HINAULT, FANINI E UN CICLISMO CHE NON VA

PROFESSIONISTI | 09/06/2017 | 15:29
«Il WorldTour può trasformarsi nella tomba del ciclismo e prima si uscirà da questa trappola infernale e meglio sarà per il pubblico, per i ciclisti, per le squadre e per gli organizzatori». Questo è quanto Bernard Hinault-dixit in una lunga intervista rilasciata a una rivista specializzata e che ha suscitato vasta eco sui media.

Il sessantatreenne ex-ciclista bretone, uno dei più grandi campioni che il ciclismo abbia mai avuto e da anni uomo-immagine del Tour de France, è assolutamente contrario alla formula attuale in cui è stato rinchiuso il ciclismo elitario, contraddistinto dall'etichetta World Tour.

A condividere in pieno le opinioni dell'amico Hinault è Ivano Fanini, il patron lucchese del Team Amore & Vita-Selle SMP-Fondriest di categoria Continental, che non manca di evidenziare alcuni dettagli significativi: «Nonostante che il calendario UCI ci obblighi a fare i giramondo per poter gareggiare, il nostro bravissimo atleta Pierpaolo Ficara è tra i ciclisti italiani plurivittoriosi nel 2017, mentre come squadra abbiamo totalizzato finora sei affermazioni, un bottino che sono ben poche formazioni professionistiche a poter esibire».

Ma oltre ai numeri nudi e crudi c'è stata anche la piena valorizzazione di Celano: «Danilo si è dimostrato uno scalatore di notevoli potenzialità, vincendo il Giro dell'Appennino e poi piazzandosi ottavo in maglia azzurra nel durissimo Tour of the Alps, al quale hanno preso parte molti dei protagonisti al successivo Giro d'Italia. Tuttò ciò vuole significare – come afferma Hinault – che ghettizzare le squadre più piccole arreca un danno a tutto il movimento ciclistico, poiché anche in team come il nostro possono formarsi ed emergere dei talenti interessanti. Ci sono squadroni del World Tour che a malapena riescono a vincere una o due gare e non mi si dica che, alla fine, uno sponsor importante si accontenti di soli piazzamenti. Il ciclismo va rifondato, tornando alle origini, oppure si disintegrerà per essere cresciuto troppo e male, dimenticando il suo passato».

Le parole del vulcanico patron lucchese si sposano con una realistica disamina dei fatti, se per fatti intendiamo le indigeste ma assai significative statistiche del ciclismo italiano riguardanti la prima metà della stagione agonistica 2017.  Un anno che  può essere definito finora e a giusta ragione, come un vero “annus Horribilis” del nostro ciclismo, poiché le cifre che seguono sono davvero impietose e per certi aspetti sbalorditive. Solo 5 sono state colte in Italia, al recente Giro è stato stabilito il record negativo di una sola tappa su 21 vinta da un italiano, Vincenzo Nibali. In passato le annate peggiori erano state il 1973 e il 1979, con “soltanto” 5 successi di tappa collezionati dai nostri ciclisti. Al Giro del centenario i partenti italiani sono stati 43 e sicuramente ci si attendeva qualcosa di più. Cosa dire poi della classifica finale, con 6 italiani nei primi 50? Un velo pietoso va steso sulle due cronotappe, in cui il migliore è stato il solito Nibali (6° e 13°), ma con nessun altro italiano nei primi 24 a Montefalco e nei primi 35 a Milano. Gli altri due uomini di classifica, Formolo e Pozzovivo hanno invece collezionato solo prestazioni negative, giungendo rispettivamente 27° e 39° a Montefalco e 59° e 85° (??) a Milano. Giro a parte, le vittorie straniere in gare italiane sono state 43 su 48, con gli “storici” cappotti collezionati alla Tirreno-Adriatico, alla Settimana di Coppi e Bartali e al Giro del Trentino/Alps per le corse a tappe e alla Strade Bianche e alla Milano-Sanremo per le Classiche in linea. Insomma, il ciclismo italiano forse non è moribondo ma certamente ha una febbre da cavallo e per raddrizzare la stagione proviamo almeno ad attendere Fabio Aru, Diego Ulissi e Sonny Colbrelli al Tour de France.  

