Caso Cox: Fanini risponde a Corti e scrive a McQuaid

| 03/08/2007 | 00:00
Come sempre tuttobiciweb.it e tuttoBICI sono pronti a dare voce a tutti i protagonisti del mondo del ciclismo e non siamo certo noi, in un momento in cui servono più che mai chiarezza e serenità, a doverci ergere a censori. Pubblichiamo quindi la lettera di risposta scritta da Ivano Fanini a Claudio Corti premettendo che abbiamo volutamente omesso alcuni passaggi perché li abbiamo ritenuti lesivi della sensibilità dei protagonisti di questo caso. Egregio Direttore, stamani mi hanno fatto leggere le dichiarazioni di Claudio Corti pubblicate sul suo sito in riferimento al mio intervento per la morte di Ryan Cox. Intendo rispondere all’amico Claudio in quanto visto che sono stato l’unico che ha avuto il coraggio di muoversi e chiedere a testa alta che venisse aperta un inchiesta, mi sento direttamente chiamato in causa dalle sue parole. Pertanto, sono costretto a dare la mia replica che la prego di pubblicare, insieme alla lettera inviata ieri al Pres. McQuaid. Caro Claudio, intanto, se per anni sei stato ingaggiato per dirigere una squadra importante come la Saeco devi ringraziare esclusivamente il sottoscritto. Non voglio scendere nei particolari, dato che tu conosci benissimo i motivi. Inoltre, la nostra conoscenza risale addirittura ai tempi in cui correvi nei dilettanti e lottavi alle gare con i miei atleti dell’epoca, Alf Segersal e Tommy Prim. Questo tanto per farti capire che io non ho affatto bisogno di parlare per farmi pubblicità. Tutti, nel mondo del ciclismo, mi conoscono da sempre, non solo per le continue lotte al doping ma anche per le numerosissime vittorie che, con i miei teams, ho collezionato nell’arco di quasi 50 anni di attività nel mondo dilettantistico e professionistico. Dal 1996 però ho cambiato vita, non guardo più ai risultati ma a come essi vengono fatti. Con immensa soddisfazione ho fatto della lotta al doping la sola ragione della esistenza sportiva, e ti consiglio vivamente – come a molti altri che magari leggeranno queste parole - di seguire il mio esempio. Nessuno può mettermi il bavaglio, perché parlo seguendo esclusivamente la mia coscienza e perchè purtroppo, sono già morti prematuramente cinque atleti passati dalle mie squadre. Dal decesso di Simpson ad oggi le cose sono sempre peggiorate, specialmente negli ultimi anni a causa di questo ciclismo così esasperato, le morti sono divenute centinaia. Per questo è importante parlarne subito, approfondire questo problema reale e cercare di trovare delle vere, tangibili soluzioni prima che avvengano nuovamente molti altri tragici eventi come quello di Cox. (omissis) Questi dettagli non possono certo passare inosservati, non si può sopportare e stare zitti. La maggior parte delle squadre selezionano i corridori in base ai valori ematici, poi si lasciano morire senza le cure adeguate. Questo è un dato di fatto vergognoso. Ebbene, non si può andare avanti così, caro Claudio, io ormai da anni di fronte al doping non guardo in faccia nessuno. Il mio parlare l’ho già pagato e tutt’oggi continuo a farlo a caro prezzo, visto che dopo sedici partecipazioni consecutive, non mi hanno più dato la possibilità di fare il Giro d’Italia. Sono stato anche costretto ad affiliare la mia squadra all’estero, inoltre, nel 1999 ho dovuto pagare ben 600 milioni delle vecchie lire (tra stipendi e spese legali) per aver licenziato corridori che si dopavano, nonché il d.s. ed il meccanico che collaboravano a farlo e che vendevano le medicine. Adesso l’UCI fa il contrario, ma a quel tempo fui costretto a pagare centinaia di milioni soltanto per difendermi penalmente (ed essere poi assolto dopo otto anni di processi) dalle loro false accuse. (omissis). Ho un passato ed un presente nel ciclismo che nessun altro presidente forse potrà mai avere, per questo, caro Claudio, merito da te molto più rispetto. Detto questo, ti invito a riflettere, a pensare attentamente a quanti atleti sono passati sotto le tue file e adesso non ridono più. Almeno due purtroppo ne abbiamo in comune (Galletti e Cox), anche se in circostanze molto diverse e sai benissimo a cosa mi riferisco. Quindi, dimmi tu se dobbiamo tacere. La morte di un ragazzo fantastico come Cox non può passare inosservata. Tu parli di mancanza di rispetto, ma la vera mancanza di rispetto, la più totale, sarebbe se Cox oggi fosse morto invano. Il suo decesso