MINERVINO. WorldTour? Nome nuovo, problemi vecchi

DONNE | 28/01/2016 | 07:49
Sventola la bandiera della novità sul pennone più alto del ciclismo femminile, ma è una bandiera coperta dalle nubi, difficile da scorgere, indefinita e indefinibile. L’annuncio era arrivato poco più di un anno fa ed è stato ribadito lo scorso mese di dicembre, in occasione del seminario che si è svolto a Barcellona.
Dal 2016 si cambia, addio alla Coppa del Mondo, arriva il Women World Tour. Ma sono tante le domande che si nascondono dietro a questa novità e per capirne di più abbiamo chiesto aiuto a Mario Minervino, presidente della Cycling Sport Promotion, organizzatore che ha avuto il merito di portare in Italia la Coppa del Mondo con il Trofeo Binda e che per il movimento femminile ha fatto e fa davvero molto.

Presidente, la sua prima impressione?
«Un anno fa avevo espresso proprio a voi di tuttoBICI le mie perplessità, perché non ritenevo che il movimento fosse pronto al 100% per una riforma di questo tipo. Un anno più tardi, confermo il giudizio: nulla è stato fatto, nulla è cambiato. E al seminario di Barcellona, al quale hanno partecipato gli organizzatori del nuovo World Tour, c’erano due assenze importanti: i team manager e le atlete».

Ma in concreto cosa ci attende?
«Nel 2015 abbiamo vissuto l’ultima edizione della Coppa del Mondo, da quest’anno ci misureremo con il World Tour. Oltre alle prove su cui si articolava la Coppa, abbiamo avuto l’ingresso di alcune corse in linea come le Strade Bianche e la Gand-Wevelgem oltre alle prove di Parigi e Madrid in concomitanza con gli arrivi di Tour e Vuelta, e di quattro corse a tappe. Ma a livello di partecipazione non cambierà nulla rispetto al passato: gli organizzatori avranno l’obbligo di invitare le prime venti squadre del ranking mondiale senza che queste abbiano l’obbligo di partecipare, ma non sono previsti rimborsi né aumenti del montepremi, solo rincari di tasse».

Una considerazione prima di proseguire: abolire la Coppa del Mondo, un errore che il ciclismo maschile ha commesso più di 10 anni fa...
«La Coppa femminile era un bel prodotto, apprezzato a livello mondiale, aveva un calendario funzionale ed era abbordabile per quasi tutti i grandi team. Le assenze ad una prova erano davvero rare. Purtroppo temo che nel World Tour non sarà così perché corse come il Giro della California, la prova in linea di Philadelphia e il Tour Cho­ming Island - per fare degli esempi - hanno costi sicuramente importanti. Credo che al mondo ci siano al massimo sei o sette squadre attrezzate per sostenere un’atività così importante».

Sono cambiati gli obblighi per voi organizzatori?
«Sono cambiati gli oneri, visto che ogni corsa pagherà in tasse l’equivalente di una corsa Hors Categorie in campo maschile. Peccato che il montepremi sia rimasto però bloccato a 5.000 euro mentre per i maschi nelle corse HC ce ne sono in palio 18.000. Per il resto noi organizzatori dobbiamo continuare a lavorare “motu proprio” per assicurare la massima visibilità alle nostre corse. Ma ci sono difficoltà anche per noi: la Coppa del Mondo era un prodotto co­no­sciuto, apprezzato e che potevamo vendere in un certo modo, il World Tour è qualcosa di ancora indefinito, più difficile da far capire a chi non è avvezzo alle cose del ciclismo. Ma il vero problema di questa riforma è un altro: noi come organizzatori abbiamo ottemperato a tutte le richieste dell’Uci ma siamo rimasti sorpresi del fatto che per le ragazze, che sono poi le protagoniste principali, non sia cambiato nulla. Non c’è traccia di contratto minimo, di garanzie, di premi, di niente. Nome nuovo per un circuito che ospita corse nuove, ma tutto il resto è vecchio. Ec­co, l’impressione che ho avuto al termine del seminario di Barcellona è proprio questa: abbiamo partecipato ad una riunione “vecchia”».

