Reverberi e il senso della famiglia

| 15/09/2006 | 00:00
Non è vero che la lingua ufficiale del ciclismo è il francese: rende di più il dialetto reggiano. Nei suoi primi 25 anni passati tra i professionisti del pedale, Bruno Reverberi ha lasciato il segno persino sul linguaggio. Confermano Gimondi e Adorni, due grandi della bici abituati a frequentare le stanze dove si decide, spesso alla rovescia, il destino di questo sport: «Un giorno, durante una riunione a livello internazionale, Bruno si accalorò e cominciò a parlare in dialetto reggiano. Quando ebbe finito, disse: adesso spiegate in francese ciò che penso». Ciò che il ciclismo pensa di Reverberi lo hanno detto in tanti la sera scorsa a Bibbiano, celebrando l’opera di un uomo entrato da tempo fra le glorie sportive di questa terra. Con parole dolci lo ha fatto l’eterno ct Martini, dimostrando che finchè il ciclismo avrà uomini che lo raccontano con amore non ci saranno né doping né cattiva organizzazione che riusciranno a ucciderlo. Con parole riconoscenti lo hanno omaggiato i suoi corridori, di ieri e di oggi, dal Cassani che ha brillantemente cucito le doti del tecnico ad episodi che oggi suscitano il sorriso, fino al giovane Grillo, ultimo destinatario delle proverbiali sgridate che da sempre si rivelano per tutti preziose lezioni di vita. Bello che un paese intero, invadendo il teatro con facce di ogni età, si sia stretto intorno all’ammiraglio del Ghiardo: «A casa mia non mi vogliono bene così», ha rimarcato Giancarlo Ferretti, che dei colleghi di Reverberi è quello storicamente più vincente. Bello anche rivedere le maglie e le immagini di 25 anni riassunte nella mostra che per una settimana Bibbiano continuerà a sventolare con orgoglio. Bello sentire storie di ciclismo come la famosa tappa Terni-Vasto, Giro ’83, che lo zio Bruno, mandando i suoi all’attacco al pronti via, sconvolse in tutti i sensi, prendendo in contropiede persino la Rai. Ma a render più bello ciò che lo era già di suo, come tutte le serate che nascono con gli ingredienti e i toni giusti, è stata la capacità del festeggiato di rovesciare il senso della festa: mentre tutti elencavano le sue riconosciute qualità, lo zio Bruno ha fatto la lista di chi gli ha permesso di cominciare a fare il suo splendido mestiere, come tutti i saggi che, davanti al successo, non dimenticano le proprie radici. Nel premiare i congiunti di Adolfo Armonti, storico dirigente del ciclismo bibbianese scomparso un anno fa, ha pure ricordato a tutti quel senso della famiglia che ha colorato i 25 anni della sua avventura: di tutti i modi di esprimersi di Reverberi, il migliore. Angelo Costa
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