DOSSIER AFRICA. UN CONTINENTE CHE PREPARA IL FUTURO DEL CICLISMO

REPORTAGE | 10/12/2022 | 13:46
di Francesca Monzone

L’Africa va veloce e per farlo ancora meglio ha scelto le ruote di una bici da corsa: non è un caso che nel 2025 il continente ospiterà per la prima volta nella storia i Campionati del Mondo di ciclismo, in Ruanda.


Biniam Girmay è il simbolo di un Continente antico che sta cambiando, è il primo africano ad aver vinto una Classica fiamminga, la Gand-Wevelgem, ma è stato anche primo nero africano a vincere una tappa al Giro d'Italia. Eritrea, Kenya e Ruanda, dopo il Sudafrica, sono i Paesi che più di altri stanno investendo nel ciclismo, uno sviluppo anche dal resto del mondo, con le squadre World Tour che hanno deciso di creare delle Academy.


L'Eritrea deve in realtà la sua crescita prima alla contaminazione italiana, che ha portato nel Paese la cultura per il ciclismo, e poi all’UCI che ha cominciato a far seguire da vicinogli atleti  da preparatori e osservatori del centro di sviluppo dell’ UCI per il loro enorme potenziale fisico. Attualmente l’Eritrea è la seconda nazione africana dietro al Sudafrica nella classifica mondiale UCI e la sua crescita si inizia a vedere anche nel settore femminile, in particolare con Monalisa Araya, 19 anni, che vanta già il titolo di campionessa nazionale.

Se Girmay è senza dubbio ad oggi il corridore africano più vincente, prima di lui sono arrivati campioni come Merhawi Kudus e Daniel Teklehaimanot, i primi nel 2015 a partecipare al Tour de France. Teklehaimanot ha persino indossato la maglia a pois per qualche giorno e il presidente dell’Eritrea, come segno di gratitudine, gli ha offerto un appartamento ad Asmara.

Oggi in Africa tutto sta cambiando velocemente grazie agli investimenti stranieri: dopo aver scoperto i talenti della maratona e delle corse di resistenza, ora è evidente che l’Africa è forte anche nel ciclismo.

C’è il desiderio di adeguarsi alla cultura europea, ma allo stesso tempo non si vogliono tagliare i contatti con la propria terra. A dimostrarlo è proprio Girmay, che non ha seguito la sua Intermachè Wanty Gobert nel ritiro spagnolo per rimanere a casa, dove però, non accetta di essere fotografato con la bandiera dell’Eritrea. «Chiederemmo a Van Aert di posare una bandiera del Belgio? - aveva detto Girmay in un’intervista la scorsa settimana -. Non credo sia necessario, tutti sanno da dove vengo, ora voglio essere un corridore come gli altri».

Grazie ai successi del ventiduenne Biniam, l’Eritrea ha avuto una vera e propria esplosione di iscrizioni da parte dei più giovani, ma anche in Ruanda e Kenya i numeri sono in forte crescita.

A dare uno scossone al ciclismo keniano non è stato un ciclista, ma bensì un maratoneta. Si tratta di Eliud Kipchoge, il detentore del record mondiale sulla distanza dei 42,195 km che nel suo Paese - grazie al supporto della Ineos Grenadiers - sta creando una Academy per scovare nuovi talenti nel ciclismo. Eliud Kipchoge, con due titoli olimpici e l'attuale record mondiale di maratona conquistato a Berlino, probabilmente è il miglior maratoneta di sempre e a Kaptagat, dove si trova anche la sua accademia di atletica, sarà aiutato da Valentijn Trouw. L’olandese è il coordinatore sportivo della Ineos e in precedenza aveva sostenuto Kipchoge a Vienna nel suo primato del 2019 quando, in un evento non competitivo, aveva coperto la distanza della maratona in meno di due ore. L’impegno in questa nuova academy, non distrarrà Kipchoge dalla corsa e il campione keniano si concentrerà sui Giochi di Parigi 2024, dove punterà a scrivere un’altra pagina importante della sua carriera, inseguendo la terza medaglia d’oro consecutiva nella maratona. Eliud Kipchoge corre a piedi, ma è pronto a scommettere che i keniani faranno anche la storia del ciclismo, se adeguatamente aiutati.

