Lelli, tre capi d'accusa e il ritorno a casa

| 05/08/2004 | 00:00
''Non mi sento un ex corridore, e non avevo nessuna intenzione di chiudere in questo modo. Ora torno a casa e rifletto un po'. Vorrei poter chiudere con la Vuelta a settembre, cosi' come era previsto. Io non mi arrendo. Pero', se devo dire la verita', il colpo e' stato brutto''. Parla con il cuore in gola Massimiliano Lelli, che scherza solo con il proprio avvocato, di cognome Napoleone: ''Con un avvocato, cosi' in Francia, non potevo non spuntarla io - ritorna a parlare il corridore della Cofidis - Ma stavo comunque meglio prima di questa esperienza. Il fatto che sia partito per la Francia dimostra che mi rendevo conto che il rischio di una brutta avventura lo potevo correre, ma un conto e' vivere queste esperienze a casa propria, un conto all'estero con dei metodi molto, ma molto diversi dai nostri. Mi ha fatto molto piacere comunque la solidarieta' dimostratami da qualche collega''. L'avvocato Napoleone ha anche chiarito che: ''Lelli, pur essendo stato iscritto nell'elenco degli indagati per l'affaire Cofidis, non ha voluto rilasciare nessuna dichiarazione alle autorita' giudiziarie francesi. In futuro, quando l'inchiesta verra' ripresa dal giudice titolare dell'inchiesta, potra' tornare in Francia, se lo riterra' opportuno, per essere eventualmente interrogato sul merito dei fatti a lui contestati''. Tre i capi di imputazione per Lelli: acquisizione, detenzione e trasporto di prodotti dopanti, facilitazione e incitazione all'uso di sostanze dopanti, complicita' nell'importazione di sostanze venefiche. Secondo fonti francesi invece, Lelli si sarebbe lungamente trattenuto con il giudice, per cinque ore, e si sarebbe mostrato collaborativo, ma le fonti transalpine non spiegano se a Lelli siano state fatte domande sulla questione Millar, o piuttosto su tutto l'affaire Cofidis, formazione finita nel fango dello scandalo doping all'inizio della stagione. Il fatto però che Lelli abbia voluto accanto a sè anche l'avvocato Champagne, che assiste Gaumont, primo corridore della Cofidis a confessare, lascia pensare che il grossetano abbia abbandonato la linea del silenzio per scegliere quella della collaborazione con le autorità giudiziarie francesi.
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