PROFESSIONISTI | 13/07/2016 | 12:04 Era il 15 maggio 2009, ottava tappa del Giro d'Italia, nella discesa del Culmine di San Pietro lo spagnolo Pedro Horrillo volava letteralmente fuori strada, precipitando per 60 metri in un burrone. Venne salvato dagli uomini dell'elisoccorso (e dallo staff medico del Giro coordinato dal professor Giovanni Tredici, ndr) e ricoverato all'ospedale di Bergamo con fratture multiple alle gambe, ferite al collo e un po' su tutto il corpo oltre ad una perforazione al polmone. I medici scelsero di tenerlo in coma farmacologico per qualche giorno, poi una volta stabilizzato lo trasportarono a Pamplona due settimane dopo la drammatica caduta.
«A Pamplona è iniziato un cammino fatto di operazioni, interventi e riabilitazione - ci racconta oggi quando lo incontiamo a Carcassonne - e in pratica ci ho messo due anni a guarire, anche se ovviamente non sono più quello di prima. Oggi vivo nei Paesi Baschi, ai piedi della Urkiola, con mia moglie Lorena e i nostri figli Aday, un bimbo etiope che abbiamo adottato, e Orhi, che porta il nome della cima che fa da spartiacque sui Pirenei. Per noi di qua e di là dell'Orhi si parla di Bassi Pirenei...».
Quarantadue anni, Horrillo è al Tour nella squadra Tissot: «Siamo un bel team e abbiamo un grande "capitano" come Maurizio Fondriest. Nella vita lavoro come giornalista per El Pais e per diverse testate specializzate, sono impegnato con Giant come testimonial e responsabile delle comunicazioni per la Spagna. Ma soprattutto faccio cose che mi piacciono: amo la natura e la tranquillità e l'incidente mi ha aiutato a dare ordine e importanza alle cose. Per questo preferisco stare con la mia famiglia, dalla quale mi allontano solo per cose che meritano questo sacrificio».
Come vedi il Tour? «Molto equilibrato, in questo momento Froome e Quintana sono a 50 e 50 quanto a possibilità di vittoria. Oggi dovranno affrontare una giornata molto particolare e delicata per via del vento, domani e dopo arriveranno poi due appuntamenti fondamentali per capire cosa ci potremo aspettare nell'ultima settimana».
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