«C’è molto talento in Kenya – ha dichiarato Kipchoge – e con questa accademia offriremo l’opportunità per far crescere ulteriormente i nostri ragazzi. In questo modo potranno fare importanti passi avanti per conquistare le vette del ciclismo».

Il Ruanda nel ciclismo ha una storia completamente diversa, perché in quel Paese la bici è il principale mezzo di trasporto delle persone. Se un giovane vuole andare a scuola, spesso è costretto a percorrere anche 30 km al giorno per raggiungere il proprio istituto e per questo proprio la bici viene vista come quel mezzo che permette di accedere ad una cultura superiore. A capire per prima questo meccanismo, è stata la Israel – Premier Tech che dal 2019 ha iniziato a seguire una squadra di ciclismo femminile a Bugesera, non lontano da dove si è compiuto uno degli eccidi più violenti della storia dell’umanità.
La Israel – Premier Tech ha creato il progetto “Racing for Change”, dove i ragazzi e le ragazze di Bugesera, attraverso il ciclismo e 50 bici, hanno avuto accesso anche ad un programma scolastico. Il lavoro del team di Sylvan Adams è andato oltre: dopo aver creato una prima scuola di ciclismo, ha iniziato a costruire il più importante centro di ciclismo dell’intero continente africano. L’idea è ambiziosa, perché l’intento è quello di permettere a 10.000 giovani tra i 6 e i 18 anni di frequentare il centro del ciclismo e andare a scuola. Verranno coinvolte tutte le discipline del ciclismo, dalla BMX alla pista fino al ciclismo su strada e ci sarà anche una foresteria, affinchè squadre straniere possano allenarsi in Ruanda, usufruendo di una condizione climatica sempre favorevole.

Il Mondiale in Africa ci sarà nel 2025 e il Ruanda ha deciso di investire tanto in questo progetto, non solo a livello di strutture, ma anche con i propri corridori. A portare i primi risultati è stato proprio il settore femminile, grazie alle 11 ragazze di Bugesera seguite dalla Israel – Premier Tech, che nelle competizioni stanno dimostrando di essere tra le più dotate. Tra le 11 giovani talentuose, la più forte è la diciassettenne Aline Uwera, che dal distretto di Bugesera è arrivata fino ai Campionati Africani, dimostrando di essere una delle più forti del Continente. Aline sogna l’Europa, con il Tour de France e il Giro d’Italia e per lei e le altre cicliste africane, il sogno potrebbe diventare realtà, grazie alla Israel Premier Tech Roland, team femminile con sede in Svizzera e che da quest’anno vedremo correre nel World Tour. L’idea della nuova formazione è nata grazie al sodalizio tra Sylvan Adams e Ruben Contreras, che insieme hanno deciso di portare avanti un progetto legato al ciclismo femminile: l’obiettivo è offrire a giovani atlete provenienti da diversi Paesi in via di sviluppo l’opportunità di pedalare con cicliste già affermate, in modo da favorire ulteriormente la loro crescita.

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COMMENTI
Capitale umano
10 dicembre 2022 20:30 Miguelon
Il ciclismo in Africa sostenuto dall'Occidente, è pura estrazione di valore. E conseguente impoverimento. Dell'Africa. A guadagnarci ancora l'Occidente.

tutta l'Africa
13 dicembre 2022 05:51 tinapica
, almeno quella sub-sahariana, si muove molto su pedali.
Per cui trovar in questo la ragione per cui il ciclismo prosperi in Ruanda e non nel vicino Uganda non è così immediato.
Ci sarà qualche altro motivo, di investimenti, di interessi economici.
E, esimio Miguelon, senza lilleri non si lallera: per il momento la grana gira in Europa e poco più, è normale che i migliori talenti vengano qui.
Ma secondo me non c'è da disperare che il movimento ciclistico africano possa, entro un quindicennio, diventare paragonabile per esempio a quello australiano.

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