Rapporti&Relazioni
il più lunare degli Armstrong

di Gian Paolo Ormezzano

Il Giro d’Italia e il Tour de France, le vicende di vario tipo che hanno le­gato e le­gano Lance Arm­strong alla cor­sa rosa e a quella gialla, qui non c’en­trano se non come pretesto per un pronti-via giornalistico. In questo nostro inter­vento vo­gliamo cercar di ca­pire, e se possibile anche far capire, come ci sia, nel rapporto fra il doping e il ciclismo di Armstrong, un clamoroso gap di conoscenza, di scienza. In parole sem­pli­ci, co­me è possibile che sia nato un caso Armstrong e che questo ca­so si sia sviluppato, dilatato per tre lustri, comprensivi dei sette Tour de France vinti consecutivamente dallo statunitense, con su di lui decine e magari centinaia di controlli, interventi di scienziati sommi, perfezionamento di sistemi, macchinari, criteri di controllo, sen­za un esito finale o meglio definitivo, e non ci importa qui se di assoluzione piena o criminalizzazione totale del corridore?

Hanno ingannato tutti noi? O si sono ingannati tutti quelli che hanno fatto prelievi, esaminato reperti, sperimentato le massime sofisticazioni mo­derne per svelare tutto della chimica collegata allo sport? Sono stati buttati via, e quindi rubati alla collettività del ciclismo, dello sport, quantità enormi di denaro?

E non solo: come è possibile credere all’antidoping, agli esiti del suo esercitarsi su tanti corridori, su tanti atleti di tutto lo sport, se non riesce a chiarire il caso di uno che non è un alieno, non è un extraterrestre, patisce eccome i co­mu­ni ma­li di tutti e inoltre ne assume di rari e tremendi suoi personali, personalissimi, si sottopone ai controlli, sfida sì ma perché è sfidato?

Noi qui diciamo che se alla fine di tutto il suo iter ci­clistico si scoprisse, ma con certezza, che Armstrong è dopatissimo, che sempre ha preso in giro tutti, ha ingannato tutti, ha truffato tutti, si dovrebbe de­ci­dere che l’antidoping è qual­cosa di profondamente va­go, e quindi di esplicitamente ingiusto verso tutti quelli contro i quali per anni ha sentenziato, emettendo giudizi, condanne, comminando pene, interrompendo carriere anche in maniera de­finitiva.

Trattasi davvero di una questione di fondo, che può (potrebbe, do­vrebbe) mandare in tilt tutto il ciclismo e non solo, rimetterlo tutto in discussione insieme anche al resto dello sport, e che può fare ap­parire come un mezzo se­colo dei più bui quello ultimo, impegnato nella lotta al doping e nel­la condanna dei dopati. Come credere ad una scienza che non riesce a dire una parola definitiva su un bipede conosciuto, esplorato, aperto ai controlli, persin docile se si pensa alle persecuzioni e ai sospetti che lo hanno aggredito, circondato?

Ma andiamo oltre: siccome (pronostico fa­cile) la risposta chiara sul caso Armstrong non arriverà mai, perlomeno non arriverà mai in maniera chiara, univoca, tranciante, ecco che tutto è comunque messo in discussione, tutto compreso Pantani, compresi i Pan­tani poco noti e molto colpiti, compresi tanti giornalisti trascinati a concionare sul nulla.

Se dopo anni e anni di imprese aviatorie ci di­cessero che non è possibile chiarire come gli aerei volano, e spiegare perché stanno in aria, e ci portassero a sospettare che ci sia qualcosa che non riusciamo a capire neanche usando la scien­za più avanzata, ci chiederemmo quale bacillo di paz­zia e di ignoranza ha contagiato tanto mondo e per tanto tempo. Invece di Arm­strong non si sa nulla, si pontifica sul doping senza avere risolto il problema immenso, assoluto che lui rappresenta, e va a finire che è più lunare questo Armstrong che di no­me fa Lance di quell’Arm­strong che di nome fa Neil e che è andato, primo uomo, sulla Luna. O anche quella della Luna è impresa di cui non si sa veramente nulla?
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