Strade Bianche, l'esagerato Mathieu

di Francesca Monzone

Vuole passare alla storia del ciclismo come il corridore più completo. Mathieu van der Poel, il ventiseienne olandese che ha stupito anche Eddy Merckx, vuole vincere su tutti i terreni: dalla strada al ciclocross, fino alla mountain bike e lo sta facendo come nessun altro ha saputo fare prima. Mathieu è nato sotto una buona stella e nel suo sangue scorre sangue importante. Il padre, Adrie, è stato uno specialista delle Classiche, con un palmares invidiabile, ma Ma­thieu è an­che nipote del grande Ray­mond Poulidor, corridore che ha scritto pagine importanti nella storia del ciclismo. Alto, bello ed elegante in corsa, dal padre Adrie Mathieu è definito il corridore perfetto, quello che sa vincere con la pioggia e il vento delle Fiandre, ma che sa anche dominare con il caldo. Capace di stupire sulla sabbia, così come sul fango, il talento olandese è il connubio perfetto di po­tenza e tecnica, il risultato di quel miracolo che raramente si ha la fortuna di vedere.
Già da piccolo prometteva bene e sapeva regalare spettacolo ed è proprio il papà a rievocare un evento particolare, in cui dimostrò subito di essere un at­taccante puro. Da juniores - si era al GP Gilbert, una corsa di 120 chilometri - il piccolo Van der Poel decise di attaccare dopo 30 chilometri dal via e quel giorno la sua fuga durò 90 chilometri. All’arrivo il padre chiese spiegazioni al figliolo, sul perché di quell’attacco che poteva rivelarsi pericoloso e fallimentare e il piccolo Mathieu rispose: «Volevo divertirmi un po’...».
Questo era il principio di tutto. La storia di un piccolo campione che sapeva già come gestire la corsa. Il 2020 per MVD, abbreviazione che ormai lo identifica ovunque, è stato un anno importante, con la vittoria al Giro delle Fiandre contro il suo storico rivale Wout van Aert, e la maglia di Cam­pio­ne del Mondo nel ciclocross. Il 2021 appena iniziato lo vede già come uno dei più vincenti, con un totale di 4 successi su strada, ottenuti in appena un mese di corse e ancora il titolo mondiale nel ciclocross, conquistato tra la sabbia e la salsedine di Ostenda a fine gen­naio.
Per lui questa stagione su strada si è aperta con la vittoria nella prima tappa all’UAE Tour, abbandonato immediatamente dopo a causa della positività al Covid di un membro della squadra, poi lo strepitoso successo a la Strade Bian­che. La campagna italiana per “l’olandese volante”, è stata più che felice: dopo aver vinto in Toscana, ha conquistato due tappe alla Tirreno-Adriatico e un quinto posto alla Milano-Sanremo. Alla corsa dei Due Mari aveva sfidato tutte le leggi del ciclismo, giocando a carte scoperte e dichiarando prima del via quali sarebbero state le tappe adatte alle sue caratteristiche. Mathieu è stato capace di essere regista e al contempo attore protagonista di una delle tappe più avvincenti della breve corsa a tappe italiana. Tanti attacchi nella quinta frazione, partita da Castellalto e con arrivo a Castelfidardo: il primo a 66 chilometri dal traguardo, poi a ancora a 59, l’ultimo quando al traguardo mancavano 51 chilometri. L’ultimo affondo fatto con un gel tra i denti per non perdere tempo e una gran voglia di arrivare al traguardo. Sfinito e a terra dopo la linea di arrivo, ma con la consapevolezza di aver fatto qualcosa di importante, aveva dichiarato: «Ho attaccato perché avevo un freddo terribile. Speravo di scaldarmi correndo a pieno regime. Non riesco a ricordare una corsa così difficile nella mia vita e negli ultimi chilometri ho visto l’inferno. Avevo talmente freddo che non riuscivo neanche a mettere la mantellina. Ma sono così felice di aver vinto».
Il freddo e la fame per Mathieu sono un incubo, lo stesso che aveva vissuto ai Mondiali di Harrogate nel 2019, quando nel gruppo dei migliori per lui arrivò la crisi e improvvisamente gli si spense la luce.
Lasciata la Tirreno-Adriatico, c’era la Liguria che lo attendeva e via Roma voleva incoronarlo re di San­remo, così come accadde al nonno Raymond Poulidor nel 1961. Una corsa, questa, molto sentita in casa Van der Poel, alla quale il padre Adrie ha partecipato 11 volte ed è stato tra i protagonisti di quella fuga incredibile nel 1991, quando sotto la pioggia Claudio Chiappucci decise di attaccare sul Turchino, prima di fare poi il vuoto.
Da casa sua Eddy Merckx, che nella sua carriera ha conquistato 7 Sanremo, aspettava l’impresa dell’olandese, che il Cannibale definisce molto simile a lui.
«Le corse erano diventate come delle sfide di Playstation - aveva detto il Can­­nibale il giovedì prima della Clas­si­cissima -. Erano diventate noiose ma grazie a corridori come Van der Poel sono tornate ad emozionare. Lui mi ri­corda il mio passato, ha un modo di correre molto istintivo e simile al mio, tralasciando il calcolo e la programmazione. Sa capire quando deve attaccare».