Stefano Fiori
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COMMENTI
Non esageriamo.
9 giugno 2017 15:56 Bastiano
Signor Fanini, prima di ergersi a docenti, sarebbe bene verificare che tipo di ciclismo sta facendo, se i corridori prendono il giusto stipendio (minimo UCI), quando lo prendono,

9 giugno 2017 16:47 BARRUSCOTTO
A ME SEMBRA CHE IL CICLISMO SIA NEL EPOCA D'ORO GRANDI SPONSOR ,SI CORRE IN TUTTO IL MONDO, TANTE ORE IN TV, TANTA GENTE SULLE STRADE COME MAI, GRANDI ASCOLTI,POI QUALCUNO DICE CHE NON VA A ME SEMBRA IL CONTRARIO TRE ITALIANI NEI 10 AL GIRO E MANCAVA ARU AI TEMPI DI HINAULT REGNAVA LA NOIA

grande Fanini
9 giugno 2017 17:10 daniele01

Sono molto contento di questo articolo perché valorizza anche una squadra come Amore e Vita che con le vittorie che fa rispetto anche a gli squadroni se ne parla sempre poco.
Ivano Fanini sei un grande avanti a tutta

....
9 giugno 2017 17:13 antani
sinceramente credo anche io che le squadre più piccole vengano schiacciate dalle pro tour. Non saprei cosa sarebbe meglio fare, però un ridimensionamento dell'ambiente non sarebbe poi tanto sbagliato.

9 giugno 2017 19:31 roger
In Italia quando il ciclismo professionistico era senza distinzioni di categorie era tutto più bello ed interessante, eccezion fatta per il problema doping. C’erano sempre dalle 10 alle 20 squadre affiliate, mentre adesso, a parte il calo drastico del calendario italiano che fa la sua parte, se non ci fossero squadre straniere al via, non si arriverebbe nemmeno al numero minimo di partecipati. Ed alle Continental, se togliamo il GS Emilia che fa sempre un lavoro eccezionale invitandone il più possibile in un modo o nell’altro alle sue gare, per le altre organizzazioni, questi team sarebbero costretti definitivamente alla resa, visto che non vengono quasi mai presi in considerazione. Resistere nel ciclismo è già molto dura per le Continental che si devono pagare gli hotel, il mangiare, la benzina e anche l’aria che respirano, quando invece sono loro che il più delle volte permettono di avere un numero decente di atleti al via e garantire un po’ di spettacolo. Proseguendo in questo modo sarà sempre peggio, con il risultato che tanti atleti perderanno la possibilità di emergere, perché si sa, nelle world tour solo pochissimi hanno il privilegio ed il merito di arrivarci, specialmente dalle categorie under 23 ed elite. Quindi mi chiedo, dove vogliamo arrivare di questo passo? Capisco che il ciclismo sia diventato purtroppo solo una grande macchina da business al pari di altri sport e che l’era dei vari Saronni, Moser, Argentin, Bugno ecc. è definitivamente finita, però io un giro di vite lo darei e cercherei di cambiare qualcosa per tutelare anche chi non ha milioni da spendere e permettere a tutti di fare il loro mestiere.

per barruscotto
10 giugno 2017 00:42 bs1913
ma scusa su quale pianeta vivi? su marte forse, qui si parla nel post di
come a livello di risultati il ciclismo italiano stia messo male come quest'anno in particolare, e di come andrebbe rivisto tutto il sistema che penalizza di non poco le squadre che non possono permettersi certi budget, continental professional, che comunque danno la possibilità a tanti ragazzi di correre, altrimenti sarebbero a piedi, e che per mettersi al pari delle protour devono fare miracoli, poi tutta questa gente scusami la vedi solo te, forse all'estero ce nè tanta, qui in italia mi pare ci sia il vuoto...

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