LA COPPIA DELL'ANNO

INTERVISTA | 24/01/2020 | 08:00
di Giulia De Maio

Nel 2020 Vincenzo Nibali e Giulio Ciccone saranno la coppia più bella del ciclismo italiano e, speriamo, del mondo. In vista delle feste natalizie e dell’arrivo dell’anno nuovo li abbiamo incontrati a Siracusa, presso il Monasteri Golf & SPA Resort, base della Trek Segafredo per il primo ritiro pedalato della stagione che sta per iniziare. Il vecchio e il giovane scalatore che quest’anno puntano decisi alla maglia rosa per poi ve­stire quella azzurra e farci sognare tra Giochi Olimpici e Campionato del Mon­do, ci hanno aperto le porte della loro stanza. Entrati ci siamo accorti che da un lato regnava l’ordine assoluto e dall’altro il caos più totale, vicino a entrambi i letti facevano bella mostra di sé bici e attrezzi per mettere le mani sulle loro due ruote. Lo Squalo dello Stretto e il Geco d’Abruzzo, per certi aspetti molto simili e per altri (come state per scoprire) diversi come il bianco e il nero, non solo per i 10 anni di differenza, si sono messi in gioco ri­spondendo a cuore aperto al fuoco in­crociato delle nostre domande. Tra ri­flessioni più serie e battute divertenti, il gruppo è avvisato.


Nibali più Ciccone, gli avversari...
Giulio «Devono scappare».
Vincenzo «Nibali più Ciccone, tutti nel pallone. E ho fatto pure la rima!».


Descrivi l’altro con tre aggettivi.
Giulio «A differenza mia è ordinato. In camera siamo il giorno e la notte: lui ha tutto piegato perfetto, io invece vivo con la valigia disfatta. Lui si inca**a facilmente, non so come dire, è un po’ fumantino. E poi è professionale, su questo non ci piove».
Vincenzo «Giulio è un ragazzo espansivo, in gara è nervoso, per il resto è alla mano e molto scherzoso».

Cosa puoi imparare da lui?
Giulio «Vincenzo mi può insegnare tanto, a partire dall’andare forte in bici. Come si fa bene questo mestiere, cu­rando i dettagli, come gestire la pressione nel corso di un grande giro, come migliorare nelle cronometro».
Vincenzo «Beh, il ragazzo è giovane ed esuberante... Io spero mi attacchi». Ridono di gusto.

Cosa puoi insegnargli?
Giulio «Io?! Come si cantano le canzoni in abruzzese. Scherzi a parte, io posso semplicemente trasmettergli tranquillità, farlo “staccare” un po’ quando siamo giù dalla bici, nel post gara».
Vincenzo «Qualcosa di buono, spero. Non credo di essere bravo come insegnante, ma osservando come lavoro penso potrà attingere quello che può servirgli».

Il tuo primo ricordo legato alla bici?
Giulio «Io che rischio di schiantarmi contro un palo della luce alla mia prima gara in assoluto, mi sono salvato saltando su un marciapiede».
Vincenzo «Papà Salvatore che correva tra gli amatori e a casa passava ore a montarsi e smontarsi la bici, sotto il mio sguardo curioso».

Che fine ha fatto la tua prima bici?
Giulio «Purtroppo non lo so, recentemente però ho rintracciato la seconda che ho usato da piccolo e che è ancora in uso ai bimbi della squadra con cui ho iniziato, il team Teate di Chieti. So chi ce l’ha, prima o poi la recupererò per tenerla come ricordo».
Vincenzo «Non ne ho proprio idea. Ricordo solo che era davvero piccola e l’ho usata solo un breve periodo. Sarebbe curioso scoprire dove è finita ma non saprei da dove iniziare la ricerca visto che non ho alcun indizio».

