PROFESSIONISTI | 04/09/2017 | 07:32 C’era una Vuelta un gentiluomo che sapeva essere brutale. Quel giorno si correva in un granducato, uno di quei Paesi in mezzo alle montagne, pieni di castelli, che sembrano inventati per fare da sfondo alle favolette rosa, con la bella australiana che arriva lì in vacanza, si innamora di un contadinotto incontrato per strada e alla fine si scopre che è l’erede al trono e vissero tutti felici e contenti. Ecco, quel giorno lì nel granducato in mezzo ai monti c’era il Tour de France e il nostro gentiluomo, come dicevamo, seppe essere brutale. C’era da correre una cronometro individuale di 65 chilometri (quando ci lamentiamo di quelle di oggi, dovremmo ricordarci cosa facevano gli organizzatori venticinque anni fa). Non era propriamente come correre in pista: c’erano curve da toboga, piccole salite qua e là, tratti di pavè, e un vento sgarbato che cambiava spesso direzione. Il principe della nostra storia era un po’ indietro in classifica: partì due minuti prima di Gianni Bugno, il suo rivale italiano, e venti prima del francese che era in maglia gialla, Pascal Lino.
Quando gli diedero il via, il principe attaccò con la sua cadenza infernale, divorando metri e poi chilometri, ingoiando senza apparente sforzo la sua fatica. Dall’ammiraglia della Banesto, Miguel Echavarri fece due conti e si mise a urlare: Tranquillo, dai già due minuti a tutti. Aveva paura che il principe finisse tutte le sue forze, invece c’era ancora molto Tour da percorrere. Lui però sembrava non aver sentito. Era tutt’uno con la sua bicicletta di ultima generazione, con il suo casco aerodinamico, l’impugnatura da triathlon. Superava ostacoli senza vederli, scavalcava avversari. Mancava poco al traguardo quando si trovò davanti Laurent Fignon, che era partito sei minuti prima di lui e che ebbe la forza di dire soltanto una frase. «Non è un uomo, è un aeroplano».
Chiuse in un’ora, diciannove minuti e trentuno secondi: media oraria 49,046 chilometri, velocità massima 60 chilometri l’ora. Il secondo, De Las Cuevas, ci mise tre minuti più di lui. Bugno prese 3 minuti e 41 secondi. «E’ di un altro pianeta, non puoi battere un alieno». Anche L’Equipe seguì la stessa linea: L’extraterrestre fu il titolo da consegnare alla storia di quell’anno, il 1992. Il leggendario Charly Gaul, che allora aveva sessant’anni ed era sceso in strada a vedere il Tour, fu sobrio: Oggi ho visto passare un angelo. Detto da uno che chiamavano l’angelo della montagna fa un certo effetto.
Fu così che Miguel Indurain si prese quella che rimane la cronometro più mostruosa di sempre, a Lussemburgo, nel 1992, quando vinse il secondo dei suoi cinque Tour de France consecutivi. Conquistò anche due Giri d’Italia (quell’anno e l’anno dopo), un Mondiale a cronometro (nel ‘95) e un oro olimpico sempre nella crono, ad Atlanta. Poco dopo lasciò il ciclismo, suo figlio aveva un anno e non gli andava più di essere sempre in giro per il mondo a correre in bicicletta. Fra le cose che disse quel giorno, una non l’ho mai dimenticata. «Ringrazio i giornalisti che hanno seguito con tanto interesse tutta la mia carriera». Domani la Vuelta arriva in Navarra, a casa di Indurain. Ovviamente c’è una cronometro, e correremo tutti contro il tempo. All’indietro.
Grazie, mi avete fatto commuovere! È stato il campione che mi ha fatto innamorare di questo sport.
Il tempo
4 settembre 2017 16:04vandeboer
Il "Re del Tempo" per sempre sara Jacques Anquetil!
Signorina,si informi!
5 settembre 2017 14:31pickett
In quella crono,di pavè non ce n'era proprio,se lo è inventato lei,tanto per allungare il brodo del suo articolo.Indurain non si ritirò affatto perché volesse stare accanto al figlioletto,ma perché prese una tremenda(e misteriosa)paga al Tour,e non era neppure riuscito a concludere la Vuelta.Tre settimane prima del Tour ,al Delfinato,aveva staccato tutti sull'Izoard,sembrava il miglior Indurain di sempre.Tre settimane dopo,fin dal cronoprologo del Tour in Olanda,non era + lui.Misteri del ciclismo anni 90...P.S.Cosa caspita vuol dire"la cronometro + mostruosa di sempre"?Boh...
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