Marco Toni: voglio essere il presidente di tutti

| 20/12/2004 | 00:00
Si è presentanto ufficialmente alla stampa, il 20 dicembre scorso, in un hotel milanese. Ultimo a scendere in campo, il primo a dire quello che intende fare se il 12 marzo, a Bellaria (Rimini) sarà eletto presidente. Marco Toni, 44 anni, sindaco di San Giuliano Milanese, con una passato e un presente nel mondo del ciclismo, parla della sua candidatura con assoluta chiarezza e con grandi qualità affabulatorie. Parla chiaro, semplice, con la calma di chi si sente pronto e all'altezza. Sa di quello che parla, ma sa anche per conto di chi parla. E' l'uomo voluto per il ciclismo del "Terzo Millennio". E' il candidato forte di Gian Carlo Ceruti, il presidente uscente che ha deciso di lanciare il suo "delfino", per restare dietro alle quinte. "Sono qui con non poca emozione perché in questi giorni ho un'immagine molto lontana che mi ritorna alla mente - racconta in abbrivio Toni -. Avevo da poco compiuto 18 anni ed ero delegato ad una Assemblea nazionale che si tenne al Leonardo da Vinci a Milano, e c'era una figura monumentale, non mitologica ma mitica: quella di Adriano Rodoni. Aveva 91 anni e avrebbe di lì a poco passato la mano ad Agostino Omini. Oggi sono qui, a tentare questa nuova avventura, questa scalata, con lo spirito di chi cerca di entrare in punta di piedi nella speranza di fare qualcosa di nuovo per lo sport che da sempre amo. E lo faccio in un ragionamento di continuità in un momento in cui c'è una Federazione in difficoltà, che ha passato momenti molto delicati: all'interno e in un rapporto di credibilità verso l'esterno. Bisogna fare molto, soprattutto in materia di recupero d'immaggine, ma credo soprattutto che lo sforzo maggiore debba essere fatto per recuperarere una forte coesione interna. Noi dobbiamo essere una Federazione di tutte le società, anche di chi non la pensa come noi". Racconta Toni e si racconta. Di come ha iniziato a muove le prime pedalate "ma sono stato un brocco come corridore" e di come è entrato a far parte della società per la quale ancora presta il suo servizio, l'Unione Ciclistica Sangiulianese, da cui sono passati Dario Rando e Graziano Gasparre, due atleti arrivati fino al mondo del professionismo. "Penso di potter portare un valore aggiunto molto importante nel mondo del ciclismo, che è quello che ho acquisito in questi anni a livello amministrativo ricoprendo la carica di sibndaco di San Giuliano Milanesene. Io voglio proseguire nel solco della tradizione, ma cercando di portare un po' innovazione. Lo ripeto: voglio una Federazione di tutti per tutti, che deve essere forte al suo interno per essere più forte al suo esterno, anche e soprattutto a livello internazionale, dove il ruolo del ciclismo italiano - vedi Pro Tour - , è stato a dir poco marginale". Gli chiedono: con grande onestà ha parlato di Federazione in difficoltà. Di Federazione da ricompattare, tutte cose che le fanno onore, ma che sarebbe stato più opportuno attendersele dal presidente federale usciente Giancarlo Ceruti. "La domanda andrebbe fatta al diretto interessato ma penso di interpretare il sentimento di Ceruti. Lui è consapevole che la sua figura è di contrapposizione e siccome è estremamente intelligente e ha a cuore le sorti del ciclismo italiano ha pensato con grande senso di responsabilità, di passare la mano. Si deve però riconoscere che in questi anni Gian Carlo ha svolto un lavoro immane, non si è mai tirato indietro, e ha ottenuto grandi risultati. Credo che lui sia stato il primo a pensare che si deve guardare oltre, tenendo però presente quello che è stato fatto. Mi ricordo quello che ha fatto in materia di doping. La stessa Uci si è dovuta poi ricredere, tornare sui i suoi passi, e correre ai ripari. Ceruti e coloro i quali con lui hanno lavorato, hanno fatto tanto per rimettere tutti sullo stesso piano. Sulla linea di partenza tutti sullo stesso piano. Poi c'è stato anche un risultato eccezionale dal punto di vista legislativo, con una legge ad hoc sul diping. Io credo che i risultati ottenuti siano sotto gli occhi di tutti". Mesi fa si è anche parlato di Giorgio Squinzi come presidente. Quale è il suo ruolo, collettore tra la politica e il mondo delle industrie? "La candidatura di Squinzi era una cosa seria, non una boutade. Voleva essere una candidatura superpartes. Poi per una scelta strategica sua, ha deciso di concentrasi