Sestili: deluso dal mio mondo. Ma se troverò una squadra...

| 18/09/2007 | 00:00
A ventiquattro anni appena compiuti, Luigi Sestili si trova a vivere un momento davvero difficile della sua carriera: «Fin da bambino, quando ho iniziato a correre, ho sempre dato il massimo con il pensiero di approdare al professionismo. Ma una volta raggiunto questo traguardo, mi sono imbattuto solo in delusioni. È successo che nel maggio del 2005 ho firmato un contratto triennale con Vincenzino Santoni: era la prima offerta concreta che ricevevo, mi sembrava la squadra ideale per il passaggio al professionismo e in più c’era Pino Petito, che conosco da sempre e che per me rappresenta un punto di riferimento importante. Ma quel progetto non si è mai concretizzato: quest’anno ho lavorato tanto ma a luglio, quando iniziavo ad entrare in condizione come dimostra il terzo posto al Giro del Medio Brenta, la Federazione ha bloccato la squadra e sono rimasto al palo». Dopo lo stop cos’è accaduto? «Nulla. Né io né i miei compagni abbiamo più sentito nessuno della squadra: ci aspettavamo una parola da Santoni, anche che dicesse “non posso continuare, finisce qui» invece niente, quando tutti ormai conoscono gli investimenti che ha fatto fuori dal ciclismo... E penso di parlare anche a nome dei miei compagni quando dico che non ci siamo sentiti protetti dalle istituzioni. È vero che la Federciclismo ha bloccato la fideiussione della squadra per garantirci un minimo di stipendio, ma poi basta. Uci e Fci non ci hanno aiutato: non era possibile darci la possibilità di correre con una maglia neutra, per consentirci di trovare una squadra che ci accolga il prossimo anno? Quello che fa più male è che a deluderci è stato il nostro stesso mondo». E adesso? «Adesso mi alleno, perché solo con la bicicletta riesco a sfogarmi: qualche volta lavoro con facilità, altre faccio molta più fatica perché non ho un obiettivo davanti. Per giorni non sono uscito di casa per non continuare a sentirmi chiedere dagli amici e dai paesani “come va?” senza sapere cosa rispondere: andavo lontano, con la mia bicicletta, tornando a casa esausto. Avevo preso una casa a Bergamo, per vivere e allenarmi in quella zona, ma l’ho dovuta lasciare perché non ho i soldi per mantenerla. E di notte si fa fatica a dormire perché i pensieri sono molti. Ma, nonostante tutto, non ho ancora perso la voglia di lottare: il mio sogno è quello di tornare in gruppo il prossimo anno con una squadra che mi dia la possibilità di dimostrare il mio valore e di scaricare tutta la rabbia che ho accumulato in questi mesi. Anche perché devo prendermi delle rivincite con il mio mondo, il mondo del ciclismo...».
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