Il te bambino sarebbe fiero di chi sei di­ven­tato oggi?
Giulio «Penso proprio di sì, sono riuscito a realizzare il suo sogno. Il piccolo Giulio amava il ciclismo, guardava ogni corsa in tv, conosceva ogni corridore, ora vive in questo ambiente e si mantiene grazie alla bici. Cosa poteva chiedere di più dalla vita?».
Vincenzo «Non si immaginava neanche lontanamente di raggiungere quanto è riuscito a conquistare (ha vinto la Vuelta a España 2010, il Giro d’Italia nel 2013 e nel 2016 e il Tour de France nel 2014; il Giro di Lombardia, nel 2015 e nel 2017, e la Milano-Sanremo, nel 2018. A queste grandi vittorie si aggiungono due titoli italiani nella prova in linea, nel 2014 e nel 2015, due Tirreno-Adriatico, nel 2012 e nel 2013, e altri sette podi nei tre Grandi Giri, ndr)».

Quali sono le persone che ti hanno permesso di arrivare fin qui?
Giulio «Mamma Silvana e papà Ro-berto su tutti, il mio migliore amico e primo direttore sportivo Roberto Mar­ra­cino, la mia ragazza Chiara che mi sta tanto vicino. Nell’ultimo anno un ringraziamento speciale va a Luca Guercilena che ha creduto nel sottoscritto in modo particolare, altri non lo avrebbero fatto. Lui ha investito su di me e insieme siamo riusciti a toglierci delle belle soddisfazioni già nella pri­ma stagione trascorsa insieme (il riferimento è alla vittoria della tappa di Pon­te di Legno e della classifica degli scalatori al Giro d’Italia e ai due giorni in maglia gialla alla sua prima partecipazione al Tour de France, ndr)».
Vincenzo «Sono veramente tante, a partire dalla mia famiglia che ha affrontato tanti viaggi dalla Sicilia per farmi realizzare il mio sogno e da chi ha reso Mastromarco la mia seconda casa. Mia moglie Rachele e la nostra Emma. I miei manager, Alex e Jhonny Carrera, che mi accompagnano da quando ave­vo 17 anni (della loro scuderia fa parte anche Ciccone, ndr). In tutto questo tempo è capitato anche che litigassimo, ma fa parte dei rapporti e alla fine ogni discussione è stata costruttiva. Il mio gruppo di lavoro: il dottor Emilio Ma­gni, il massaggiatore Michele Pallini, il preparatore Paolo Slongo. E naturalmente tutte le società che mi hanno cresciuto».

Ti piace mettere le mani sulla tua bici?
Giulio «Troppo. Lo dicono i meccanici, che stresso quotidianamente. Questa è una caratteristica che io e Vincenzo ab­biamo in comune. Sono molto “fissato” sul dettaglio, so che fa la differenza quindi lo curo al massimo e lui mi pare fare altrettanto».
Vincenzo «Nei giorni scorsi ero seduto sul divanetto che abbiamo in camera e ho notato che aveva il metro in valigia. “A che cavolo ti serve?” gli ho chiesto. Mi ha risposto: “Mi sono portato la sella, volevo controllare le misure, che fosse tutto a posto” (lo imita facendogli il verso, ndr). Bene, ho pensato. Ecco un altro come me che vuole sempre che la sua bici sia perfetta».

Chi beve più caffè?
Giulio «Lui, alla grande».
Vincenzo «Viaggio sui 3-4 al giorno. Ne prendo uno subito appena scendo dal letto per svegliarmi, uno durante l’uscita in bici, uno nel pomeriggio ci sta se no mi addormento e, a volte, uno alla sera».

Piatto preferito?
Giulio «Beh, gli arrosticini sono la base nutrizionale per un abruzzese come me. Glieli consiglierei al posto delle proteine dopo che va in bici. Insieme alla piz­za, per me, sono il top».
Vincenzo «Ce ne sono un’infinità. Re­plico agli arrosticini con una chicca del­la mia città di cui da buon siciliano so­no golosissimo: la granita. Ne mangio tantissime».

Chi dorme di più?
Giulio «Decisamente lui. Alla sera ma­gari mi addormento prima io, ma lui nel corso della giornata sa essere più tranquillo e appena si appoggia da qualche parte dorme mentre io non riesco».
Vincenzo «Io da questo punto di vista, lo sapete, sono un campione vero. Le sveglie alla mattina presto le salto tutte. Nel posporre l’orario penso di essere imbattibile».

