, lavori impostati su un determinato range di wattaggio. Questo tipo di esercizio trovo venga meglio indoor mentre su strada faccio più fatica anche perché esco sempre con gente che fa 7.000-10.000 km all’anno e con loro mi trovo sempre al gancio quindi non riesco a svolgere chissà quali lavori. Se tuttavia devo fare delle cose un po' più specifiche, in quel caso allora esco da solo un'ora e mezza».
B: «Faccio lavori metabolici. In particolare, all’inizio della stagione, svolgo lavori più incentrati sul piano aerobico, più avanti lavori a intervalli maggiormente rivolti all’anaerobico. A inizio preparazione mi piace molto fare anche qualche giro per puro piacere tra le colline della mia zona, però è soprattutto un mezzo di lavoro che adopero per allenarmi in offseason tant’è che da novembre in poi non la tocco più».
Di solito con chi uscite? In compagnia o da soli?
C: «Esco in compagnia perché trovo sia più bello. Pedalo in particolare con la sezione di Bergamo dello Swatt Club, il gruppo con cui ho fatto anche la 24 Ore di Feltre».
B: «Dipende un po' da dove sono. Quando sono tra le colline esco o da solo o con mio fratello, invece quando siamo in ritiro con la squadra usciamo tutti assieme, ci mettiamo a menare, ci spingiamo l’un l’altro ed è davvero divertente. In compagnia, anche se alla fine devi far fatica alla fine, ogni giro diventa più bello».
Ti capita mai di incrociare o uscire con dei professionisti?
C: «Il mondo del ciclismo lo bazzico. In passato ho pedalato con Pozzato, Trentin, Cattaneo...non con Colbrelli perché purtroppo nel momento in cui ci siamo conosciuti ha avuto il problema al cuore. Ho pedalato anche con Bettiol. Quella volta mi trovavo a Bormio, mentre lui insieme ad altri era a Livigno in ritiro, così un giorno ci siamo beccati in giro. Quando mi sono agganciato, lui andava “piano”, intorno alle 130 pulsazioni, perché stava ancora recuperando da un malanno. Ad ogni modo, arrivati oltre i 2000 metri, io mi sono piantato completamente, lui mi ha recuperato e mi ha fatto ridere perché, mentre io ero al gancio, lui praticamente passeggiando mi ha detto “dura, eh?”. Ovviamente è normale, questo è il loro mestiere, è come se venissero a sciare con me, però a me diverte mettermi in gioco anche se so che vado piano (al massimo mi aspettano)».
B: «In realtà no, non mi è mai successo. Conosco qualche professionista, però in bici capita più che altro di incrociare atleti di altri sport. Un esempio è Tommaso Dotti, lui fa short track, è appassionato di ciclismo e va veramente forte».
Ammirate qualche corridore in particolare o seguite con particolare interesse qualcuno dei campioni che sono oggi in gruppo?
C: «Sono cresciuto con i Cipollini, i Petacchi e i Nibali, mentre in tempi recenti ho seguito tutto quello che ha fatto Sagan ma anche Cavendish. Oggi ci sono i vari Pogacar, Van der Poel, Pidcock, Vingegaard, Bernal che non hanno bisogno di presentazioni».
B: «Mi piace Van Aert perché mi sembra possa fare qualsiasi cosa e mi stimola molto. Forse perché vedo uno che ha un fisico un po' più importante e comunque in salita riesce, ogni tanto, a fare dei lavori pazzeschi e quello mi sorprende davvero tanto. Poi ovviamente è incredibile vedere Pogacar e Vingegaard: la differenza che riescono a fare sugli altri è impressionante, sono pazzeschi».
Vi capita spesso di seguire le gare in televisione?
C: «Le seguo e le ho sempre seguite tutte perché il ciclismo mi piace. Mia moglie magari non è molto contenta quando mi alleno tutta la settimana e poi, piuttosto che andare a fare una passeggiata, sto davanti alla televisione per seguire la Roubaix, il Fiandre, il Giro o il Tour ma vabbè. Quando ero più giovane e stavo a Tarvisio sono andato sullo Zoncolan ed è stato bellissimo: se sarà inserito nel percorso il prossimo anno ho già detto che mi ritaglierò del tempo per andarci. Un’altra bella esperienza l’ho fatta l'anno scorso quando sono andato a commentare una tappa del Giro d’Italia per Eurosport con Riccardo Magrini, Luca Gregorio e Moreno Moser: è stato molto interessante fare la diretta integrale con loro».
B: «Sì, quando ho un po' di tempo, nei pomeriggi che sono a casa, mi piace sintonizzarmi e seguire le gare, Grandi Giri e classiche Monumento soprattutto. Una volta sono andato ad assistere a una tappa dal vivo (era una frazione che arrivava allo Zoncolan) e in quella circostanza ho avuto l'opportunità di seguirla da una macchina: è stato veramente bellissimo perché, quando riesci a vedere dal vivo le gesta dei ciclisti, ti rendi conto per davvero della fatica e dello sforzo che fanno. Ho visto anche la tappa del Giro d'Italia 2019 che arrivava a Courmayeur con la vittoria di Carapaz. A tutto questo poi l’anno scorso ho aggiunto la visione della serie su Netflix del Tour de France: mi ha appassionato molto, l’ho trovata molto ben fatta e mi è piaciuta parecchio».
Il momento più bello, legato al ciclismo e alla bicicletta, che avete vissuto?
C: «Ho scalato lo Stelvio da entrambi i lati italiani, l'Alpe d’Huez (mettendoci una vita e facendo una fatica bestiale), sono stato sullo Zoncolan da giovane...ma su tutti il momento più bello resta quando sono stato sull’ammiraglia della Bardiani al Giro nella tappa che partiva da Lovere. Quella volta in macchina c’erano Donati e un altro direttore sportivo di Bergamo e facendo un bel pezzo con loro mi sono davvero divertito, è stato veramente bello».
B: