B come Berlato. Nel senso di Giacomo, corridore della Nippo Fantini. E’ veneto, ha 24 anni e sta facendo un corso accelerato per laurearsi nelle fughe: non ci ha provato soltanto nella crono. Colpa del primo Giro, corso un anno fa: lo ha chiuso al 101esimo posto e da allora va sempre alla carica. E’ talmente irrequieto che i compagni pensano a lui anche quando il ds Giuliani, riferendosi a necessità personali e non alla squadra, dice «mi scappa». Con Berlato bisogna stare attenti a usare le parole: va all’attacco anche quando non tocca a lui, magari solo perché gli hanno detto di prendersi «un paio d’ore di evasione». E’ uno schietto, che non ti fa stare sulla corda: di solito, la taglia. Tatticamente, gioca allo scoperto: non gli piacciono le strade strette, preferisce prendere il largo. Fuori corsa, non passa per un tipo ordinato: gli altri mettono tutto in valigia, lui fa fagotto. Ormai la sua fama lo precede, anche negli alberghi, dove il personale accoglie sempre la squadra con grande preoccupazione: sanno che c’è in Giro uno specializzato nel levar le tende.
K come Kittel. Nel senso di Marcello, il bello dello sprint. E’ già tornato a casa: come succede ad altri colleghi, in primavera soffre di allergia. La sua si chiama Italia. Due anni fa abbandonò la corsa rosa dopo due vittorie di tappa in Irlanda: si scusò dicendo «non sapevo che il Giro continuasse in un altro Paese». A questo Giro, dopo i due successi in Olanda, qualche chilometro sulle nostre strade è riuscito a percorrerlo, poi ha salutato tutti raccontando che deve pensare al Mondiale: si corre ad ottobre, meglio muoversi per tempo. Il vero motivo è un altro: non regge le salite. Non solo quelle in corsa: soffre anche quando c’è da salire in camera. A casa c’è tornato in auto: gli dà fastidio pure salire sull’aereo. Fin dalla Calabria ha mostrato segni di insofferenza: è stato quando un cameriere, dopo avergli portato l’insalata, gli ha chiesto «Sale?». A nulla è valso il tentativo dei suoi tecnici di trattenerlo: la decisione di mollare l’ha presa quando si è sentito dire che, pur non vincendo, il suo indice di gradimento stava salendo. Hello Kittel, è stato bello: almeno per le miss e i cuori femminili, che si sono persi dietro il suo sguardo da Apollo e il suo ciuffo ben curato. Magari è piaciuto meno agli amanti della bici: abituati come sono agli uomini-jet, hanno dovuto digerire anche l’uomo-gel.
O come ordine. Nel senso di forze che devono garantirlo. Facilissimo distinguere vigili urbani e carabinieri nei punti chiave del percorso: sono quelli col cellulare all’orecchio.
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