deve servire a far luce su quello che succede nel nostro mondo, affinché nessun altro atleta muoia in futuro in questo modo e a quest’età. Se taciamo, quanti altri morti ci saranno? Io ho chiesto ufficialmente all’UCI - con una lettera scritta ieri al nostro Presidente Pat McQuaid - di aprire un inchiesta su questa tragedia. E’ l’ora di farla finita con l’omertà, e tu, che sei un ex corridore, ex un ds, un team manager ma soprattutto padre di un ragazzo già inserito in questo mondo e conosci benissimo i meccanismi marci di questo ciclismo, invece di trovare il coraggio di agire – come me - per cambiare le cose in qualche modo, vorresti - come Pilato - lavarti le mani, rimanere in silenzio senza far fronte alle tue responsabilità e te la prendi se ti senti in qualche modo tirato in causa. Ci sarebbe tanto altro da aggiungere ma per non dilungarmi ancora, mi fermo qui. Ivano Fanini Preg.mo Signor Presidente, Le scrivo a titolo personale e come presidente di Amore & Vita - McDonald's, il cui gruppo sportivo è da 25 anni impegnato nel circuito professionistico mondiale. A nome di tanti sportivi Le chiedo di aprire un'inchiesta per fare luce sulle cause dell'improvvisa scomparsa di Ryan Cox, morte che si aggiunge alla numerosa liste di giovani corridori deceduti prematuramente. Da uomo di ciclismo Lei conosce senz'altro la nostra storia, fatta di grandi risultati a tutti i livelli, ma, soprattutto, apprezzata per l'attenzione da sempre prestata al lancio di giovani provenienti da nazioni povere a livello ciclistico. Fra questi atleti c'era anche Ryan Cox. Ricordo benissimo quando lo portammo in Italia a soli diciannove anni: era un ragazzo adorabile e negli anni, grazie alle sue doti, era diventato uno dei simboli principali del ciclismo di una terra emergente come il Sudafrica. Non sta a me consigliarLa ed entrare in polemica per tutto quanto sta succedendo, ma voglio limitarmi a evidenziare che il luminare francese di Lione, monsieur Chevalier, da quando è in uso l'epo ha operato un migliaio di corridori tra cui, appunto, Cox. Sono convinto che nella maggioranza dei casi queste operazioni si siano rese necessarie proprio per l'assunzione e l'abuso di epo. Se il solo Chevalier ha operato oltre mille ciclisti, è vergognoso dover prendere atto che al mondo gli atleti sottoposti ad intervento chirurgico per questo problema devono per forza essere alcune migliaia. E', quindi, doveroso che Lei intervenga per fare chiarezza. Sotto la Sua presidenza, nonostante le critiche che spesso leggo a seguito dei continui scandali, devo riconoscere che tanti miglioramenti sono avvenuti. E' stata significativa, ultimamente, la Sua decisione di far versare, come multa, gli ingaggi percepiti dagli atleti coinvolti in fatti di doping. E, inoltre, che tali somme di denaro vengano utilizzate dall'UCI per la lotta al doping. A questo proposito mi fa piacere poter pensare che parte dei soldi che l'Uci recupererà dai soli Vinokourov, Mayo, Sinkewitz e Moreni, verranno impiegati per l'inchiesta sulla morte di Cox. Mi auguro che già a partire dall'anno venturo, con il Suo intervento, si arrivi a radiare immediatamente atleti, ds, team manager, medici e squadre che continuino a truccare le regole del gioco, proprio come Luca Ascani, campione italiano a cronometro, trovato positivo all'EPO (notizia ufficializzata proprio poche ore fa). Nel calcio italiano, ad esempio, questa pratica è già in vigore per coloro che sono recidivi all'uso di cocaina. Nel ciclismo dovrebbe essere adottato il medesimo sistema per l'assunzione di farmaci dopanti con la differenza che, da ora in avanti, coloro che dovessero venire sorpresi in difetto, dovrebbero incorrere nella squalifica a vita. Nonostante il Suo impegno e la Sua buona volontà, avrà capito che non si può andare avanti così, non si può morire a ventotto anni quando già molti atleti ci hanno lasciato prematuramente (di questi purtroppo ben cinque erano passati tra le file dei miei team). La prego, intervenga immediatamente aprendo un'inchiesta che coinvolga anche il professor Chevalier, la sua squadra Barloworld ed i compagni di squadra di Cox, Robert Hunter, e Mauricio Soler, protagonisti di alcune tappe all'ultimo Tour de France. In attesa di un Suo cenno di riscontro e, fiducioso, come sempre, nel Suo operato, Voglia gradire i miei Cordiali saluti, Ivano Fanini
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