GUARNIERI FACTOR

PROFESSIONISTI | 29/03/2016 | 08:02
Il treno perfetto? «Quel­lo in cui non c’è bisogna di parlare, di non dire né “destra” né “sinistra”, nel quale sai dove mettere la ruota semplicemente seguendo il tuo compagno. Non ci siamo ancora, ma ci stiamo avvicinando».
A elaborare questa definizione è Jaco­po Guar­nie­ri, ultimo vagone del treno di Alexander Kri­stoff, capotreno del freccia rossa della Katusha. Il 28enne milanese di nascita ma piacentino d’adozione, di volate se ne intende ed è ormai un punto di riferimento tra gli uomini deputati a lanciare gli sprint al norvegese che in questo avvio di stagione è riuscito ad andare a segno già 5 volte, facendo sue tre tappe del Tour of Qatar e due al Tour of Oman.

Come è iniziato questo 2016?

«Molto bene. I buoni risultati dell’anno scorso ci hanno dato morale per trascorrere un inverno come si deve, convinti dei nostri mezzi. Quando il tuo capitano è il ciclista più vittorioso della stagione vuol dire che sei stato bravo, posso essere soddisfatto del mio lavoro. Personalmente ho svolto una buona preparazione. Il lavoro paga, siamo par­titi forte».

Che clima si respira in Katusha?

«È un bell’ambiente. Nel gruppo con cui corro più spesso ci sono molti giovani e non c’è una nazione prevalente: avere a che fare con un mix di culture e punti di vista è davvero stimolante. Per quanto riguarda il calendario, Alex in linea di massima replicherà quello dell’anno scorso. Con lo spostamento ad agosto delle gare in Nor­vegia, c’è l’eventualità di in­serire il Giro d’Italia nel nostro programma, io ci spero ma di­pen­de da lui. Questa volta sono io a se­guirlo a ruota, la traiet­toria che prenderà la no­stra stagione sarà lui a sceglierla. Quel che è certo sono gli obiettivi a breve termine».
 
Kristoff che tipo è?

«Uno un po’ strambo (sorride, ndr). Proviene da un Paese, la Norvegia, che forse noi non riusciamo a capire fino in fondo. Bat­tute a parte, è un ragazzo tranquillo, ri­lassato, una persona normale. Nato a Oslo il 5 luglio 1987, abita a Stavanger con la moglie Maren e i figli Leo e Liam. Quando era un ra­gazzino, in seguito alla separazione dei genitori, rimase con la mamma Anna, ginecologa, in Norvegia mentre papà Setin, cardiologo, si trasferì in Belgio. Il nuovo compagno della madre gli ha fatto scoprire la bicicletta a nove anni: con le due ruote ha scoperto nel giro di poco che si divertiva più che sugli sci. Da ragazzo è apparso subito promettente, ha vinto gare locali e campionati nazionali. È arrivato al professionismo nel 2006, alla Katusha nel 2012, da due anni corriamo insieme».

In gara come si comporta?

«Generalmente lascia fare a noi, si fi­da, non parla. Decidiamo una tattica pri­ma della corsa: nella riunione ognuno dice la sua, lui compreso ovviamente, poi nelle fasi finali siamo io, Haller e Morkov a decidere come muoverci e quando. Ci lascia libertà d’azione perché crede in noi e sa che così facendo ci responsabilizza. Non ha pretese o abitudini rilevanti, nella nostra squadra bene o male nessuno è particolarmente esigente o si lamenta. A lui poi va sempre tut­to bene, gareggerebbe anche se gli dessero in mano un triciclo. La sua prima preoccupazione, finita la corsa è tornare in camera per giocare ai videogames. Pas­sa un sacco di tempo davanti allo schermo della tv, si diverte a giocare a calcio, a sparare o a cimentarsi nel gioco del momento. Io non sono ap­passionato né esperto, preferisco ve­dermi un bel film o ascoltarmi della buona musica, ma lui per i videogiochi va davvero matto».

Se il treno deraglia, si arrabbia?

«Beh, certo. Sia in corsa che fuori è un ragazzo molto alla mano, alla buona, divertente, ma come tutti i puledri di razza è super competitivo. Questa sua caratteristica riesce a trasmettercela, ci motiva e stimola a fare sempre meglio. Se in una corsa a cui puntiamo a far be­ne qualcosa non va come deve, ci rimugina sopra fino al giorno dopo, ripensa agli errori che abbiamo commesso e a cosa dobbiamo migliorare. È molto se­vero con se stesso e anche con noi, se non siamo all’altezza ce lo fa notare ma sen­za cattiveria. Non si incazza, ma ti fa capire dove sei mancato senza girarci intorno».

Dopo una vittoria è generoso?

«Mah... Diciamo che la tendenza dei capitani di fare regali ai propri gregari dopo un successo importante è molto italiana quindi non fa per lui, ma sta imparando ad essere un leader in tutto e per tutto. È un buono, ma certe ac­cor­tezze fino a un po’ di tempo fa gli mancavano. Anno dopo anno però sta migliorando, un po’ perché gli rompiamo le scatole noi e un po’ perchè il no­stro team manager gli ha fatto notare quanto dimostrare gratitudine verso chi si sacrifica per te sia importante. Non servono grandi gesti o spese folli, per il morale basta che ogni tanto faccia i complimenti alla squadra pubblicamente. Una volta a queste cose non ci pen­sa­va, ora è più attento anche a questo aspetto».

Fuori dalle corse che rapporto avete?

«Siamo amici, passiamo tanto tempo assieme tra ritiri e gare, come con tutti i nostri compagni ormai c’è del feeling. Al di là degli impegni sportivi non ci frequentiamo molto, semplicemente perché a casa con i nostri cari ci stiamo poco e lui, avendo anche due bimbi, giustamente nel tempo libero se li vuole godere. Abbiamo costituito un gruppo di coetanei molto unito, nonostante il guazzabuglio di nazionalità, insieme ci divertiamo parecchio. Addirittura ci so­no avversari che mi hanno fatto i complimenti per come andiamo d’accordo: se si vede perfino da fuori quanto siamo complici, significa che siamo proprio una squadra affiatata».

Ricordi la tua prima gara della vita?

«Benissimo. Eravamo a Lodivecchio, papà mi aveva promesso un paio di oc­chiali nel caso avessi vinto, ci riuscii ma arrivai molto arrabbiato perché non avevo ripreso la moto (ride, ndr). Ero G1 e non sapevo nulla di come funzionasse una corsa, quando mi spiegarono che non serviva superare la moto apripista per arrivare primo e ricevetti il mio premio, fui molto più felice».

La prima bici?

«La primissima era una bmx con le ruo­te blu che usavo per andare in giro con il nonno e per fare su e giù dalla rampa del garage del condominio in cui abitavo all’epoca con i miei genitori, mamma Magda e papà Vinicio, e i miei due fratelli, Alessio dell’83 e Francesco del ’94. La prima bici da corsa l’ho ricevuta quando abitavamo a Castelvetro, che è in provincia di Piacenza, perché si trova al di là del Po, ma che è più vicina - 5 chilometri - a Cremona: a giovanissimo fino ad allievo, correvo nella Cre­mo­ne­se. Fu un caso: un compagno di classe di mio padre di­ri­geva questa squadra giovanile, io avevo voglia di cominciare a praticare uno sport, entrai lì e dal ci­clismo non sono più uscito».

L’aspetto più bello di questo sport?

«Ci dà l’opportunità di vedere posti bel­lissimi. Far diventare una passione il proprio lavoro è un privilegio: mi permette di avere un’indipendenza economica divertendomi, guardando i miei coetanei mi sento fortunato».

Il peggiore?
«In generale è uno sport un po’ bistrattato, la gente comune non ci vede di buon occhio. Al di là di questo, i ritmi che abbiamo rendono complicato avere una vita sociale, le relazioni con parenti, morosa e amici sono messe alla prova. Non sempre è facile, ma il segreto è circondarsi delle persone giuste. Alla mia fidanzata Costanza (con cui convive a Castell’Arquato, ndr), per esempio, del ciclismo non frega molto ed è perfetto così almeno quando sto con lei stacco davvero dal mio lavoro».

Come trascorri il tempo libero?

«Senza musica non potrei vivere. Ho un sacco di cd. Non suono alcuno strumento, mi piace la batteria ma è impegnativa fisicamente e per imparare a suonarla ci vuole tempo per seguire dei corsi. Il mio migliore amico Francesco è un chitarrista e mi spinge ad approfondire questo interesse, magari quando sa­rò più libero... Mi piace molto anche leggere. La musica e i libri tra l’altro sono le due cose più semplici da portarsi in viaggio e, per un giramondo come me, sono l’ideale. Mi piacciono le moto e stare all’aria aperta, specialmente sui colli vicino a casa che offrono scenari davvero speciali».

