Un anno fa, ci lasciava Franco Ballerini

| 07/02/2011 | 08:03
Un anno fa, la tragedia. In un incidente di rally perdeva la vita Franco Ballerini e l'Italia dello sport, non solo quella del ciclismo, si scopriva più povera. Era domenica, una mattina d'inverno nella quale la tragedia ha traovolto ognuno di noi. Per ricordare Franco e per rendergli omaggio, vi riproponiamo un documento eccezionale. Un articolo che Alfredo Martini ha scritto di suo pugno, con la sua calligrafia ordinata e rigorosa, per tuttoBICI.

di Alfredo Martini


Uno stridere infinito di freni insieme ad un terribile rimbombare di uno schianto si­nistro e tutto sembra finire in un profondo silenzio. Solo silenzio.
La gente, assiepata nei dintorni, accorre, poi scappa, ritorna, riscappa abbracciandosi dalla paura. Ritorna quando ululando arrivano le ambulanze con i medici che si precipitano per soccorrere quei due uomini chiusi in quella Clio Sport accartocciata. Le ambulanze ri­partono a sirene spiegate per raggiungere “Il Ceppo”, l’ospedale di Pistoia. I po­chi rimasti cercano di rincuorarsi pen­sando che con i rimedi di oggi i due uomini verranno salvati. Le notizie si accavallano: i feriti sono gravi ma si salveranno... Poi arriva la tremenda notizia; uno dei due è morto, dicono che sia Franco. Nessuno vuole crederci, il rifiuto spontaneo respinge la spettrale notizia.
Ti precipiti al pronto soccorso e nello sguardo delle persone che ti han­no preceduto leggi la morte. Ci dicono che lo si può vedere... Ma chi ne ha la forza? Come è possibile trovarlo e vederlo di­steso immobile su una barella? No, non ci sentiamo di guardarlo, non vogliamo vedere il suo bel viso con lo sguardo spento. No, non ci sentiamo di vederlo. Nel cervello offuscato dallo strazio passano mille immagini: vedi la sua bella faccia annerita dalla polvere di carbone, mentre come un bolide esce dalla buia, tremenda e stregata foresta di Arenberg con tutta la sua forza addosso andarsene da solo a cercare pietra dopo pietra, quell’infinito velodromo di Roubaix.
Op­pure, con la ma­glia dell’Italia, sporgersi dall’ammiraglia, per suggerire il da farsi ai suoi az­zurri. No, non può essere ve­ro... Chi l’ha detto per pri­mo che Fran­co non c’è più, chi è stato?
Vorresti sbugiardarlo, ma la terribile realtà gli dà ragione. E poi lo vedi rimbalzare sulle in­fernali pietre che gli furono amiche e dal­le quali - purtroppo - sarà pro­tetto per sempre.
Ciao tesoro di uomo, non possiamo affacciarci al tuo nuovo mondo di pace per dirti tutto il nostro amore e la nostra ri­conoscenza per quella tua grande bontà con la quale illuminasti la vita. E tanta bon­tà è stata dimostrata da tutta quella gente che è venuta a salutarti e ringraziarti alla partenza di quell’infinto viaggio da te intrapreso. Ma perchè la bontà del mondo si evidenzia soltanto quando succedono fatti irreparabili?... Anche questo appartiene al mistero, come quel cerchio di cielo che tu caro, carissimo Franco raggiungerai in punta di piedi come usavi fare nella vita terrena.

I nostri rapporti
Quando Franco accettò l’incarico di ct lo fece con un misurato entusiasmo, mettendosi però subito al lavoro visto come il Mondiale di Lisbona fosse alle porte. Aveva smesso di gareggiare proprio con la sua Roubaix il 15 aprile 2001. Durante il mese di agosto, mi chiese se andavo con lui a Lisbona per visionare i tracciati dei Mondiali. Sic­co­me eravamo al mare vicini di casa, partimmo dalla Versilia il mattino presto per andare a prendere l’aereo a Roma. Ho accennato a questo perchè fin da quel momento in cui lo vidi impegnarsi con la determinazione che fanno di uo­mini che vogliono essere fedeli al ruolo accettato.
Così incominciammo a vederci spesso: “Alfredone - usava dirmi - nel pomeriggio vengo a prendere un caffè da te...”. Ed in casa era festa. Mi raccontava dei programmi che avrebbe svolto: domani vado in una scuola media a parlare di ciclismo, sabato ad una cerimonia per la presentazione di alcune squadre di giovanissimi, esordienti ed allievi e così via... Un giorno mi dis­se che era stato in­vitato da una grande azienda; desiderano sapere come si fa a creare un gruppetto compatto come quello che rappresenta la Na­zionale, con atleti che lottano per l’intera stagione agonistica, l’uno contro l’altro. E mille altre cose. Natu­ral­mente non ci lasciavamo prima di aver passato in rassegna le cose che succedevano nel no­stro mondo. Franco era sempre al corrente di tutto, tanto che ascoltarlo era così piacevole che non l’avre­sti mai lasciato andare... Mi parlava del circuito del Mondiale ap­pena visionato, descrivendomi anche le cur­ve. Via via che ci si avvicinava all’appuntamento iridato mi faceva delle confidenze che un ct può fa­re solo a una persona che stima; ciò arricchiva il mio spirito, tanto che Franco era di­ventato la mia forza. Quando il no­stro “ammiraglio” doveva prendere delle decisioni, agiva sempre dopo approfondite riflessioni dopodiché scattava la sua grande fermezza.
Franco fu amato dal gruppo per le sue capacità, ma anche per non aver mai ri­corso a nessun compromesso. Dire che gli volevano bene anche quei corridori che non convocava in Nazionale è dir poco. Ora chi piange Franco non piange soltanto la perdita di un grandissimo tecnico, ma in particolare quella di un uomo vero.

Alfredo Martini, da tuttoBICI marzo 2010
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COMMENTI
Rimarrà sempre il suo ricordo
7 febbraio 2011 18:49 lorianoclubbasso

Chi ama il CICLISMO non può dimenticare Franco Ballerini,un pensiero per lui e per la sua famiglia.

loriano Gragnoli Dir. di organizz.F.C.I.

Franco..... sempre nei nostri cuori
7 febbraio 2011 20:39 Bartoli64
E lì, per sempre, rimmarrai.
Ora riposa in pace, lassù, nel Paradiso dei Campioni.


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