Per capire che razza di campione sia stato Ercole Baldini, che oggi taglia
l’invidiabile traguardo degli 85 anni, basta un dato: è l’unico nella storia
del ciclismo ad aver messo in bacheca un oro olimpico, un titolo mondiale e un
grande Giro. A completare questa collezione invidiatagli anche dai più grandi,
a cominciare da Coppi e Bartali per finire a Merckx, ha fatto in fretta: tre
stagioni appena, dal 1956 al 1958, tanto da far pensare a un nuovo
Campionissimo. D’altronde l’uomo era così veloce da meritarsi il soprannome di
‘elettrotreno di Forlì’: in un’epoca di aironi e aquile, più che svolazzare lui
correva forte.
Per capire che razza di uomo sia Ercole Baldini, unico forlivese ad esser
salito su un podio olimpico, basta averlo frequentato: educato e gentile con
tutti, mai ha fatto pesare il peso della sua statura sportiva. Un galantuomo
che si è sempre rivolto con il ‘lei’ a chi incontrava per la prima volta,
secondo un galateo che col tempo non gli è mai venuto meno. ‘L’ho conosciuto quando
ho cominciato a correre e mai l’ho sentito parlare di ciò che ha fatto: si è
sempre comportato come un qualsiasi ex, senza dar l’idea del fenomeno che è
stato’, conferma Davide Cassani, il ct romagnolo della bici.
Per raccontare chi sia stato Baldini nella storia del ciclismo, basta scorrere gli almanacchi: dentro ci sono anche maglie tricolori e iridate su strada e in pista, primati dell’ora e quel Gran Premio delle Nazioni che all’epoca sceglieva il miglior specialista al mondo della crono. Trionfi che in più di un caso hanno avuto il sapore dell’impresa. Come il record dell’ora, firmato da dilettante e tolto nientemeno che ad Anquetil. O come il Giro, vinto in salita davanti al migliore degli scalatori dell’epoca, Charly Gaul. O, ancora, come il Mondiale di Reims, quando uscì dal gruppo a 250 chilometri dal traguardo, strada facendo risucchiò Bobet e Nencini e andò a festeggiare da solo. Non c’era mai nulla di normale nelle sue vittorie: giusto che due anni fa, per questo, abbia avuto un posto nella Hall of Fame, la casa della gloria del ciclismo.
Per raccontare chi sia Baldini basta metter piede nella sua casa di Villanova, alle porte di Forlì: lì è sorto un museo con maglie e ricordi di un uomo che nel ciclismo è stato anche presidente dei corridori, guida della Lega e pure artefice di grandi team, perché fu lui a spingere Squinzi ad aprire l’epopea Mapei. Tra quelli che sono andati ad incontrarlo di recente anche Gualberto Gennai, emigrato dell’isola d’Elba che nel ’56 a Melbourne, dopo il trionfo olimpico del forlivese, non esitò a cantare l’inno di Mameli quando si accorse che l’organizzazione non trovava il disco. Un episodio che dalla cronaca si è trasferito subito alla storia, un episodio che, come tanti altri, fa di Baldini un personaggio unico.
Angelo Costa, da Il Resto del Carlino del 26 gennaio