Dal 2017 però ci saranno altre novità.
«Sì, le prime 15 squadre del ranking mondiale avranno l’obbligo di partecipare a tutte le prove, ma siamo sicuri che abbiano la forza di farlo? Inten­diamoci, non sono assolutamente contrario alle novità, qualcosa per il ciclismo femminile andava fatto assolutamente, ma personalmente non sono convinto che questa sia la strada giusta, perché le spese per i team sono mol­to alte. Se il World Tour avrà successo, sarò ben felice di ammettere il mio errore di valutazione».

Sappiamo che il vostro Trofeo Binda è sta­to incerto fino all’ultimo momento: come mai?
«L’Uci ha assegnato alla Gand-We­vel­gem quella che era la nostra data tradizionale e ci ha messo in difficoltà. Al punto che se gli organizzatori della Mi­lano-Sanremo non avessero deciso di riportare la gara al sabato, noi sa­remmo stati costretti a rinunciare, visto che utilizziamo in parte gli stessi servizi della Classicissima. Alla fine abbiamo sciolto le riserve alla vigilia della chiusura del calendario, sappiamo che do­vremo lavorare di notte per allestire alcune strutture, ma cercheremo co­munque di offrire il solito spettacolo in quel di Cittiglio. Lamento però il fatto di non aver ricevuto alcuna informazione da parte dell’Uci: eppure non siamo organizzatori di una corsa sconosciuta...».

Nessun problema con gli organizzatori di Gand?
«Ci mancherebbe. Ci siamo conosciuti a Barcellona, abbiamo avuto modo di scambiarci opinioni e consigli, ci hanno spiegato che loro hanno la forza di allestire sette gare di varie categorie nella stessa giornata che culmina con la pro­va di WorldTour maschile: davvero bravi».

A proposito di diverse categorie, continuerete il vostro impegno anche con la gara delle ragazze juniores?
«Certamente sì. La Cycling Sport Pro­motion è stata la prima società a credere in questa categoria proponendo una corsa internazionale che è stata subito ribattezzata la “Piccola Coppa del Mondo” e che ha saputo meritarsi grandi consensi. E consentitemi un ringraziamento speciale a Claudio Alde­ghe­ri che con la sua catena di negozi “Da Moreno” ha subito creduto nel progetto e ci è stato vicino. L’Uci ha chiesto a tutti gli organizzatori di impegnarsi verso la categoria juniores e tra pochi giorni dovremmo avere la notizia della nascita di una Coppa delle Nazioni, articolata su tre corse e sui campionati europei. A queste gare potranno partecipare le nazionali e anche i club della nazione ospitante, per favorire il confronto e lo sviluppo della categoria. Ecco, questa è la grande novità del movimento ciclistico femminile ed è sicuramente una bella no­vità».

Presidente, torniamo alla at­tività della vo­stra società: confermata in calendario an­che la Coppa dei Laghi?
«Sì, perché lo scorso anno l’appuntamento con l’unica prova italiana di Coppa delle Nazioni si è rivelato eccezionale per il territorio, perché abbiamo avuto una grande risposta da parte del pubblico e perché questa corsa ci ha permesso di incontrare nuovo interesse e nuovi interlocutori. Abbiamo dovuto affrontare problemi rilevanti, dovuti al fatto che la Provincia di Varese ci ha lasciato in braghe di tela, ma siamo risuciti a superarli ed ora la riproponiamo con grande entusiasmo. Partenza e arrivo saranno confermati a Taino e An­gera che hanno accolto con gioia la presenza di corridori provenienti da venti Paesi diversi, il percorso si è rivelato estremamente spettacolare, il viale d’arrivo era stracolmo di gente. Abbiamo deciso di spostare la corsa di una settimana, quest’anno correremo il 31 luglio, per uscire dal cono d’ombra del Tour de France e cercare ulteriore visibilità per un territorio davvero ricco di bellezze e attrattive. Qualche novità ce l’abbiamo in ser­bo anche per il Trofeo Binda, ci stiamo lavorando e presto sveleremo tutto: teniamo in serbo qualche sorpresa per le prossime settimane...».

Paolo Broggi, da tuttoBICI di gennaio
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