| 03/05/2011 | 16:20 Il dibattito sugli integratori è vivo più che mai e ospitiamo l'intervento di Alberto Mario Bargossi, medico chirurgo bolognese, specialista in Igiene Med. Preventiva/Med dello Sport/Igiene Med. di Laboratorio. Si tratta di una analisi scientifica molto particolareggiata che vi proponiamo in tre puntate e che vi invitiamo a leggere con attenzione perché estremamente dettagliata ed esplicativa.
Il tema dell’uso e abuso di farmaci nello sport è di quelli destinati a far scorrere ancora fiumi di inchiostro. Cito dalle parole del sottosegretario Crimi riportate in Finanza&Mercati dello Sport a firma di Martina Saporiti
“…La piaga del doping non affligge solo lo sport professionistico. Integratori alimentari, mix di proteine sempre più simili ad aminoacidi, pillole, stimolanti e anabolizzanti sembrano essere il pane quotidiano degli sportivi amatoriali….” E ancora : «…Dobbiamo approfondire gli aspetti meno monitorati come ad esempio il corretto uso di integratori alimentari che, se abusati, possono portare a gravi interferenze con i neurotrasmettitori. Purtroppo il doping fai-da-te a livello amatoriale è più rischioso di quello dei professionisti: almeno quello è seguito dai medici…». Balzano all’occhio la sostanziale e consueta non conoscenza della materia che produce una confusione da cui origina una cattiva valutazione del problema. Uso e abuso di farmaci nello sport è però anche un territorio assai mal delimitato dove si confondono conoscenze scientifiche accertate con “prove di evidenza” e ipotesi fondate solo sull’ideologia di chi le formula e nel migliore dei casi aneddotiche. Innanzitutto credo che lo sviluppo di un ragionamento corretto dovrebbe articolarsi su alcuni punti. Uso di farmaci nello sportivo vs. abuso di farmaci nello sportivo Uso & mal uso di supplementi che non sono farmaci ma integratori o supplementi alimentari. In relazione al punto 1 una osservazione minimale: è indubbio che lo sportivo professionista o del tempo libero sia soggetto a malattie cosiccome il non praticante di un’attività sportiva. È anzi un’osservazione comune dei medici dello sport che il praticante attività sportive a livello agonistico elevato sia frequentemente soggetto a sviluppare forme patologiche. Ciò non meraviglia sappiamo infatti che la pratica esasperata e a livello agonistico elevato di una disciplina sportiva può anche essere alla radice di situazioni tra la fisiopatologia o la patologia. È anche osservazione comune che spesso gli sportivi del tempo libero eccedano nei programmi di allenamento vuoi per intensità che per volume. In caso di malattia intercorrente lo sportivo andrà dunque curato facendo ricorso a tutte quelle risorse farmacologiche che la scienza medica rende disponibili caso per caso. Senza trascurare che probabilmente è lecito, e risponde ad un intervento secondo scienza e coscienza, mettere in atto anche alcuni presidi a livello preventivo e protettivo. Sarà forse il caso di notare che, come insegna l’indagine epidemiologica, allenamenti eccessivi per volume o per intensità o per volume e intensità cui non si accompagna la scelta di una dieta adeguata e il giusto tempo di recupero e riposo, spesso siano seguiti da malattie di cui forse le più evidenti sono la mononucleosi, il citomegalovirus o la ricorrente comparsa di Herpes. Esse sono notevolmente più frequenti negli agonisti di elevato livello impegnati in sedute stressanti e ripetute di allenamento e in competizioni. Ma spesso ne sono soggetti anche gli sportivi amatoriali che finiscono per stressarsi quando devono inserire allenamenti duri e ripetuti in una routine professionale e familiare già pesante. Ma non dell’uso dei farmaci dopanti si pone qui la questione. Piuttosto resta aperto e insoluto, a mio avviso, il problema del ricorso a farmaci leciti e consentiti, ma forse in taluni casi inutilmente abusati in situazioni di patologia nulla o minima, ma con la credenza di ottenerne un vantaggio agonistico. E il ragionamento allora si farebbe lungo e di complesso svolgimento e andrà affrontato in un dibattito meditata sine studio ac ira. Anche perché si deve riconoscere la probabile utilità del ricorso ad alcune terapie lecite, consentite e d’altronde espressamente normate, quando esse abbiano una finalità preventiva e protettiva della salute dell’atleta. Il culmine della confusione si raggiunge però quando si confondono farmaci e integratori. “Dobbiamo approfondire gli aspetti meno monitorati – specifica il sottosegretario Crimi - come ad esempio il corretto uso di integratori alimentari che, se abusati, possono portare a gravi interferenze con i neurotrasmettitori” da Finanza&Mercati dello Sport a firma di Martina Saporiti
