Di Luca: mi mancano 9 chilometri di salita esagerata

| 28/05/2007 | 00:00
È un Danilo Di Luca quello che ha incontrato i giornalisti nel giorno di riposo del Giro d’Italia. Un Di Luca che sa di essere sempre più vicino alla vittoria finale: «Mi mancano nove chilometri di una salita esagerata, lo Zoncolan, forse la salita più dura d’Europa. Ma se mercoledì avrò la stessa condizione dei giorni scorsi, proverò ad attaccare. La tappa di ieri? Quando alle otto mi sono rivisto in tv, ho pensato di aver fatto davvero una bella cosa». Cosa c’è di diverso rispetto al Di Luca dei giri passati? «Rispetto a quello del 2006 non parliamone neanche, non ero in condizione. Rispetto al 2005 sono maturato con testa e fisico. Due anni fa avevo disputato una grande primavera e sull’onda avevo fatto un grande Giro. Quest’anno ho corso bene nelle classiche, ma il mio pensiero è sempre stato rivolto al Giro». Ha mai avuto paura in questo Giro? «Paura no. Dieci minuti di nervosismo s’, sabato, quando Savoldelli e Simoni mi hanno attaccato in discesa. Ho chiamato l’ammiraglia, tutti i compagni, ma presto mi sono calmato e credo di essermi difeso bene. la squadra? Credo che anche ieri abbia fatto un buon lavoro: pensateci, quando Savoldelli si è messo a fare il ritmo sul Giau, tutti i capitani sono rimasti soli». Ma non si è preoccupato per la fuga da Piepoli e Riccò? «Non mi ha mai interessato, quella era un’altra corsa». Teme di più Mazzoleni o la Saunier Duval? «Temo solo Simoni. E so che Eddy è più forte di me a cronometro». Come ha fatto Di Luca a diventare grande? «Imparando dagli errori commessi e guardando che correva davanti a lui, come da Savoldelli, che dal punto di vista tattico è fortissimo. E so che posso migliorare ancora. Ma non mi sono trasformato: io sono sempre stato un corridore universale, ho sempre vinto corse in linea e gare a tappe». Giro o Tour? «Il Tour non mi piace, non amo i suoi percorsi, preferisco il Giro. E l’anno prossimo ripunterò sulla corsa rosa, poi nel 2009 potrei anche andare al Tour». E il Mondiale? «Ci penso ma non credo che questo percorso sia adatto a me. Varese 2008 e Mendrisio 2009 mi sembrano più idonei, lì ci punterò di sicuro». E Pechino? «È un percorso impegnativo, mi piace, potrebbe essere un obiettivo». A chi deve dire grazie? «Sicuramente a Mario De Nicola, un amico di famiglia, il primo direttore sportivo che ho avuto, dagli 8 ai 13 anni nella Spiga Aurea di Spoltore. È stato lui il mio maestro». Il contratto? «Adesso pensiamo al Giro, ma farò di tutto per restare alla Liquigas». Lei ha parlato di ciclismo cambiato: in che modo? «I corridori fanno tutti fatica, fatica vera.. E i giri si vincono per pochi secondi, non per tanti minuti». Teme imboscate domani? «No, credo di no». Un giudizio su Cunego. «Fa tanta fatica ma è sempre lì, vuol dire che ha tenacia e testa. Forse vincere un Giro a ventidue anni gli è costato, ma io credo che quando si fermerà la nostra generazione, sarà lui a dominare il Gior per molti anni. E vincerà anche il Tour». Ricco? «È forte ma deve pedalare ancora molto. Fa parte di una nuova generazione di talenti con Schleck, la vera sorpresa del Giro, e Thomas Dekker».
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