Anche il ciclismo gioisce con il dottor Stefano Bianchi

| 28/10/2007 | 00:00
È finita in Mozambico l'odissea di Ruben Bianchi, il bimbo di 8 anni e mezzo, portato via dalla madre tre anni e mezzo fa e al centro di una complessa vicenda giudiziaria e diplomatica tra Italia e Svizzera. Era con la madre, l'ex campionessa svizzera di ciclismo Lucille Hunkeler che è stata arrestata: la donna era ricercata in base a un mandato di cattura internazionale dopo che aveva fatto perdere le sue tracce con il bambino. Il padre Stefano, al quale il figlio era stato affidato dal giudice, si è battuto in ogni modo per riabbracciarlo ed ora dice soddisfatto: «Ho saputo che Ruben sta bene. Spero tanto di rivederlo domani. Non mi vede da così tanto tempo e non mi salterà di certo addosso, ma mi basterà rivederlo per riempirmi il cuore di gioia per i prossimi cinquanta anni. Gli dirò: ciao amore". Bianchi, medico sportivo di Montecatini, ha saputo ieri pomeriggio dall'Interpol di Roma che la polizia del Mozambico aveva preso in consegna il bambino dopo aver catturato la donna, che era con gli altri due figli avuti nei suoi tre anni e tre mesi di latitanza. Stando agli accertamenti, madre e figli erano in Mozambico da poche settimane, dopo spostamenti in alcuni stati africani. Il periodo più lungo è stato trascorso a Sao Tomé, una piccola isola davanti al Senegal. «Ho saputo che Ruben era stato chiamato con un altro nome, Eric - ha detto Bianchi -. Parla portoghese e aveva documenti falsi, come la madre». Proprio la violazione delle norme sull'immigrazione è stato il motivo in base al quale la polizia del Mozambico ha potuto arrestare la donna, che sarà espulsa. «Mi hanno assicurato che Ruben sta bene - ha detto il padre -. È cresciuto, è diventato un bel ragazzino. Certo, è scosso ma è parso un bambino sveglio. Quello che mi preoccupa di più è l'aspetto psicologico: è stato forzatamente per tutto questo tempo lontano dal padre, con forti pressioni...». La vicenda è cominciata nel 2002 quanto il tribunale di Pistoia decise di affidare Ruben al padre dopo la separazione. La madre, ex ciclista professionista della Chirio Forno d’Asolo fuggì allora in Svizzera con il piccolo. Ma il tribunale federale elvetico confermò la sentenza dei giudici italiani affidando il bambino al padre. Per questo, nel 2004, la donna è scappata di nuovo portando Ruben con sè. Il padre non si era mai rassegnato a non vedere più il figlio e per richiamare l'attenzione sul caso aveva dato vita anche a clamorose proteste come quando si era incatenato all'ambasciata svizzera a Roma ed aveva oattuato per 12 giorni lo sciopero della fame. «Voglio ringraziare l'Interpol e la Polizia criminale di Lucerna - ha detto Stefano Bianchi - ma un grande grazie va anche al decisivo e quasi fraterno lavoro del ministero degli esteri». Nel maggio scorso il padre del bambino era stato ricevuto alla Farnesina dal vice ministro, Franco Danieli, che aveva ricordato i passi diplomatici già svolti e confermato il massimo impegno per una soluzione rapida. Nel novembre del 2006 il caso era finito anche all'attenzione del Comitato dei ministri della Ue, che vigila sulla esecuzione delle sentenze da parte dello Stato riconosciuto colpevole di infrazione ai diritti umani. Stefano Bianchi, che è stato candidato al premio Papà dell'anno dal Movimento Figli Negati, ha detto che incontrerà Ruben in un aeroporto, molto probabilmente africano o in Europa. Aspetta indicazioni precise ma si è subito messo in viaggio. Del caso se ne erano occupati tutti i media nazionale ed anche “Chi l’ha Visto”. Il sito creato da Stefano Bianchi per il figlio Ruben: www.rubenbianchi.com
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