Ma c’è un ma, per il giovane campione con la maglia della Alpecin-Fenix, perché la Milano-Sanremo non è una corsa che lo entusiasma: troppo lunga e troppo prevedibile per potersi realmente sbizzarrire.
«Sarebbe bello vincere sessant’anni dopo mio nonno Raymond - aveva det­to MVD alla vigilia della corsa -. Sa­rebbe una bella storia da raccontare, anche se spero di non addormentarmi nei primi 150 chilometri di corsa. Non succede mai nulla alla Sanremo e per vedere qualcosa devi sempre aspettare di arrivare alla Cipressa e al Poggio» aveva detto.
La Classicissima l’olandese l’ha chiusa in quinta posizione, dietro a corridori straordinari. La vittoria è andata a Ja­sper Stuyven, seguito dall’australiano Caleb Ewan, dal grande rivale di Ma­thieu, Wout Van Aert, e da Peter Sa­gan.
«Non ho commesso errori ma in un fi­nale come questo devi fare delle scelte e io naturalmente ho fatto le mie».
Queste erano state le sue parole in via Roma, commentando il suo quinto posto. «Sul Poggio siamo andati troppo veloci e nel finale eravamo tutti al limite, forse ero un po’ troppo indietro. Comunque non posso sempre vincere io» aveva tagliato corto.
Mathieu è la forza epica di un ciclismo fatto di dominatori. Una sorta di derby tra Belgio e Olanda, anche se c’è sempre un galletto pronto a rompere le uova nel paniere, come il campione del mondo Julian Alaphilippe, o qualche altro coraggioso. L’olandese ha un do­no speciale nel suo modo di correre: azzarda. Non ha paura di sbagliare. Osa, senza attendere. Getta sempre il cuore oltre l’ostacolo. Pochi sguardi agli avversari e il suo viso difficilmente lascia trasparire cedimenti o difficoltà. Con lui è tornato il ciclismo d’attacco, nel quale le tattiche spesso vengono stravolte dalla sua incontrollabile esuberanza.
Personaggio particolare, Mathieu. Sem­pre all’attacco, ma anche capace di ritagliarsi momenti di assoluto relax. Non è un caso che per la sua prima E3 Saxo Bank Classic (la nuova denominazione dello storico Gp di Ha­relbeke, ndr) ha rinunciato a fare la ricognizione del percorso per stare con la sua fidanzata Roxanne: meglio un film da guardare sul divano, mangiando una buona pizza italiana.
In corsa sono tutti avversari, ma Van der Poel ne ha uno speciale: Wout van Aert. Si sfidano da quando erano nella categoria juniores: caratteri opposti e stile di corsa diverso. Con Van Aert, che adesso ha imparato a contenere le proprie emozioni e a riconoscere il valore di Van der Poel.
Oggi i due si rispettano e si sfidano: «Per me il favorito è Mathieu» aveva detto a Milano Van Aert alla vigilia della Sanremo, anche se poi così non è stato e sul podio c’era proprio il belga. Ma se tra i due c’erano state diverse sca­ramucce prima del Giro delle Fian­dre lo scorso autunno, ai Mondiali di ciclocross Van Aert aveva riconosciuto la superiorità dell’avversario. «Sono deluso del mio risultato, ma Mathieu ha meritato di vincere. È stato un vero campione, per metà corsa è stato sempre davanti a me e questo dice tanto».
Un anno importante questo, importantissimo per VDP che ha la possibilità del grande slam, o del “triplete”, fate un po’ voi. Un uomo non solo per tutte le stagioni, ma per tutte le superfici. Dopo la maglia iridata del cross, vuole vincere un’altra Classica Monumento (dopo il Fiandre, ndr) e salire sul gradino più alto del podio alle Olimpiadi di Tokyo. Non su strada, ma nella mountain bike. Ma il vero “triplete” è in realtà costituito dalla maglia iridata di cross, unita all’oro di Tokyo e alla maglia iridata su strada che vorrebbe conquistare sulle strade di Lovanio, in Belgio.
Impresa impossibile, al limite dell’umano? Forse. Ma se esiste un uomo capace di vincere ovunque e comuque, questo è proprio Mathieu van der Poel, che per la prima volta vedremo anche al Tour de France, a caccia di tappe e una condizione ideale in vista dei Giochi Olimpici. «Il mio obiettivo più importante sono le Olimpiadi. Quelle ci sono solo ogni quattro anni, mentre il Tour de France e tutte le altre corse si disputano ogni anno».
Chiaro e determinato come pochi il ragazzo della Alpecin-Fenix  che corre insieme al fratello David. «Non voglio sembrare arrogante, ma nel ciclocross quando mi sono posto degli obiettivi, li ho sempre raggiunti. Adesso non devo più vincere nulla o dimostrare niente a nessuno. Devo ancora conquistare molte corse, ma su strada, e spero di farlo divertendomi. Smetterò di correre solo quando non avrò più stimoli o quando verrà meno la voglia di vincere e soffrire. Per adesso mi piace un sacco. Sento di poterlo fare ancora per tanti anni». E intanto c’è un “triplete” da inseguire.

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