PANCHIC. «IL CICLISMO È COME NOI»

SOCIETA' | 27/07/2017 | 07:31
Avete presente le scarpe che Fabio Aru ha indossato sul palco del Tour de France quando ha vinto la tappa alla Planche des Belles Filles e ha vestito la maglia gialla? Si chiamano Panchic e da quest’anno sono ai piedi del Campione d’Italia e dei suoi compagni dell’Astana. Leonardo Dal Bello, titolare di questa giovane azienda veneta, ci racconta come è sbarcata nel ciclismo.
«Abbiamo scoperto questo mondo casualmente, grazie all’amico Moreno Nicoletti. Abbiamo colto l’occasione al volo di fornire al team Astana le scarpe da riposo, ci è subito parsa una buona idea e, a conti fatti, ci sta portando grande visibilità».

Oltre al modello blu che accompagna la classica divisa della formazione kazaka, per i corridori in celeste ne sono stati pensati un paio grigio per il Giro d’Italia, giallo per la Grande Boucle e rosso per l’imminente Vuelta. «Ci siamo appassionati alla bici, siamo contenti soprattutto del feedback che stiamo ricevendo dagli atleti, la soddisfazione più grande a livello personale e professionale, ci è data dal fatto che indossano le nostre scarpe per il comfort e la leggerezza che offrono più che per il contratto in essere. Questo ci confermata la bontà del nostro prodotto, che per la sua originalità è stato notato dal pubblico. Siamo soddisfatti del ritorno di immagine ottenuto finora».

Il cavaliere dei quattro mori è stato omaggiato con scarpe in pendant con la maglia tricolore. «Fabio ho avuto modo di vederlo solo due volte, in occasione della Strade Bianche e al Tour. Mi hanno colpito la sua grande umiltà e i valori genuini di cui è portatore, il suo basso profilo si abbina bene al nostro marchio che genera simpatia e amicizia. Più che testimonial, abbiamo persone che ci scelgono, come il giocatore del Barcellona Andres Iniesta, che è nostro cliente da un paio di anni. Noi non siamo da passerelle e lustrini, ma da lavoro in fabbrica. La nostra azienda viene portata avanti da persone a cui piace lottare per raggiungere traguardi importanti. Proprio come una squadra di ciclismo».

Giulia De Maio
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