sui suoi impegni di lavoro. Intanto però Squinzi ha deciso di restare sponsor delle attività federali. Io faccio il sindaco, non faccio attività politica, ma amministrativa, e se faccio il sindaco è perché ho fatto il ciclismo. Prima come assessore allo sport e poi dopo lo sport mi è stata data la delega alla cultura. Io sono il sindaco di tutti e lo stesso intendo fare per la federazione. Più ci si allontana dal territorio e più si perde il contatto con i bisogni reali dei cittadini. Non sempre la politica è vicina ai problemi concreti, ma l'attività amministrativa sì. Io credo nella gente, vengo dal mondo delle parrocchie e del volontariato. Sono stato anche seminarista ad Arcore". Come pensa di conciliare i suoi impegni di sindaco con quelli di presidente della Federciclismo qualora fosse eletto? "La federazione ciclistica ha un rapporto diretto con le società, e quando arrivano i momenti conviviali tutti vogliono il presidente. Ceruti ha sposato questa logica. Io penso ad una federazione più di servizio. Ci sono delle possibilità di innestare professionalità nuove. Sono 44 i dipendenti del Coni e la Federazione si avvale di diversi collaboratori esterni. Il ruolo che io mi immagino, anche se sono un sindaco al secondo mandato, quindi in una fase di discesa con una situazione messa a regime e più facile, è quello di delegare e avvalermi di collaboratori". La Federazioone va compattata, ma il ruolo di Ceruti quale sarà: si metterà da parte, è verosimile una soluzione del genere? "Io sono convinto che non ci sarà nessuna longa mano di Ceruti. Certo, all'inizio ci sarà un periodo di interegno, per il naturale passaggio di consegne. Certo vedo Ceruti come patrimonio del ciclismo, ma non vale solo per lui, ma per tutti quelli che in questi anni hanno lavorato per lo sviluppo del ciclismo". Parliamo di codice della strada: l'articolo 9 è poco chiaro, pochi sanno applicarlo. Cosa intende fare? "Io credo che dalle istituzioni si debba cercare di tirare fuori quello che si può. Nel mio programma, che sto mettendo a punto, ci sono alcune valutazioni in merito anche al codice della strada e la sua applicazione. La verità è che occorre l'intervento di tutti, il coinvolgimento anche di organizzazioni importanti come l'Anci - l'associazione italiana dei comuni - o la FIAB per cercare di mettere chiarezza, facendo massacritica con altri soggetti e dare la possibilità ai nostri atleti di potersi allenare con maggiore sicurezza. Nel programma questo noi l'abbiamo focalizzato". Come sarà il suo gruppo di lavoro: ci sarà anche qualcuno del vecchio consiglio? "In questa fase sto facendo un approfondimento del programma. Sto parlando molto con le società e la parte attiva del ciclismo per capire quali sono i problemi reali e le priorità da adottare. Abbiamo parlato molto anche di professionismo e di Pro Tour. Il 2005 sarà un anno molto delicato per monitorare lo stato delle cose, per capire anche cosa fare per salvaguardare le piccole società, i piccoli organizzatori. Sulla squadra non mi sono ancora posto il problema, c'è ancora tempo. Ad oggi non ho stretto patti con nessuno". Piccoli organizzatori, piccole corse: il ciclismo guarda solo ai grandi Giri... "Io sono un convinto assertore delle pari opportunità. Spazio per tutti, al di là di chi organizza la singola gara. Ragionando su due livelli: ci sono sponsor che sono più interessati al satellite, perché vogliono una visibilità mondiale, e altri ai quali sta benissimo una visibilità nazionale. Io credo che ci possa essere la possibilità di recuperare un rapporto, con la Rai e non solo con la Rai. Anche in questo caso si dovrà fare gruppo, e cercare di tessere nuovi rapporti". E di pista non ne parliamo? "Sul versante femminile stiamo facendo cose molto buone, sul versante maschile stiamo vivendo una crisi profonda. Oggi, però, credo che si debba fare qualcosa di più in materia di doping. Molto di più di quello che è stato fatto per la strada. Non ci possono essere certe differenze tra nazioni. Il gap è troppo elevato, troppo profondo". Ma è un problema di impianti o di progetti? "C'è anche un problema di impianti e dovremo agire anche in tale senso. A Treviso non si farà più il velodromo e adesso c'è un orientamento per non dire la volontà di farlo a Torino. Un velodromo di 250 metri. Non so in che termini e nemmeno in che tempi, ma so che gli orientamenti sono questi". Come immagina la