Cosa chiedi al tuo 2016?

«Di continuare come è iniziato. Spero di confermarmi una valida spalla per Kristoff, di cadere meno e di far bene nelle classiche in cui la scorsa stagione non sono riuscito a dare il meglio di me. Finito il lavoro per Alex al Tour de France, il mio obiettivo personale è di conquistarmi un posto nella nazionale per il campionato del mondo in Qatar. Voglio indossare la maglia azzurra, farò del mio meglio per meritarmi la convocazione».

Giulia De Maio, da tuttoBICI di marzo

Copyright © TBW
COMMENTI
Jacopo il Biringhello
29 marzo 2016 20:01 pagnonce
Sei sempre stato forte ora come gregario sei il più forte ,il tuo modo di tirare la volata esemplare non fa una piega .Bravissimo

Hai dimenticato i tuoi dati, clicca qui.
Se non sei registrato clicca qui.
TBRADIO

00:00
00:00
Si scrive 4 Stagioni ma vuol dire all-conditios. Ecco a voi l’ultimo prodotto di altissima gamma di Challenge Tires, il nuovo pneumatico stradale 4 Stagioni, un tubeless ready realizzato a mano e progettato per portarvi ad un livello di guida superiore.  per...


Mentre si prepara all'ultimo giro di giostra - appuntamento da martedì 18 alla Sei Giorni di Gand, che disputerà in coppia con Jasper De Buyst - Elia Viviani è impegnato a disegnare in queste ore il proprio futuro. E sono...


Il Team Picnic PostNL ingaggia due giovani olandesi: Frits Biesterbos ha firmato un accordo biennale, Timo De Jong invece per il 2026. Frits Biesterbos. Nativo di Apeldoorn, Biesterbos è arrivato tardi nel ciclismo su strada, dopo essersi concentrato principalmente sulla...


Cantalupo, l’aquila di Filottrano, il pappagallo Frankie: sembra di parlare di uno zoo, invece Alessandra Giardini non ha fatto altro che parlare del mondo di Michele Scarponi, che si è trovato nella sua breve vita ad essere un autentico circense,...


Ricordate l’iconico telaio KG86? Fantastico, pura innovazione che è diventata icona! Sono passati ben quattro decenni e lo spirito in casa LOOK Cycle è sempre lo stesso, motivo per cui arriva una preziosa 795 Blade RS KG Edition, una speciale versione che ripropone...


Viene inaugurato oggi a Tucson, in Arizona, un nuovo velodromo, il primo con pista in alluminio. Pista lunga 250 metri, inclinazione delle curve di 42 gradi, tunnel di accesso, illuminazione Musco, servizi igienici, edifici accessori e tribune: l'impianto è stato...


Raggi laser verdi fendono l'oscurità, rivelando il vero flusso dell'aria. Red Bull – BORA – hansgrohe, insieme a Specialized e LaVision, stanno portando i test aerodinamici a un nuovo livello. Sembra fantascienza, ma è ricerca all'avanguardia: nel Catesby Aero Research...


La Colnago Steelnovo è un autentico capolavoro di manifattura italiana: un telaio in acciaio lavorato a mano, tubi modellati con precisione, saldature perfettamente integrate e componenti stampati in 3D — interamente Made in Italy. Questa moderna reinterpretazione dell’acciaio fonde oltre 70...


Ursus S.p.A. ha acquisito la quota di maggioranza di Saccon S.r.l., storica azienda italiana specializzata nella produzione di componenti per biciclette, riconosciuta per l’eccellenza nei sistemi frenanti. L’operazione include anche Sacconplast, la divisione interna dedicata allo stampaggio a iniezione di componenti...


Roger De Vlaeminck è considerato uno dei migliori ciclisti di sempre per quanto riguarda le corse di un giorno. Corridore potente e acuto, è stato capace di vincere sia su strada che nel ciclocross ed è stato il pioniere del...


TBRADIO

-

00:00
00:00





DIGITAL EDITION
Prima Pagina Edizioni s.r.l. - Via Inama 7 - 20133 Milano - P.I. 11980460155




Editoriale Rapporti & Relazioni Gatti & Misfatti I Dubbi Scripta Manent Fisco così per Sport L'Ora del Pasto Le Storie del Figio ZEROSBATTI Capitani Coraggiosi La Vuelta 2024