Esprimerò qui una riflessione e un parere. Il settore degli alimenti e delle bevande è disciplinato da una normativa che nel tempo è divenuta vastissima e si è sviluppata con riguardo a: l’igiene pubblica; l’agricoltura, l’industria ed il commercio; l’interesse finanziario dello Stato. Le più importanti sostanze alimentari, sono poi disciplinate singolarmente . A ciò si aggiunge l’ influenza vieppiù crescente del diritto comunitario. Ma la consultazione (lettura) delle numerose espressioni di norme di legge e circolari che regolano e disciplinano le integrazioni alimentari è un’esperienza psichedelica: 4 passi nel delirio con punte di inconsapevole (?) comicità !!! cfr ….Infatti, in quest'ultimo caso (immissione in commercio di nuovi integratori nda) , i mezzi consueti messi a disposizione dei servizi di controllo possono in determinate circostanze non consentire di accertare se il prodotto alimentare in questione possieda effettivamente le proprietà nutrizionali specifiche attribuitegli. È pertanto necessario prevedere che, all'occorrenza, il responsabile della commercializzazione di questo prodotto alimentare debba assistere il servizio di controllo nell'espletamento delle sue attività…. La sottolineatura e il grassetto sono miei a evidenziare come appaia e sia incongruo che sia il responsabile della commercializzazione di un prodotto alimentare a suggerire all’autorità di controllo quali controlli eseguire e come. Tutta la materia di regolamentazione degli integratori è gradatamente stata fatta propria dal del Ministero della Salute con la legge istitutiva del Servizio Sanitario Nazionale, (n. 833 del 1978) . Ciò deriva dal reputare preminente l’interesse per gli aspetti di tutela della salute dell’individuo.
Consideriamo specificamente le definizioni e le categorie di integratori alimentari e integratori fitoterapici. Secondo la direttiva 2002/45/CE del Parlamento e del Consiglio Europeo, in data 10 giugno 2002 , per integratori si intendono “i prodotti alimentari destinati ad integrare la dieta normale e che costituiscono una fonte concentrata di sostanze nutritive o di altre sostanze aventi un effetto nutritivo o fisiologico, sia monocomposti che pluricomposti… in forme di commercializzazione quali capsule, … pillole ecc … destinati ad essere assunti in piccoli quantitativi unitari”. Per integratore alimentare si intende dunque un prodotto che, in particolari condizioni, può essere aggiunto all’alimentazione abituale per soddisfare il fabbisogno di nutrienti raccomandato nelle linee guida LARN. Con denominazione di «Alimenti adattati ad un intenso sforzo muscolare soprattutto per gli sportivi» gli integratori alimentari per lo sport rientrano tra i prodotti alimentari destinati ad una alimentazione particolare. L’allora Ministero della Sanità, ora Ministero della Salute, ha emanato (circolare 7 giugno 1999, n. 8) specifiche linee-guida relative agli integratori. In particolare gli «integratori alimentari per lo sport» sono collocabili nelle seguenti categorie: Prodotti finalizzati ad una integrazione energetica Prodotti con sali minerali destinati a reintegrare le perdite idro-saline causate dalla sudorazione conseguente all'attività muscolare svolta. Prodotti finalizzati all'integrazione di proteine. Prodotti finalizzati all'integrazione di aminoacidi e derivati. Prodotti contenenti derivati di aminoacidi: Creatina Altri prodotti con valenza nutrizionale, adattati ad un intenso sforzo muscolare. Combinazione dei suddetti prodotti. che possono essere usati da soli oppure in combinazione tra di loro. Questi prodotti utilizzati solo per via orale, si possono presentare sotto forme diverse. Per ogni categoria di integratori il ministero identifica e norma le caratteristiche da rispettare ed il contenuto in nutrienti. Nessun accenno viene fatto a nutraceutici e fitoterapici (anche come fitocomplessi) nell’attività sportiva. Nel nostro paese inoltre non esiste un sistema di monitoraggio specifico ufficiale degli eventi avversi legati al consumo di integratori alimentari ed in particolare per quelli contenenti fitoterapici nonostante eventi avversi provocati da sostanze contenute in fitoterapici commercializzati come integratori alimentari (per es. la cardiotossicità di citrus aurantium) siano più volte stati denunciati agli organi competenti. Va segnalato che la legge del 3 febbraio 2003, n.4, ha accolto la direttiva europea consentendo la commercializzazione dei prodotti dietetici per lo sport sulla base della semplice «notifica preventiva di etichetta » al Ministero della Salute. Al proposito si noterà che l’assunzione di responsabilità sul prodotto e su quanto riportato nell’etichetta ricade così sull’azienda produttrice. In tal modo si modifica radicalmente quanto in precedenza stabilito dal Decreto Legge del 27 gennaio 1992, n. 111 che, viceversa, regolava la vendita dei prodotti dietetici per lo sport, come per altri prodotti da banco, secondo la prassi dell’«autorizzazione-registrazione ministeriale». Tale autorizzazione prevedeva che fosse il Ministero della Salute a effettuare l’analisi del prodotto e la verifica della corrispondenza tra etichetta e contenuto (con assunzione di responsabilità sul prodotto e su quanto riportato nell’etichetta a carico del Ministero).