sua federazione? "L'ho detto: unita, compatta, propositiva. Voglio che il ruolo dei presidenti regionali fossero meno da passacarte e più propositivi. Io auspico una Federazione molto democratica, molto partecipata e molto unita. Io ho grande stima con tutti quelli che fanno parte del Consiglio Federale uscente. Ho apprezzato tantissimo Giosué Zenoni quando allenava gli azzurri, ho profonda stima e amicizia con Davide D'alto. Viviamo tutti sotto lo stesso cielo ma non tutti vediamo lo stesso orizzonte. Ecco, dobbiamo lavorare affinché all'orizzonte ci sia una meta uguale per tutti". E alla fine le conclusioni... "Le conclusioni sono molto brevi. La mia non vuole essere una candidatura di facciata, non sono un uomo di paglia. Io le cose che ho cercato di fare le ho fatte con grande passione, entusiasmo e determinazione. Vorrei fare il presidente per esserci e per confrontarmi. Dobbiamo cercare di rinnovarci nella continuità della tradizione. Dovremo proseguire la nostra battaglia in favore della tutela della salute dei nostri ragazzi, così come dovremo rilanciare la pista, cercando anche di capire e interpretare consa succede attorno al Pro Tour per fare in modo che le categorie giovanili non ne debbano soffrire in alcun modo. Dovremo anche recuperare un rapporto più diretto e costruttivo con il mondo del professionismo: per la Ferazione questo non deve essere un corpo estraneo. Dovremo recuperare un forte rapporto unitario: più seremo e meglio sarà per il ciclismo. Vorrei una Federazione unita e forte, per essere uniti e forti anche al di fuori dell'Italia. Vorrei traghettare la Federazione con una gestiore corretta e trasparente". CHI E' MARCO TONI Marco Toni, 44 anni, sindaco di San Giuliano Milanese (35.000 abitanti) dal giugno 1999, svolge la professione di manager d'azienda nei servizi alle imprese. La sua preparazione professionale è maturata nel marketing e nella comunicazione, in particolare nel settore televisivo all'interno Mediaset, presso la direzione Acquisti di Milano e nell'avviamento di importanti progetti quali Telecinco a Madrid e Telepiù a Cologno Monzese. Attivo da sempre nel mondo del ciclismo, prima come atleta e poi come dirigente, a soli 18 anni assume l'incarico di segretario di una tra le più attive società ciclistiche milanesi, l'Unione Ciclistica Sangiulianese, di cui è tuttora sponsor, dirigente e Direttore di corsa, tesserato alla Federazione Ciclistica Italiana ininterrottamente fin dal 1973. Appartiene ad una famiglia storicamente legata al ciclismo che ha visto gareggiare, sempre nelle file della società ciclistica di San Giuliano Milanese anche i suoi fratelli oltre al proprio figlio Andrea. Istruttore Giovanile CONI dal 1983, frequenta nel 1987 il master di "manager sportivo", dal 1988 al 1992 ricopre l'incarico di Consigliere Regionale del Comitato Lombardo della Federazione Ciclistica e dal 1992 al 1996 viene eletto Presidente del Comitato Provinciale di Milano, ruolo in cui rilancia l'attività ciclistica attuando una innovativa politica di sponsorship e promozione giovanile, incrementando il numero dei tesserati. Dal 1997 al 2000 è Presidente della Struttura Tecnica Federale della Federazione Ciclistica Italiana. Assessore all'Educazione, Cultura e Sport dal 1995 al 1999, il suo nome è legato allo sviluppo dell'attività culturale e sportiva, con l'organizzazione di manifestazioni di caratura nazionale e internazionale. Dopo la brillante vittoria alle elezioni comunali del 1999, è rieletto al primo turno nel giugno 2004 con una percentuale di consensi superiore al 61% ed un grande successo personale a conferma del suo forte impegno amministrativo. Ha saputo coniugare il ruolo istituzionale di questi anni alla passione ciclistica, organizzando i Campionati Italiani di ciclismo su strada Esordienti, Donne Esordienti e Donne Allieve nel 1998 e le tappe conclusive del Giro Internazionale delle Regioni negli anni 2000 e 2002 oltre all'allestimento di importanti mostre dedicate alla storia del ciclismo. Nel settembre 2000 il Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi ha riconosciuto la crescita dei servizi operata in favore della comunità locale, conferendo a San Giuliano Milanese il titolo di Città, a cui è seguito nel 2002 il 1° Premio quale "Città sostenibile dei bambini e delle bambine" da parte del Ministero dell'Ambiente.
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