L'ORA DEL PASTO. LE GRANDI TRACCE DI ELIO TRIFARI

STORIA | 05/05/2022 | 08:03
di Marco Pastonesi

Sedeva alla destra di Candido Cannavò. O forse alla sinistra. Ma fa lo stesso. Era il braccio destro di Candido Cannavò. O forse il sinistro. Ma fa lo stesso. Era il vice di Candido Cannavò. L’altro era Roberto Milazzo. E non facevano lo stesso: se Milazzo si occupava del quotidiano, della prima pagina, della cronaca, Elio Trifari si dedicava al settimanale, dalla prima all’ultima pagina, alla storia e alla cultura. E Candido Cannavò, come un tallonatore sostenuto da quei due piloni del giornalismo sportivo, giocava poi a tutto campo. O come un velocista, protetto e proiettato da quei due gregari di lusso, vinceva poi braccia al cielo.


Domani alle 17 a Milano, nella Sala Fidal dell’Arena di Milano, viale Repubblica Cisalpina 1, un convegno ricorda la figura di Elio Trifari. Nato a Napoli il 17 marzo 1945, morto a Milano il 18 giugno 2021, alla “Gazzetta dello Sport” era un punto di forza, riferimento, sostegno. Aveva conoscenze enciclopediche, memoria storica, equilibrio umano, ironia letteraria, curiosità giornalistica. E una missione per la precisione che la velocità, la superficialità, la sciatteria minacciavano ogni giorno, ogni ora, ogni momento, soprattutto quando si declinava verso la chiusura della prima edizione del giornale.


Elio veniva dall’atletica, approdò all’olimpismo, sconfinò nel calcio, avrebbe potuto scrivere (e lo avrà anche fatto) – con la stessa approfondita e garantita sapienza – dal salto in alto da fermo al tiro alla fune, dal curling al Nacra-17. Si era laureato in Ingegneria, perdipiù elettronica, ma sapeva citare le foglie di fico sistemate dai corridori pionieri sotto i cappellini così come i guantoni ingessati dai pugili poco rispettosi delle nobili regole. Non l’ho mai sentito alzare il volume della voce e raramente modificarne il tono. D’inverno giacca e camicia, raramente cravatta. D’estate polo e sandali. Se Cannavò amava le luci della ribalta, Trifari preferiva le ombre dell’archivio. Sapeva riconoscere l’armonia della scrittura, ma anche i brividi della passione.

Trifari ha lasciato e tramandato grandi tracce di giornalismo sportivo: dai tre volumi di “Olimpiadi” (Rizzoli) al “Grande libro delle Olimpiadi” (Motta editore), dal “Magazine” (della “Gazzetta dello Sport”) ai “110 anni di gloria” (31 volumi sempre sulla storia della “Gazzetta”) e alle “Prime pagine” (ancora quelle della “Gazzetta dello Sport”). Scavando e riesumando, esplorando e scoprendo, divagando e collegando, rilanciando e rivisitando, termovalorizzando il passato prossimo e remoto. Regalando dignità a una materia – lo sport – ingiustamente considerata minore, secondaria, finale.

All’Arena, a ricordare Trifari, lo storico Sergio Giuntini e alcuni giornalisti della sua grande famiglia rosea.

 

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