3 APRILE 1949. COPPI E QUEL SUCCESSO STREGATO NELLA TORINO CHE LO ADORAVA

STORIA | 03/04/2020 | 16:10

 


Esattamente 71 anni fa, domenica 3 aprile 1949, si corre il 42° Giro del Piemonte, 303 chilometri con partenza e arrivo a Torino. E' la seconda gara di quella che sarebbe diventata la stagione "magica" di  Coppi, vittorioso al Giro e al Tour, alla Sanremo e al Lombardia. Reduce dal convincente successo conseguito quindici giorni prima nella Classicissima d'apertura, Fausto è il principale favorito. Ma il suo eterno rivale Gino Bartali, che l'anno prima aveva rivinto il Tour dieci anni dopo il primo successo nella Grande Boucle, non è ancora disposto ad abdicare. Per questo, quando Coppi allunga sul Moriondo, è proprio Ginettaccio l'unico a riportarsi con qualche affanno sul fuggitivo. Soli al comando, i due campioni si guardano in cagnesco, come avevano fatto sette mesi prima al mondiale di Valkenburg '48, dove si erano poi ritirati entrambi rimediando non solo una figuraccia ma anche una squalifica federale. Fausto invita il rivale a collaborare, Gino fa orecchie da mercante. Intanto il gruppo, trascinato da Fiorenzo Magni, rinviene e acciuffa i due litiganti. Poco dopo, sulla salita della Rezza, l'allungo decisivo è del reatino Adolfo Leoni, che fa il vuoto e trionfa al Motovelodromo con 3'50'' di vantaggio sul gruppo, regolato allo sprint da Coppi davanti a Magni, Maggini e Bartali.


Ad assistere all'arrivo, in corso Casale proprio vicino al cancello d'ingresso in pista, c'era Franzi Bertolazzo, figlio di Pierino, che era stato iridato dei dilettanti nel '29 a Zurigo, poi C.T. azzurro e quell'anno al seguito della corsa come direttore sportivo della Frejus. "Avevo solo 10 anni - dice Franzi - ma ricordo bene l'arrivo solitario di Leoni e poi la volata degli inseguitori, che sgomitavano per entrare in pista nelle prime posizioni. Ma quello che più mi è rimasto impresso è lo spettacolo della folla assiepata in corso Casale, anche nel tratto dopo il traguardo, fino al ponte di corso Regina. All'epoca infatti dopo le gare i corridori andavano a cambiarsi in albergo, che raggiungevano naturalmente in bicicletta. E così i tifosi potevano vederli da vicino e applaudirli anche dopo la corsa.  I corridori della Frejus andavano al Dogana Vecchia di via Corte d'Appello ed io, seduto sull'ammiraglia accanto a mio padre, mi sentivo un privilegiato".

Angelo Marello, anch'egli presente quel giorno al Motovelodromo, non aveva ancora compiuto 15 anni ma era già un tifoso sfegatato di Coppi. "Fausto ha vinto tutte le corse più importanti del mondo - ricorda Angelo, oggi apprezzato carrozziere dei vip - ma non ha mai avuto fortuna nelle classiche della sua regione, che gli hanno riservato solo amarezze. E anche tanto dolore, come avvenne al Giro del Piemonte del 1951, allorchè il fratello Serse, dopo essere caduto tra le rotaie del tram in corso Casale, risalì in bici e arrivò al traguardo. Ma in serata morì per un'emorragia cerebrale. Un dramma che ha condizionato il resto della carriera e anche la vita privata di Fausto".

da La Stampa - edizione di Torino a firma Franco Bocca

 

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