Nel merito sembra interessante anche la definizione di integratore e complemento alimentare “food complement” proposta una decina d’anni fa dalla Federazione Europea delle Associazioni dei Produttori di Prodotti Salutistici: «Preparazioni come tavolette, capsule, polveri e liquidi composte da o contenenti nutrienti, micronutrienti e/o altre sostanze commestibili assunti in dose unitarie, destinate ad integrare la normale alimentazione». La legislazione statunitense offre un altro esempio a proposito dello sviluppo delle elaborazioni teoriche per la definizione degli integratori alimentari (nell’originale “dietary supplements”); l’integratore alimentare è «un prodotto destinato ad integrare l’alimentazione, contenente o composto da a) vitamine, b) minerali, c) erbe o altri prodotti vegetali, d) aminoacidi, e) sostanze alimentari per uso umano atte ad aumentarne il consumo totale, oppure f) un concentrato, un prodotto metabolico, un costituente,un estratto o una combinazione degli ingredienti sopra descritti (lettere a, b, c, d, e,) . . . ».
Complessivamente dalla disamina dei diversi testi ricaviamo il concetto che l’integratore alimentare sia diretto a qualsiasi soggetto adulto in buona salute fisica. un alimento pensato allo scopo precipuo di fornire un adeguato complemento alla normale alimentazione, laddove quest’ultima non sia in grado di fornire tali sostanze in sufficiente quantità, Il concetto di «sufficiente quantità» è una variabile molto ampia, che dipende da due fattori: a) il fabbisogno individuale che è variabile nel tempo b) la determinazione della quantità da considerare sufficiente. Su quest’ultimo punto esistono orientamenti in conflitto: da una parte vi sono coloro che ritengono sufficiente la quantità di una sostanza che assicura, nella maggior parte della popolazione, l’assenza di sintomi di carenza, cioè l’assenza delle più tipiche malattie da carenza vitaminica. È la posizione che dopo un intervento osservazionale, porta alla formulazione di linee guida igienico-dietetiche a carattere epidemiologico Dall’altra parte c’è chi propone un concetto di quantità sufficiente definita individualmente come quantità ottimale per ogni individuo; l’integrazione alimentare in quest’ottica contribuisce ad un fisico sano e resistente dando alla persona uno stato di salute ottimale e benessere. È la posizione che nel contesto clinico dovrebbe guidare il consiglio del medico, unico sanitario autorizzato a visitare e prescrivere un’eventuale terapia sia essa farmacologica o dietetica. Nelle due posizioni mi pare che si riproponga in certo modo un errore metodologico: quello cioè di scambiare la patologia per la clinica e intervenire sulla malattia e non sul paziente. Orbene: è questo individuo, proprio questo sportivo, qui ed ora, che può aver beneficio dall’integrazione mentre altri esponenti della popolazione di appartenenza non ne hanno bisogno: così avviene ad esempio se vogliamo considerare una popolazione (studio di coorte) composta da atleti impegnati in gesti atletici aerobici o aerobico-anaerobici. Ad esempio maratoneti e fondisti e atleti dello sci nordico impegnati in gare di un giorno, piuttosto che ciclisti impegnati in una dura corsa a tappe, pur considerati all’interno di discipline che fan ricorso per la produzione di energia alle medesime vie metaboliche , potranno trarre beneficio o avere la necessità di una integrazione e supplementazione diversificata che sia mirata, individuale e variabile in funzione della periodizzazione dell’attività...
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