PETACCHI. «Il Giro per Uran e poi il Tour con Mark»

PROFESSIONISTI | 19/04/2014 | 07:32
Vincere a 40 anni suonati – li ha compiuti il 3 gennaio scorso – una classica belga come il GP Cerami a Wasmuel  riveste un significato ben preciso per un campione come lo è stato e lo è tuttora Alessandro Petacchi. Da re delle volate con un treno a sua completa disposizione, Ale-Jet si è umilmente trasformato in luogotenente di fiducia di Cannonball Mark Cavendish nella Omega-Pharma-Quick Step, però con licenza di vincere di quando in quando. Un ruolo che il velocista spezzino residente a Lido di Camaiore ha accettato con il consueto entusiasmo ma anche dopo qualche immancabile contrattempo, come ci racconta: «lo scorso anno accettai con gioia le proposte della Omega Pharma, che avrebbe voluto schierarmi al Tour de France per essere di supporto a Cavendish, ma l'UCI applicò in maniera rigida i regolamenti e io potei approdare al team belga solamente a partire dal primo agosto. Fu l'ennesima contrarietà a capo di due annate per me negative, al termine delle quali valutai seriamente la possibilità di dire basta con il ciclismo».

Cosa ti ha convinto a cambiare idea?
«L'ottimo rapporto che ormai mi lega a Mark (Cavendish NDR), anche oggi ci siamo allenati insieme, in compagnia di un altro amico inseparabile come Michele Bartoli».

Cosa hai provato quando hai tagliato il traguardo del GP Cerami?
«Ho rivissuto in un istante gli ultimi due anni pieni di difficoltà e mi sono detto che potevo ancora togliermi qualche bella soddisfazione. Pur non essendo una grande classica, mi sono lasciato alle spalle dei giovani quotati che hanno anche una quindicina di anni meno di me».

186 vittorie in carriera: quali sono state le perle più belle per te?
«La prima vittoria di tappa al Giro d'Italia nel 2003, con la conquista della maglia rosa e, ovviamente, la Milano-Sanremo nel 2005».

Hai dei rimpianti?
«No, assolutamente. Qualcuno afferma che avrei potuto vincere il mondiale di Zolder 2002 se non mi fossi sacrificato per Cipollini, ma io rispetto le parole date: avevo giurato a Ballerini che avrei lavorato per favorire la volata di Mario e così ho fatto. Non solo, nello sprint decisivo feci un lavoro doppio poiché Bettini era rimasto indietro e così presi anche il suo posto nel treno. Pensate, se mi fossi spostato in quel momento, vanificando il lavoro del treno azzurro, tutti avrebbero detto che non volevo far vincere Cipollini».

Il tuo giudizio su Cipollini?
«Fra noi c'è sempre stata stima reciproca e tanto rispetto. Vincere contro di lui, quando mi è capitato, ha dato più valore alle mie vittorie. Mario è stato un grande».

Come Petacchi...
«Io ho cominciato a vincere soltanto al quinto anno da professionista, prima ho dovuto imparare tante cose ma dopo mi sono tolto parecchie soddisfazioni e ora, a 40 anni, vorrei continuare a gareggiare ancora per un paio di stagioni».

Hai avuto dei maestri tra i diesse che ti hanno guidato?
«Giancarlo Ferretti è tuttora un punto di riferimento per me. Ferron è un grande tecnico e un grande uomo al quale devo molto».

Come valuti la situazione attuale del ciclismo italiano?
«La crisi è evidente, ad ogni livello. I soldi scarseggiano, gli sponsor latitano e il nostro vivaio sembra essersi inaridito. E' un ciclo negativo dopo anni di trionfi, ma dobbiamo essere ottimisti. Abbiamo Nibali che è tra i primi al mondo nelle gare a tappe e dei giovani interessanti come Ulissi e Moser. Non bisogna però chiedere loro troppo e subito, lasciamoli crescere prima di giudicarli».

Ti piace il World Tour attuale?
«E' un sistema che garantisce buoni guadagni e visibilità a un numero limitato di squadre e di atleti. Tuttavia riscontro con tristezza la penalizzazione che subiscono gli sportivi e gli organizzatori di gare di categorie minori, costretti a rinunciare a vedere da vicino i campioni più reputati. Così non va, si rischia di perdere la vera tradizione del ciclismo, preferendo andare a cercare nuovi mecenati in Paesi del mondo che a malapena sanno cosa sia lo sport del pedale».

Quali sono i tuoi programmi?
«Sarò al Giro di Turchia insieme a Cavendish, quindi al Giro d'Italia dove dovrò lavorare in pianura per il nostro leader Uran. Successivamente sarò al Giro di Svizzera e al Tour de France, il nostro appuntamento-clou stagionale».

Chi è il miglior velocista attuale?
«Sono due, Kittel e Cavendish, seguiti da Greipel, Ciolek e Degenkolb».

E Petacchi potrà piazzare una zampata vincente al Giro?
«Ripeto, dovrò lavorare per Uran e in eventuali arrivi in volata sarò solo. Troppo pericoloso per un vecchietto come me. Comunque il 10 maggio mio figlio Alessandro Michele compirà 6 anni e mi piacerebbe fare a lui e a mia moglie Anna Chiara un bel regalo».

Hai pensato a cosa farai dopo avere appeso la bici al chiodo?
«Mi piacerebbe restare nel ciclismo, magari lavorare con il mio amico Michele Bartoli, che è anche il padrino di mio figlio e occuparci di allevare dei giovani ciclisti: io potrei insegnare loro come si fanno le volate e Michele come si vincono le grandi Classiche...».

di Stefano Fiori da Il Tirreno
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COMMENTI
Complimenti
19 aprile 2014 10:59 gass53
PER LA VITTORIA, MA SE "" LAMENTINO "" FOSSE STATO UN Pò MENO LAMENTINO E AVESSE AVUTO UN Pò DI SORRISO IN PIù, MOLTO PROBABILMENTE AVREBBE AVUTO IL DOPPIO DEI TIFOSI..............NELLA VITA NON SI PUò LAMENTARSI E BRONTOLARE SEMPRE, MA SOPRATUTTO IL SORRISO,UN CAMPIONE, DOVREBBE AVERLO STAMPATO SUL VOLTO!!!

secondo me
19 aprile 2014 11:21 effepi
Sono completamente d'accordo con gass53 , mi ha tolto le parole di bocca

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