I tuoi obiettivi per quest’anno?
Giulio «Vincere il Giro con Vincenzo, ottenere la convocazione per l’Olim­pia­de e conquistare anche qualcosa in pri­ma persona. Soprattutto voglio continuare con la mia evoluzione, fare un ulteriore salto di qualità».
Vincenzo «Sono duri duri. È una stagione complicata. Abbiamo scelto di puntare in primis al Giro e poi alla prova in linea di Tokyo 2020. Dopo faremo il punto della situazione e programmeremo la seconda parte».

Se non avessi fatto il ciclista?
Giulio «So che fa sorridere, ma penso avrei fatto il camionista perché mi piace guidare i mezzi grandi. Nel cassetto ho il diploma da geometra, ma magari un giorno guiderò il pullman della squadra...».
Vincenzo «Boh, non lo so. Da ragazzo ho frequentato un istituto professionale, poi ho studiato ragioneria e pubblicità, ma amando la meccanica, al di là dei ti­toli di studio, penso avrei trovato il mo­do di farmi pagare per montare e smontare le cose. La mia vera passione».

Quando smetterai cosa ti piacerebbe fare?
Giulio «Il camionista? (ride, ndr). Sinceramente non ci ho ancora pensato, sicuramente mi piacerebbe restare nell’ambiente del ciclismo».
Vincenzo «Tutto quello che non ho fatto prima. Viaggiare ho viaggiato tan­to, però sarebbe bello riuscirci con più tranquillità... Per il resto, non ne ho idea».

Le tue passioni extra ciclismo?
Giulio «Tutto quello che ha un motore mi affascina, quindi macchine e moto».
Vincenzo «Mi accodo. A me piacciono molto le auto da corsa... ».

La cosa che ami e quella che ti costa più sacrificio di essere ciclista?
Giulio «Mi piace da matti l’adrenalina delle corse. Quando sei competitivo e ti giochi qualcosa di importante è una sensazione fantastica. Non sopporto i momenti in cui “non gira”, quando la­vori duro e fai tutto come si deve ma non la muovi. È frustrante non capire perché non vai. Quel punto di domanda a cui non si riesce a dare una risposta è difficile da mandar giù».
Vincenzo «Stare lontano da casa e da­gli affetti è il sacrificio più grosso. Sta­re a dieta non mi pesa, anche perché riesco a calare di peso senza rinunciare a chissà che. Ciò che amo di più, può sembrare banale, ma è andare in bici. Pedalare fa stare bene: rilassa la mente e risveglia il fisico. Io non posso farne a meno».

Se avessi una bacchetta magica, quale problema del mondo risolveresti?
Giulio «I problemi di salute. Elimine­rei tutti i tumori e le malattie che ogni anno portano un dolore infinito. Come sta mamma? Non posso dire bene, ma meglio. Si sta sottoponendo alla chemio, la cura che le è stata prescritta. Tiene duro, come una vera ciclista».
Vincenzo «Maledetta fretta. Oggi vedo troppa gente nervosa con troppe cose da fare. Questo influenza la vita di tutti e purtroppo genera una distrazione che sempre più spesso è fatale sulle nostre strade, soprattutto per gli utenti più de­boli, come noi ciclisti».

Il traguardo più importante raggiunto?
Giulio «Vestire la maglia gialla di leader del Tour de France è stata un’emozione inattesa quanto forte».
Vincenzo «Oltre alla tripla corona nei grandi giri è difficile scegliere tra la Milano-Sanremo, che ho tanto desiderato, e il Lombardia, la corsa che insieme alla Liegi più mi ha affascinato fin dalla prima volta che l’ho corsa».

Quello che desideri tagliare a braccia alzate?
Giulio «Vorrei provare l’emozione di indossare la maglia rosa».
Vincenzo «Questa è facile: voglio vincere le Olimpiadi».

Cosa gli auguri per l’anno nuovo?
Giulio «Vince’ buon 2020 e vedi di pedalare... ».
Vincenzo «Cicco, spero tu raggiunga tutti gli obiettivi che ti sei posto».

E a te stesso cosa senti di dire?
Giulio «Auguri e vedi di pedalare an­che tu, che c’è da sudare parecchio».
Vincenzo «Mi auguro pure io di centrare i difficili traguardi che abbiamo messo nel mirino».

da tuttoBICI di gennaio

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